Pizzo Uccello - Cima sud, 2717
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Ero stato al pizzo Uccello un paio di volte nel secolo scorso e non me lo ricordavo particolarmente affascinante dal punto di vista dello sci. Certo è caratteristico, tutti lo conosciamo, visto dall'autostrada arrivando a San Bernardino, ma poi salirlo... non so perché avevo reminiscenze abbastanza poco entusiaste.
Però il pendio che porta alla cresta che unisce cima Sud sciistica e cima Nord antipatica, me lo ricordavo abbastanza ripido e avevo il sospetto che, nell'ultima esperienza, ormai lontana, fosse stata la qualità della neve a decretare la bocciatura inconscia.
Così, quando sabato mattina, alla sosta caffè, Pancho mi dice,"perché non ci fermiamo qui e facciamo il Pizzo Uccello?" decido che è giusto concedere al volatile una nuova occasione.
A far premio, come sempre, è la pigrizia: dovevamo andare a Hinterrhein per il Lorenzhorn, ma chi c'ha voglia di sciropparsi anche il tunnel per poi scoprire che di là c'è pure più vento, a parte i trecentoepassametriinpiù.
D'altra parte, che noi si sia scialpinisti di quelli "cattivi" appare evidente dal fatto che alle 10 e 30 stiamo (già!) partendo dal parcheggio dell'acqua minerale.... (c'è pure la fonte aperta al pubblico. Non bevete!!)
Risolto brillantemente il problema tecnico più impegnativo della giornata, (come superare la riva che dal parcheggio di sotto porta a quello di sopra), risaliamo brevemente una pista di gatto delle nevi e, al cospetto dell'imponente Pizzo Lumbreda, ci immettiamo nel vallone che punta verso nord in direzione della nostra meta e del "gemello" Pizzo Cavriola
Ammettiamolo, è un po' noioso, ma, stando molto alti sulla destra, ci complichiamo un po' la vita con un lungo traverso abbastanza gelato che fa sembrare il tutto un po' più impegnativo; Pancho, poi, con i Seven Summit nuovi ma le pelli vecchie, consunte e troppo strette, si diverte un casino.
Ma, a parte il contenzioso con la macchina fotografica, che ha problemi all'interruttore d'accensione, andiamo via spediti e, superata la Cascina Vignone, dove la salita si fa più ripida e remunerativa raggiungiamo un gruppone misto di scialpinisti e ciabatte. Scherzo, dai! Anzi, le guardavo ieri in un negozio e devo dire che son diventate degli attrezzi supertecnici. Ma quanto vi pelano per comprarle?
Vi trattano male come noi con sci e attacchi? Secondo me dovrebbero metterci una sovratassa per pagare qualcuno che vada a chiudere i buchi...
Dopo un brevissimo tratto più ripido, in presenza di un ometto di pietra svoltiamo decisamente a sinistra, (ovest) per risalire il muro finale; non è granché ripido, ma penso si possa definire "muro". Tra una forchetta e l'altra, seguendo una traccia un po' incerta su neve altrettanto incerta, (un po' dura, un po' polverosa, un po' sta, un po' va, un po' tiene, un po' no), ci godiamo la vista del Pizzo Tambò. Alle 12,30 supero la forcella, dove stanno appollaiati al riparo dal vento quattro predecessori, e esco sulla vetta, raggiunto poco dopo da Pancho.
Discesa non indimenticabile, ma neanche da dimenticare. Nel tratto in alto riusciamo a sceglierci pendii ben scaldati che permettono curve su una neve un po' marcetta ma con fondo che tiene bene. Parte centrale con crosta varia e sastrugi da vento ma anche una breve valletta di neve non ancora trasformata.
In basso la parte più divertente: tenendosi alti sulle pendici del Lumbreida alterniamo traversi di trasferimento a brevi "picchiate" su neve remollata appoggiata su fondo duro (non sarà già l'erba?).
Ultime due curve sul "problema" di giornata: il passaggio dal parcheggio alto al parcheggio basso detto dell'acqua minerale.
Ci abbeveriamo alla fonte. Puh! Farà anche bene... presto, una Calanda!
Però il pendio che porta alla cresta che unisce cima Sud sciistica e cima Nord antipatica, me lo ricordavo abbastanza ripido e avevo il sospetto che, nell'ultima esperienza, ormai lontana, fosse stata la qualità della neve a decretare la bocciatura inconscia.
Così, quando sabato mattina, alla sosta caffè, Pancho mi dice,"perché non ci fermiamo qui e facciamo il Pizzo Uccello?" decido che è giusto concedere al volatile una nuova occasione.
A far premio, come sempre, è la pigrizia: dovevamo andare a Hinterrhein per il Lorenzhorn, ma chi c'ha voglia di sciropparsi anche il tunnel per poi scoprire che di là c'è pure più vento, a parte i trecentoepassametriinpiù.
D'altra parte, che noi si sia scialpinisti di quelli "cattivi" appare evidente dal fatto che alle 10 e 30 stiamo (già!) partendo dal parcheggio dell'acqua minerale.... (c'è pure la fonte aperta al pubblico. Non bevete!!)
Risolto brillantemente il problema tecnico più impegnativo della giornata, (come superare la riva che dal parcheggio di sotto porta a quello di sopra), risaliamo brevemente una pista di gatto delle nevi e, al cospetto dell'imponente Pizzo Lumbreda, ci immettiamo nel vallone che punta verso nord in direzione della nostra meta e del "gemello" Pizzo Cavriola
Ammettiamolo, è un po' noioso, ma, stando molto alti sulla destra, ci complichiamo un po' la vita con un lungo traverso abbastanza gelato che fa sembrare il tutto un po' più impegnativo; Pancho, poi, con i Seven Summit nuovi ma le pelli vecchie, consunte e troppo strette, si diverte un casino.
Ma, a parte il contenzioso con la macchina fotografica, che ha problemi all'interruttore d'accensione, andiamo via spediti e, superata la Cascina Vignone, dove la salita si fa più ripida e remunerativa raggiungiamo un gruppone misto di scialpinisti e ciabatte. Scherzo, dai! Anzi, le guardavo ieri in un negozio e devo dire che son diventate degli attrezzi supertecnici. Ma quanto vi pelano per comprarle?
Vi trattano male come noi con sci e attacchi? Secondo me dovrebbero metterci una sovratassa per pagare qualcuno che vada a chiudere i buchi...
Dopo un brevissimo tratto più ripido, in presenza di un ometto di pietra svoltiamo decisamente a sinistra, (ovest) per risalire il muro finale; non è granché ripido, ma penso si possa definire "muro". Tra una forchetta e l'altra, seguendo una traccia un po' incerta su neve altrettanto incerta, (un po' dura, un po' polverosa, un po' sta, un po' va, un po' tiene, un po' no), ci godiamo la vista del Pizzo Tambò. Alle 12,30 supero la forcella, dove stanno appollaiati al riparo dal vento quattro predecessori, e esco sulla vetta, raggiunto poco dopo da Pancho.
Discesa non indimenticabile, ma neanche da dimenticare. Nel tratto in alto riusciamo a sceglierci pendii ben scaldati che permettono curve su una neve un po' marcetta ma con fondo che tiene bene. Parte centrale con crosta varia e sastrugi da vento ma anche una breve valletta di neve non ancora trasformata.
In basso la parte più divertente: tenendosi alti sulle pendici del Lumbreida alterniamo traversi di trasferimento a brevi "picchiate" su neve remollata appoggiata su fondo duro (non sarà già l'erba?).
Ultime due curve sul "problema" di giornata: il passaggio dal parcheggio alto al parcheggio basso detto dell'acqua minerale.
Ci abbeveriamo alla fonte. Puh! Farà anche bene... presto, una Calanda!
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