Pizzo d’Andolla / Portjengrat (3654m)
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tapio: Lo spunto iniziale per l’ascensione al Pizzo d’Andolla nasce alla tavola imbandita del circolo di Anzino, dopo la traversata da Quarna dello scorso 15 giugno. Il buon Marco, in tono scherzoso, pronuncia la frase “Solo chi ha fatto l’Andolla può venire a fare scialpinismo con noi…”. Come sempre certe frasi devono decantare un po’, ma prima o poi producono i loro effetti… E così nel corso delle ultime gite con
ciolly se ne parla ancora brevemente, ma le mie domande ottengono risposte del tipo “In giornata è una ‘giacca’…” oppure “Dallo Zwischbergenpass è ancora più dura…”, “Ci sono altre mete entusiasmanti…” e via di questo passo… Finché poi, inaspettato, arriva il messaggio del
ciolly: “Sabato andiamo a fare l’Andolla?” Risposta scontata, le Alpi Ticinesi possono attendere (tanto restano lì dove sono…)
Sveglia alle 02.20 e rientro a casa alle 00.00: questo dovrebbe dare qualche indicazione circa l’impegno e la lunghezza dell’itinerario (anche se poi è compresa anche una pizza serale antronesca sulla via del ritorno, oltre a due fermate al Rifugio Andolla).
Orbene, partiamo da Cheggio alla luce delle frontali e con camminata regolare raggiungiamo il predetto Rif. Andolla. Pausa caffè e poi ripartenza sul sentiero segnalato che procede in direzione W fino all’ometto rosso che rafforza una scritta di vernice indicante la via per il Pizzo.
Saliamo in direzione NW prima su di un bel pendio erboso, poi su sfasciumi. Qui in una conca sassosa individuiamo il canale di salita, posizionato sul fianco Est del crestone SE del Pizzo d’Andolla (quello a W del Passo della Pezza).
Parecchi metri sopra di noi, una femmina di stambecco fa improvvisamente cadere delle pietre: io, che sono più in basso, faccio in tempo a buttarmi verso il nevaio alla mia destra, protetto da una torre rocciosa. ciolly, più in alto, viene invece colpito di striscio alla testa. Poteva andare molto peggio, è una fortuna che tutto si risolva con il minimo dei danni. Verificata l’integrità fisica e la conseguente possibilità di proseguire, saliamo il canale e poi ci portiamo su terreno più aperto, piegando verso sinistra. Superiamo alcuni valloncelli, e su ganne sempre più ripide arriviamo sulla cresta E del Pizzo d’Andolla, non lontani dalla cima 3178. Qui le pietre e la roccia lasciano spazio al ghiacciaio della Zwischbergental.
Procediamo agevolmente sul ghiacciaio senza ramponi (che rimangono nello zaino), e altrettanto agevolmente arriviamo all’omone di quota 3255 m.
La cresta diventa ripida. Poco più in alto incontriamo Carlo (l’uomo barbuto), insieme ad una piccola delegazione di Quarna, già sulla via del ritorno.
Prima che comincino i passaggi di III° ci incordiamo per sicurezza, ma questa sarà l’unica misura protettiva adottata. Il prosieguo non è AF, ma poco ci manca. Tutta la cresta verrà arrampicata e disarrampicata senza ausilio di doppie o altri mezzi artificiali. I plurimi cordini incontrati ci rallegrano nella misura in cui ci danno conferme sulla via corretta da seguire, ma poi rimangono dove sono, intatti.
Procediamo sulla cresta Est; in presenza di un grande gendarme (visibile anche da Cheggio) passiamo a sinistra e più in alto attraversiamo la parete grazie ad una cengia obliqua. Ci portiamo così sulla cresta S che scavalchiamo passando sul versante svizzero e dopo ulteriori passaggi delicati, la maggior parte dei quali concentrati appena sotto la vetta, giungiamo infine sulla cima del Pizzo d’Andolla.
Durante l’arrampicata della zona sommitale ripongo la fotocamera nello zaino: troppo ingombrante per quei delicati passaggi. Per questo motivo i dettagli della pala finale rimangono principalmente nella nostra memoria (anche se, grazie a ciolly, non del tutto…) (ma comunque poco rispetto a ciò che abbiamo incontrato).
L’Andolla è raggiunto: il panorama di vetta, come si può intuire - almeno questo è documentato - non lascia alcun spazio all’immaginazione. Tutte le Alpi Lepontine, dalle quali ho spesso ammirato questa montagna, sono visibili; oltre a tutto il resto, naturalmente.
La salita è durata 8 ore e mezza: il momento della contemplazione deve per forza essere limitato (ma mai come in questo caso è la qualità a soppiantare la quantità…).
Come detto anche in discesa ci avvaliamo della corda solo per fare sicurezza nei punti più scabrosi. Niente doppie: come siamo saliti, così scendiamo.
Ogni tanto delle piccole varianti ci alleggeriscono di qualche difficoltà, ma quei 300 metri di pala finale rimangono complessi, sia per le difficoltà oggettive sia per la ricerca della via da seguire. Fortunatamente le nuvole che erano salite momentaneamente dal Pizzo di Loranco (Mittelrück) durante la nostra permanenza in vetta, spariscono permettendoci di scendere senza aggravio di difficoltà.
La pausa per rifocillarci la facciamo davanti al ghiacciaio, più o meno attorno alla quota 3370: le difficoltà più evidenti sono alle spalle, anche se poi il tratto fino al “grande gendarme” non è poi così semplice come si potrebbe supporre.
Brindiamo dunque con la birra di vetta (la vetta l’ha pur vista, ed è pure ridiscesa insieme a noi…), e poi giù sul morbido e da lì ritorno in Italia valicando i dirupati versanti S della cresta Est. Ripercorriamo tutta la via di salita incluso il facile “canalino di adduzione ai piani alti” e poi su belle praterie giungiamo, quasi senza sentiero, al Rifugio Andolla, dove le nostre gole riarse si fanno cullare da una spumeggiante Menabrea.
Quattro chiacchiere con la capannara fresca di insediamento, e poi giù verso il Lago dei Cavalli (sulle sue rive ci sono davvero gli equini…!) e successivamente all’auto.
L’immagine che mi resterà negli occhi è quella del Pizzo d’Andolla incoronato da una nuvola rosa, pochi minuti prima dell’obnubilamento definitivo della luce solare.
Un vigoroso grazie a ciolly per aver saputo proporre, realizzare e portare a casa senza grossi intoppi questa grande giornata di montagna che resterà impressa a lettere d’oro (non per niente nei pressi c’è la Cima Dora…) nella mia memoria.
Tutte le volte che osserverò la skyline W da una qualsiasi montagna del gruppo che abitualmente frequento (le Lepontine), a metà strada tra il Dom e la Weissmies sarà sempre lì “il castello di roccia dalle sensazioni forti”: l’Andolla.
tapio già in precedenza aveva citato la mitica Andolla come una mistica creatura misteriosa, avvolta dalle nebbie, desiderata da molti… ma soggiogata da pochi!
ciolly l’aveva avvertito: “Guarda che farla in giornata è una gran tirata”, “parti la notte e torni la notte”, “il percorso è un casino”, “ se sale la nebbia è un disastro”….
Sembrava che l’avvertimento avesse indotto anche Fabio a riporre nel cassetto dei sogni il progetto Andolla, sennonché, inaspettatamente, vengo informato da alcuni compaesani del loro intento di salire l’Andolla in 2 giorni..
Io sono impegnato il primo giorno, ma per il secondo partendo un po’ presto forse ce la posso (possiamo) anche fare!
Cheggio ore 5,15: Con la frontale accesa iniziamo a seguire il sentiero per il Rifugio Andolla, che raggiungiamo in circa 1 ora e mezza…
Sembra che la giornata si proponga bene, il vento è cessato, per cui possiamo tranquillamente fare una tappa in Rifugio per deporre qualche articolo superfluo e gustarci anche un caffè… l’ultimo, prima che fonda la macchina!
Ci rimettiamo in cammino, seguendo il sentiero per il Bivacco Varese, e a quota 2200 troviamo l’ometto e la grande scritta rossa Pizzo Andolla.
[u tapio] “se è tutto segnalato così bene ed evidente non dovrebbe essere difficile trovare la traccia”
… Poco dopo… “abbiamo sbagliato valle”, “dovevamo oltrepassare anche quella cresta”, “su quelle bancate non si passa”
I segnali spariscono fino all’imbocco del canale a quota 2700, dove sono presenti alcune frecce gialle scolorite e la scritta“Il Pizzo”.
Non sono ancora arrivato all’imbocco del canale quando avverto una scarica di pietre;
tapio grida: “Attento arrivano sassi”
Guardo in alto e vedo un bel masso (pallone) accompagnato da altri minori (bocce) che stanno per piombarmi addosso… mi sposto velocemente da parte ma la deflagrazione del sasso su alcuni enormi macigni presenti, fa schizzare frammenti in ogni direzione… compresi sulla mia testa!
Un colpo di striscio… la natura si rivolta e gli animali (stambecchi) passano da prede a cacciatori… ma per nostra fortuna non sempre riescono a centrare il bersaglio…!
Ci rimettiamo in marcia… con caschetto ben allacciato… e senza altri indesiderati intoppi superiamo il canale erboso (e gli stambecchi) e ci portiamo al gendarme a quota 3090, dove inizia la traversata verso il colletto della cresta E, tra le quote 3255 (grosso ometto) e 3177.
Non è nulla di difficoltoso, ci sono molti passaggi di I e qualcuno di II, ma la mancanza di segnali e ometti (pochissimi) e la franosità del settore rendono questa parte la più pericolosa di tutta l’escursione.
Raggiungiamo il gruppo composto da Carlo “Barbuto”, Pietro e Pierluigi all’attacco della piramide Andolla;
Loro sono già di ritorno e non se la sono sentiti di salire, visto anche la presenza di neve (o grandine?) su gran parte della parete sommitale.
Noi abbiamo anche i ramponi e la picca… nel caso ce ne sia bisogno!
Ci leghiamo e con non più di una decina di metri di corda libera, riusciamo a raggiungere il Pizzo Andolla…
Forse la croce è dietro il roccione che avevamo sopra la testa, ma questo cambia poco, la parte alpinistica descritta in modo incomprensibile dalla guida Cai Andolla-Sempione (Armelloni… sempre lui) l’abbiamo passata… tutta in “conserva” … e quasi lo stesso faremo al ritorno.
Bravo Fabio… anche lui Alpinista-Scalatore … e Andolla come esordio!!!
Il rifugista ha detto che siamo stati i terzi a salire, quest’anno, dalla “Normale Italiana”…
Prima due guide con clienti in occasione del 150° del Cai, poi una spedizione prova del Soccorso Alpino… anche loro sempre con le Guide… e ora ciolly e
tapio… e la chiamano la “Via Normale”
Cheggio ore 8,45: dopo aver recuperato l’oggettistica e bevuto due birrozze Menabrea (la macchina del caffè si è fusa) siamo nuovamente tornati al campo macchina… e anche questa è andata!
Tempi:
Cheggio – Pizzo d’Andolla: 8 ore e 30’
Pizzo d’Andolla – Cheggio: 5 ore e 30’
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