Piz Tarantschun, 2769
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Con Pancho, ero stato al Tarantschun parecchi anni fa. Ne conservavamo un ricordo vago ma piacevole, in virtù di una di una spettacolare giornata di sole, allietata anche dall’avvistamento di un nutrito branco di camosci.
Ci siamo tornati, un millennio dopo, portando anche Schiep, ma senza ritrovare la magica atmosfera di allora, complice un meteo biancogrigio con rari sprazzi di sole.
E’ tardi, (come al solito) e fa caldo: parto in maglietta, presto imitato dai soci, su una neve da fine marzo che appesantisce un po’ il passo.
Del percorso, ricordiamo assai poco e presto concordiamo sul fatto che, persa l’atmosfera solare, la gita ci appare piuttosto noiosa: una lunga scivolata verso l’alto senza altre impennate che la breve rampa finale. Il Beverin, lì di fianco, ci rimprovera per la nostra pigrizia.
Fino all’Alp Tumpriv, godiamo, di tanto in tanto di qualche, lontano squarcio di azzurro; poi si passa al grigio che ci accompagna fino alle foto di vetta.
Il tratto migliore della discesa, subito sotto la cima, è funestato da una neve inqualificabile; più sotto si scia senza particolari problemi, ma le pendenze sono quelle che sono e, con la neve molle, in qualche punto, tocca pure spingere un po’.
Ma, dai, va bene così. 1280 metri di dislivello fanno pur sempre una Calanda!
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