Val Bavona calling: Cogliata - Monti di Cavergno - Bosco Sacro
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Il Bosco Sacro
- Walter (indicando il Bannberg) Babbo, è vero che là su quel monte gli alberi sanguinano se si colpiscono con l’accetta?
- Tell Chi lo dice, figliolo?
- Walter Lo racconta mastro Hirt. Dice che gli alberi sono sacri, e a chi li danneggia, quando è morto gli cresce la mano fuori della fossa.
- Tell Gli alberi sono sacri, è la verità. Vedi lassù quelle vette bianche che si perdono nel cielo?
- Walter Sono i ghiacciai che di notte tuonano così forte e ci mandano giù le valanghe.
- Tell Proprio così; e le valanghe avrebbero schiacciato da un pezzo tutto il distretto di Altdorf se la foresta lassù non facesse resistenza come una milizia del popolo.
Comincio dalla fine, con una citazione del Guglielmo Tell di Friedrich Schiller (mutuata da Giuseppe Brenna, che a sua volta l’ha ripresa da Chiara Brenna in “Ticino e Mesolcina”) a proposito del Bosco Sacro, quello che la CNS indica come “Faula”. Continua Chiara Brenna: “Fàula, o anche Fàura, è il cosiddetto “bosco sacro” proprio perché protegge i villaggi. Di questi boschi sacri ce ne sono numerosissimi da noi e sulle Alpi tutte”.
Mi viene in mente, per citarne un altro, quello che protegge Sonogno dalle ripide pendenze della montagna che vi incombe. In sé stesso il bosco sacro non ha nulla di diverso da altri boschi: è la sua funzione che lo rende spettacolare, magico, in una parola “sacro”. Poi in questo caso ho avuto anche la possibilità di vedere come l’intervento dell’uomo abbia rafforzato la sua funzione mediante reti metalliche protettive, proprio all’interno del bosco sacro. In un caso la rete ha raggiunto egregiamente il suo scopo, fermando un masso di notevoli dimensioni. Per evitare danni maggiori in futuro, si è proceduto – me presente - alla lavorazione (disintegrazione) del masso mediante martello pneumatico collegato ad un generatore di notevoli dimensioni, arrivato fin lassù, immagino, con la teleferica dell’OFIMA (ma poi la collocazione nel punto esatto non deve essere stata semplice…). Comunque, citato l’episodio, andiamo con ordine…
Parto da Bignasco (443 m) e, attraverso la strada bassa (dei campi) di Cavergno (459 m) e poi quella alta cha passa davanti alla galleria dell’OFIMA (che si inoltra dentro le viscere del Pizzo Paràula), raggiungo il ponte sulla Bavona (il sentiero nel bosco sul lato opposto del fiume lo conosco già, ed è abbastanza cupo a quell’ora del mattino). Siamo in località Mulini (533 m), ma provenendo da Cavergno, il cartello non appare ancora. Sulla destra della strada si notano dei gradini dietro ad un magazzino. Il sentiero per la Cogliata comincia lì. Salgo un po’ nel bosco e poi, davanti ad una bella parete, comincia il tratto che supera ingegnosamente il muro di roccia verticale.
“L’eccezionale sentiero, protetto con cavi che fanno da corrimano per i meno esperti, attraversa stupendamente la Corona Nera, anche grazie a molteplici tacche scavate nella viva e dura roccia” (Brenna). Un’ulteriore, approfondita descrizione di questo sentiero (T4) è quella fatta da gmonty nella sua relazione, oltre ai vari interventi di
Seeger sul tema.
Un motivo in più per visitare una simile opera, oltre a quello di evitare la neve (quando sarà arrivata in forze, allora sarà il caso di riesumare le pelli, ma per ora aspetterei che si crei il fondo, ho già avuto un assaggio nella passata stagione di cosa vuol dire sciare nella neve fresca a basse quote senza fondo…) sta anche nel confronto tra il T4 del Brenna (le guide dal CAS presentano ancora la vecchia classificazione EE – EI – F etc etc, mentre l’opera “Alpi di Val Bavona” introduce la nuova scala) e la valutazione che avrei dato io. Oltre naturalmente alla bellezza selvaggia dei luoghi. Bene, mi sento rinfrancato dallo stesso giudizio che avrei espresso qualora non avessi consultato il Brenna: ottimo!
In breve, senza difficoltà (anche se le rocce sono umide a causa della meteo dei giorni scorsi) arrivo alla Cogliata (1051 m), “un posto straordinario”. Salgo verso sinistra ed arrivo ad un balcone naturale sulla Bavona, con vista fino alla cascata di Foroglio e con un salto sottostante di parecchie centinaia di metri. Da qui il sentiero prosegue nel bosco e, dove gmonty aveva trovato la EE dipinta in blu, guardando una decina di metri prima, c’è un altro segno blu (forse nuovo) che indica con maggiore certezza la via corretta. L’unico punto in cui ho dei dubbi è nei pressi del primo rudere successivo, visto che un ometto “falso” indica di salire sopra il rudere, mentre poi appuro che la via corretta passa sotto e sale lievemente verso destra in direzione del secondo rudere. Da lì, senza alcun problema sbuco al più alto dei Monti di Cavergno, il Monte di Dentro (1311 m). Il luogo idilliaco si presta per una pausa, che non mi faccio mancare, all’ombra – lontana, ma presente – del Basodino. Da questo “riposante e vasto mondo prativo” raggiungo poi “l’altro piccolo paradiso”, il Monte di Fuori (1156 m), adagiato su di uno stupendo pendio erboso. Da lì proseguo in discesa ed arrivato alla stazione a monte della teleferica dell’OFIMA, o poco più in basso, scelgo la variante diretta per Cavergno, evitando la deviazione per Brontallo, la qual cosa mi consente di visitare il summenzionato Bosco Sacro, con tutto quello che ne segue. La scelta di questa gita è senz’altro dovuta all’arrivo della neve a basse quote (la sera precedente, Monte Lema 1621 m, e Sassariente 1768, erano imbiancati), ma dopo averla fatta ne sono più che soddisfatto e sinceramente credo che abbia ben poco da invidiare ad altre, ben più “titolate” gite.

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