Rifugio Buzzoni e Zucco del Corvo
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Generalmente nella prima metà della settimana non possiamo/riusciamo a trovare il tempo per un'escursione, ma questa volta le previsioni meteo pessime a partire dal giovedì fanno parzialmente rivedere la normale logistica. Per questo, nell'ultima giornata di bel tempo (bellissimo!) troviamo il modo di fare una scappata in Valsassina: spostamento in macchina limitato e giro non lunghissimo per sfruttare le non molte ore di luce a disposizione. Sentieri quasi tutti già percorsi, ma da un sufficiente numero di anni da farli sembrare a tratti quasi nuovi. Escursione quindi poco o nulla impegnativa (escluso naturalmente il buon dislivello ripido) e soprattutto ben nota, ma assai gratificante per ambiente e panorami, con l'unico piccolo fastidio del ronzio continuo provocato dal funzionamento a completo regime degli impianti di innevamento artificiale sulle piste dei Piani di Bobbio-Valtorta.
In fondo a Piazza Carrobbio, a sinistra di un'abitazione, si imbocca una ripida stradetta cementata che ben presto si trasforma in mulattiera acciottolata; si sale nel bosco di castagni, sempre molto ripidamente, con innumerevoli tornanti e tortuosità per lungo tratto fino ad arrivare ai prati del Passo di Nava e delle Baite di Nava. Qui, svoltando a sinistra, il sentiero dapprima spiana e inizia ad addentrarsi nell'estesa faggeta che riveste tutto l'impluvio della Valle Acquadura; oltrepassati un paio di valloncelli secondari, si raggiunge un bivio (ignorare la direzione di sinistra che riporterebbe ad Introbio) e si oltrepassa il tratto attrezzato con catene - modesta esposizione - che scende al guado del torrente di valle. Da questo punto si inizia ad inanellare una cospicua sequenza di regolari traversi e tornanti che si conclude solo alla dorsale della scomparsa Alpe Tee; con una svolta a gomito ci si dirige a destra (a sinistra la via di ritorno) in una sorta di corridoio tra faggi cespugliosi. Si riprende a salire in traverso nel bosco ceduo, si attraversano cinque modesti canali e, cambiando versante all'ultimo impluvio, si raggiunge l'aperto terrazzo del Rifugio Buzzoni (l'Alpe Mota che lo localizza, in realtà è parecchio lontana verso sud). Nei pressi della costruzione, vicino ad un tavolone da picnic, si distacca sulla sinistra la larga traccia che sale verso la dorsale di confine LC-BG: la si raggiunge comodamente con un tratto gradinato ed un traverso oggi innevato. Al Passo Gandazzo si incrocia il Sentiero 101 delle Orobie Occidentali e - qui coincidente - la DOL Dorsale Orobica Lecchese. Lasciato a destra il sentiero per i Piani di Bobbio e tutto il gruppo dei Campelli, si volge a sinistra sul blando pendio che introduce alla rampa - sconnessa, sassosa, erosa, memorabile col caldo estivo - che si conclude al Passo del Toro; lasciamo a destra la cengia - oggi ghiacciata ma percorribile - che prosegue verso il Rifugio Grassi e deviamo nettamente sul pendio a monte per raggiungere la calotta erbosa dello Zucco del Corvo: il panorama verso nord abbraccia tutto quanto è compreso fra il Monte Rosa ed il Monte Guglielmo, mentre a sud si allarga tutta la Pianura Padana coperta da uno strato di nebbie. Per il ritorno, volendo comunque evitare la doccia di neve artificiale dei Piani di Bobbio, non abbiamo alternative ragionevoli dal ripassare all'Alpe Tee, dove rientriamo per seguire il Sentiero 25; con l'occasione, abbiamo modo di soffermarci ad osservare il "Foo de Tee", probabilmente il faggio più vecchio e maestoso della Valsassina: un albero gigantesco, ormai prevalentemente morto, ma con ancora qualche ramo alle sue ultime stagioni di sopravvivenza. Il sentiero scende, abbastanza comodo, fin sul fondo del Canale di Taeggiolo, ne guada il torrente e si avvia con modesta pendenza a percorre il lembo più basso di un'estesa abetaia (sulle mappe, inopinatamente, "Pineta di Mezzacca"). Al termine del bosco, dopo aver attraversato un ponticello, si arriva alla pista forestale della Valle del Canale di Daggio, costruita a servizio di un acquedotto che appare ora dismesso: la si segue in saliscendi finchè, in corrispondenza di una targa commemorativa di un fatto mitologico-religioso, si distacca a sinistra la prosecuzione del sentiero. Inizialmente, e ancora per lungo tratto dopo aver sottopassato l'acquedotto, si patisce il dissesto dell'accumulo del materiale di risulta degli scavi (strada e tubazione), poi la situazione migliora e si torna a confluire nella pista; la si segue fino ad uno slargo, dove - sempre a sinistra - si imbocca una larga mulattiera acciottolata. La discesa è comoda e regolare, si lasciano a destra le deviazioni per il Rifugio Grassi e per la Val Biandino, e, più a valle una cappella innalzata da devoti cacciatori. In pochi passi si entra fra le abitazioni di Introbio: volgendo sempre a sinistra ai vari incroci, si torna rapidamente In Piazza Carrobbio.
In fondo a Piazza Carrobbio, a sinistra di un'abitazione, si imbocca una ripida stradetta cementata che ben presto si trasforma in mulattiera acciottolata; si sale nel bosco di castagni, sempre molto ripidamente, con innumerevoli tornanti e tortuosità per lungo tratto fino ad arrivare ai prati del Passo di Nava e delle Baite di Nava. Qui, svoltando a sinistra, il sentiero dapprima spiana e inizia ad addentrarsi nell'estesa faggeta che riveste tutto l'impluvio della Valle Acquadura; oltrepassati un paio di valloncelli secondari, si raggiunge un bivio (ignorare la direzione di sinistra che riporterebbe ad Introbio) e si oltrepassa il tratto attrezzato con catene - modesta esposizione - che scende al guado del torrente di valle. Da questo punto si inizia ad inanellare una cospicua sequenza di regolari traversi e tornanti che si conclude solo alla dorsale della scomparsa Alpe Tee; con una svolta a gomito ci si dirige a destra (a sinistra la via di ritorno) in una sorta di corridoio tra faggi cespugliosi. Si riprende a salire in traverso nel bosco ceduo, si attraversano cinque modesti canali e, cambiando versante all'ultimo impluvio, si raggiunge l'aperto terrazzo del Rifugio Buzzoni (l'Alpe Mota che lo localizza, in realtà è parecchio lontana verso sud). Nei pressi della costruzione, vicino ad un tavolone da picnic, si distacca sulla sinistra la larga traccia che sale verso la dorsale di confine LC-BG: la si raggiunge comodamente con un tratto gradinato ed un traverso oggi innevato. Al Passo Gandazzo si incrocia il Sentiero 101 delle Orobie Occidentali e - qui coincidente - la DOL Dorsale Orobica Lecchese. Lasciato a destra il sentiero per i Piani di Bobbio e tutto il gruppo dei Campelli, si volge a sinistra sul blando pendio che introduce alla rampa - sconnessa, sassosa, erosa, memorabile col caldo estivo - che si conclude al Passo del Toro; lasciamo a destra la cengia - oggi ghiacciata ma percorribile - che prosegue verso il Rifugio Grassi e deviamo nettamente sul pendio a monte per raggiungere la calotta erbosa dello Zucco del Corvo: il panorama verso nord abbraccia tutto quanto è compreso fra il Monte Rosa ed il Monte Guglielmo, mentre a sud si allarga tutta la Pianura Padana coperta da uno strato di nebbie. Per il ritorno, volendo comunque evitare la doccia di neve artificiale dei Piani di Bobbio, non abbiamo alternative ragionevoli dal ripassare all'Alpe Tee, dove rientriamo per seguire il Sentiero 25; con l'occasione, abbiamo modo di soffermarci ad osservare il "Foo de Tee", probabilmente il faggio più vecchio e maestoso della Valsassina: un albero gigantesco, ormai prevalentemente morto, ma con ancora qualche ramo alle sue ultime stagioni di sopravvivenza. Il sentiero scende, abbastanza comodo, fin sul fondo del Canale di Taeggiolo, ne guada il torrente e si avvia con modesta pendenza a percorre il lembo più basso di un'estesa abetaia (sulle mappe, inopinatamente, "Pineta di Mezzacca"). Al termine del bosco, dopo aver attraversato un ponticello, si arriva alla pista forestale della Valle del Canale di Daggio, costruita a servizio di un acquedotto che appare ora dismesso: la si segue in saliscendi finchè, in corrispondenza di una targa commemorativa di un fatto mitologico-religioso, si distacca a sinistra la prosecuzione del sentiero. Inizialmente, e ancora per lungo tratto dopo aver sottopassato l'acquedotto, si patisce il dissesto dell'accumulo del materiale di risulta degli scavi (strada e tubazione), poi la situazione migliora e si torna a confluire nella pista; la si segue fino ad uno slargo, dove - sempre a sinistra - si imbocca una larga mulattiera acciottolata. La discesa è comoda e regolare, si lasciano a destra le deviazioni per il Rifugio Grassi e per la Val Biandino, e, più a valle una cappella innalzata da devoti cacciatori. In pochi passi si entra fra le abitazioni di Introbio: volgendo sempre a sinistra ai vari incroci, si torna rapidamente In Piazza Carrobbio.
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