Cresta S del Piz Valdraus, cima 2904 - Skitour
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Per oggi mi ero riproposto, una volta tanto, di puntare all’estremo nord del territorio provinciale e di calcare le nevi della Formazza, culla italiana, pare, dello scialpinismo. Ma il solito pressapochismo delle fonti informative italiane (ben 3 organi d’informazione locali ribattono la stessa notizia senza nemmeno il beneficio del dubbio circa un fantomatico divieto di pratica dello scialpinismo nella citata Valle Formazza; eccoli: vco azzurra tv, ossolanews, rvl, mentre il quarto, neveazzurra, quanto meno parla unicamente di “attività sconsigliata”) mi fanno cambiare idea. Ora, senza entrare nel merito dell’avventura toccata ai due scialpinisti (fortunatamente a lieto fine), mi preme qui evidenziare come non esista nessun divieto di “fuoripista” in alta Val Formazza (del resto non esistono impianti e piste da discesa oltre la cascata del Toce). La rinuncia alla gita doveva semmai risiedere nel buonsenso dei due scialpinisti, anche se normalmente, con grado 2 (pericolo moderato) le gite si fanno. In ogni caso le valanghe non leggono il bollettino prima di staccarsi!
Comunque, morale di questo lungo cappello: per evitare possibili “sanzioni” e altri guai, abbandono l’idea della Formazza e parto alla volta della Val di Blenio e precisamente della Val Camadra.
La meta odierna è il Pizzo Coròi (2785 m). Alla partenza, al parcheggio (1290 m) tra Cozzera e Magana, in fondo al paese di Ghirone, faccio ben presto conoscenza con tre valenti skialper (e non solo, in verità dei veri alpinisti!) della Brianza (zona di Merate) diretti al Piz Valdraus. Due di loro si involano, abituati ad un passo che non mi è consueto, mentre il terzo, Massimo, percorre con me tutta la Val Camadra, il Pian Geirètt e la salita fino alla Capanna Scaletta, ivi compreso il tratto qualificato AD- (salito con i rampanti sia da me che da lui). Da lì proseguiamo ancora insieme in amabili chiacchiere “di montagna”, sempre rampanti ai piedi, superando la gola della Greina e arrivando in prossimità dell’Arco. Lì scatta la proposta, già ventilata precedentemente, di unirmi al loro gruppo per la salita al Valdraus. Accetto volentieri, anche se è una cima che ho visitato non molto tempo fa (ma con la neve cambia tutto!). La via prescelta si sostanzia nella salita diretta sul ripido pendio che fronteggia l’Arco della Greina, per guadagnare gli altipiani a sud della vetta. A poco a poco il distacco tra me e Massimo sale, io soffro sempre di più dello zoccolo laido che si palesa sotto lo sci in zona scarponi. Mi fermo una prima volta per eliminarlo. Ma questo si riforma. Allora do la colpa ai rampanti, che trattengono la neve in quella zona. Seconda sosta: tolgo i rampanti (qui non sono indispensabili), tolgo lo zoccolo a fatica e lascio gli sci ad asciugare al sole per 10 minuti. La cura si rivela vincente solo per una breve durata: la neve riscaldata dal sole battente ricomincia ben presto a compattarsi sotto le pelli ormai umide. È già da 500 metri di dislivello (subito dopo la Capanna Scaletta) che lotto con lo zoccolo. Sulla cresta S del Piz Valdraus intravedo una cima secondaria, la cima 2904. Sono passate cinque ore e mezza dalla partenza e la cima principale, pur non presentando più difficoltà importanti (salvo i 38° sugli ultimi 60 m che conducono alla cresta sommitale), non è ancora vicinissima. Inoltre rischierei di raggiungerla quando i miei compagni di viaggio potrebbero aver già intrapreso la discesa. Senza patemi mi fermo sulla cima 2904 (dotata di ometto e di cartello) e mi godo il panorama. La meta prefissata, il Coròi (ed eventualmente anche il Pizzo Marumo), sono davanti a me, ad una quota inferiore a quella raggiunta. Sono molto soddisfatto e non appena vedo i due skialper iniziare la discesa, mi preparo velocemente per raggiungerli. Si fermano ad una certa distanza da me e così parto per unirmi a loro. Dopo aver disceso un primo pendio noto però che uno dei due è in realtà una ragazza. Capisco che si tratta di altre persone (chissà da dove si sono materializzati!!!) e così rimango lì a mezza montagna senza sapere bene cosa fare, se seguirli comunque o se aspettare gli altri. Alla fine non faccio né l’una né l’altra cosa. Li lascio andare e visto che dalla cima non arriva nessuno, scendo da solo, più o meno per la stessa via di salita. I pendii sono stupendi e, nella parte precedente l’Arco, molto ripidi. Ma nessun problema. Dopo la gola della Greina mi butto un po’ troppo verso la Capanna Scaletta e, neanche a dirlo, mi tocca risalire “a scaletta” un buon 20 metri: i canali sottostanti, sia quello a SW che i due a WNW, sono oltre le mie possibilità, direi anzi che sono da sci “estremo”. Vado quindi a raggiungere l’attacco del pendio a NW, che è comunque valutato AD-. Scendo con belle curve ed arrivato al Pian Geirètt noto che i miei tre compagni di escursione, Ivano, Enrico e Massimo stanno affrontando il pendio sul costone superiore del Piano della Greina. Li aspetto e con loro concludo l’escursione con una lunga discesa fino a Ghirone, su neve a tratti passabile, parzialmente su firn, occasionalmente su cemento e talvolta su ghiaccio. Per celebrare un’escursione davvero stupenda ci fermiamo in quel di Olivone per un brindisi a suon di Calanda!
Commento finale: grande giornata di sci, per me indubitabilmente un bel passo avanti sulla bianca e pellata via!!!
Tempo totale: 7 ore e 30’
andata 5 ore e 30’ – ritorno 2 ore (errori e soste comprese)

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