Bivacco Gusmeroli e Rifugio Bernasca
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Ci troviamo sulla cresta di confine fra la Valtartano e la Valmadre, per poi scendere in Val Vicima: in totale una delle zone meno turistiche e più belle di questa area; i sentieri, quando ci sono, non sono indicati né bollati: oltre il livello dell'Alta Via della Valtartano occorre procedere a vista fra i pascoli abbandonati e poche tracce di pecore. I panorami sono straordinari, con improvvisi scorci fra Orobie e Retiche che in un attimo cambiano fra Resegone, Cervino, Mischabel, Pizzo Badile, Pizzo Bernina e Pizzo Redorta: vale realmente la pena di aspettare una giornata che di sicuro non presenti nubi o foschie di sorta, così da poter trasformare un'escursione in uno spettacolo.
Dal piccolo parcheggio sopraelevato si segue la contigua strada asfaltata per le contrade Gavazzi e Fraccia: attualmente, benchè ancora interdetto al traffico, è in corso di apertura il proseguimento della carrozzabile che ha cancellato l'antica mulattiera gradinata; solo molto più in alto, a causa di una deviazione a destra del nuovo tracciato, si può proseguire sulla ben segnalata mulattiera originale con un lungo traverso ascendente nella Val dal Castìi. Alcuni ripidi tornanti portano all'aperto sui primi pascoli dell'Alpe Torrenzuolo e, sempre seguendo i segnali a vernice, si sale fra i prati (ci avviciniamo qui alla Casera Torrenzuolo, da cui torneremo) sull'ampia spalla dell'alpe e si raggiunge in breve il dosso dove si trova la Baita Gusmeroli, in località Munt Coch. Al fianco destro della recinzione del bivacco si individua un sentierino che pianeggiando si addentra in Val Lunga. Si procede a saliscendi in mezzacosta fino ai vastissimi pascoli dell'Alpe Gerlo, caratteristico nucleo di sei baite disposte su due file parallele leggermente sfalsate. Qui le segnalazioni terminano e solo qualche rarissimo ometto aiuta nella scelta del percorso migliore: si tratta di raggiungere in regolare successione tutte le baite che sorgono sparse sui pascoli superiori sempre più ampi. Si procede facilmente a vista mantenendosi al centro e poi sulla destra della vallata: si oltrepassano tre baite isolate, si lasciano sulla sinistra lo stallone dell'alpe e quindi, al centro della valle, la baita Matarone con ampi recinti in pietra ("barek") per le mandrie; più o meno all'altezza di tre grossi ometti di pietre sopra Matarone si volge bruscamente a destra per raggiungere una meno visibile ed ultima baita. Si risale il pendio alle spalle della costruzione in direzione di un visibile sentiero (che in traverso a sinistra riporta a Matarone) e di una cresta parzialmente rocciosa caratterizzata da altri tre ometti (questi molto distanziati fra loro), confine con i terreni della sottostante Alpe Canale. Sul filo si trova un sentierino di pecore che risale fra roccette e cespugli di ginepro finchè la dorsale va a morire alla base della conca erbosa che si allarga ai piedi della larga Bocchetta Cogola, aperta fra il Monte Seleron e le propaggini della Cima della Sciura. Sul versante di Valmadre il canalone che parte dal passo è molto più ripido, ma percorso da un tortuoso sentierino che scende fino ad un pianoro con grosso ometto di pietre, dove esce dal solco principale. Con poche e confuse tracce si raggiungono fra i pascoli due baite isolate, da cui, molto più in basso, risulta visibile il lunghissimo stallone della Casera Cogola, punto di passaggio del sentiero Valmadre-Rif. Bernasca. Si scende ancora un po' fino ad incrociare fra gli ontani invadenti il suddetto sentiero; si prosegue con l'ascendente attraversamento di numerosi canaloni fino all'ultima impennata che porta a raggiungere la Bocchetta di Cogola o di Bernasca. In pochi passi, al di là di un dosso roccioso, appare improvvisamente la costruzione del Rifugio Bernasca, accogliente e sempre aperto. Dalla valletta accanto alla costruzione riparte il sentiero che in breve sale al bel Lago Bernasca e lo affianca sulla destra dirigendosi ad un pendio più sassoso in direzione della vicina Bocchetta di Vicima ("l'Om", per la presenza di un ometto di pietre con croce). Sul versante di Val Vicima, in sostituzione del vecchio e scosceso sentiero, è stata appena aperta una traccia di regolare e moderata pendenza che - a quanto pare - sarà parte della costruenda (e costosissima) pista ciclabile delle Orobie. Seguendola si scende a raggiungere progressivamente la Baita Foppe, la Baita Corna e la Baita Lago, dove si prosegue sulla vecchia carrareccia della Val Vicima (isolata, per ora, dal fondovalle di Tartano e percorsa da mezzi agricoli portati in quota smontati). In vista della Casera Vicima, punto di incrocio con l'Alta Via della Valtartano che dovremo percorrere per rientrare, troviamo una nuovissima pista appena spianata e già bollata CAI che sembra sovrapporsi al nostro sentiero: lo stupore è tanto perchè, conoscendo il percorso, non ci sembra proprio che si possa pensare anche solo di allargarlo un poco. Infatti, dopo poche decine di metri di rocce ed alberi sventrati, i lavori si bloccano contro una vasta pioda monolitica... Scesi fortunosamente all'Alta Via, proseguiamo verso sinistra alternando tratti di bosco a piccole radure (sono presenti tratti esposti lungo un'esile cengia umida, assistiti da catene corrimano), fino ad uscire negli ampi spazi di Cur d'Aser; mantenendo la direzione, di segnale in segnale, si mira al dosso erboso dell'Alpe Torrenzuolo: in corrispondenza della Baita Runchet, al bivio, si evita di risalire a sinistra al Bivacco Gusmeroli e si prosegue in piano fino alla Casera Torrenzuolo, da cui , in pochi passi, si ritorna al sentiero di salita.
Dal piccolo parcheggio sopraelevato si segue la contigua strada asfaltata per le contrade Gavazzi e Fraccia: attualmente, benchè ancora interdetto al traffico, è in corso di apertura il proseguimento della carrozzabile che ha cancellato l'antica mulattiera gradinata; solo molto più in alto, a causa di una deviazione a destra del nuovo tracciato, si può proseguire sulla ben segnalata mulattiera originale con un lungo traverso ascendente nella Val dal Castìi. Alcuni ripidi tornanti portano all'aperto sui primi pascoli dell'Alpe Torrenzuolo e, sempre seguendo i segnali a vernice, si sale fra i prati (ci avviciniamo qui alla Casera Torrenzuolo, da cui torneremo) sull'ampia spalla dell'alpe e si raggiunge in breve il dosso dove si trova la Baita Gusmeroli, in località Munt Coch. Al fianco destro della recinzione del bivacco si individua un sentierino che pianeggiando si addentra in Val Lunga. Si procede a saliscendi in mezzacosta fino ai vastissimi pascoli dell'Alpe Gerlo, caratteristico nucleo di sei baite disposte su due file parallele leggermente sfalsate. Qui le segnalazioni terminano e solo qualche rarissimo ometto aiuta nella scelta del percorso migliore: si tratta di raggiungere in regolare successione tutte le baite che sorgono sparse sui pascoli superiori sempre più ampi. Si procede facilmente a vista mantenendosi al centro e poi sulla destra della vallata: si oltrepassano tre baite isolate, si lasciano sulla sinistra lo stallone dell'alpe e quindi, al centro della valle, la baita Matarone con ampi recinti in pietra ("barek") per le mandrie; più o meno all'altezza di tre grossi ometti di pietre sopra Matarone si volge bruscamente a destra per raggiungere una meno visibile ed ultima baita. Si risale il pendio alle spalle della costruzione in direzione di un visibile sentiero (che in traverso a sinistra riporta a Matarone) e di una cresta parzialmente rocciosa caratterizzata da altri tre ometti (questi molto distanziati fra loro), confine con i terreni della sottostante Alpe Canale. Sul filo si trova un sentierino di pecore che risale fra roccette e cespugli di ginepro finchè la dorsale va a morire alla base della conca erbosa che si allarga ai piedi della larga Bocchetta Cogola, aperta fra il Monte Seleron e le propaggini della Cima della Sciura. Sul versante di Valmadre il canalone che parte dal passo è molto più ripido, ma percorso da un tortuoso sentierino che scende fino ad un pianoro con grosso ometto di pietre, dove esce dal solco principale. Con poche e confuse tracce si raggiungono fra i pascoli due baite isolate, da cui, molto più in basso, risulta visibile il lunghissimo stallone della Casera Cogola, punto di passaggio del sentiero Valmadre-Rif. Bernasca. Si scende ancora un po' fino ad incrociare fra gli ontani invadenti il suddetto sentiero; si prosegue con l'ascendente attraversamento di numerosi canaloni fino all'ultima impennata che porta a raggiungere la Bocchetta di Cogola o di Bernasca. In pochi passi, al di là di un dosso roccioso, appare improvvisamente la costruzione del Rifugio Bernasca, accogliente e sempre aperto. Dalla valletta accanto alla costruzione riparte il sentiero che in breve sale al bel Lago Bernasca e lo affianca sulla destra dirigendosi ad un pendio più sassoso in direzione della vicina Bocchetta di Vicima ("l'Om", per la presenza di un ometto di pietre con croce). Sul versante di Val Vicima, in sostituzione del vecchio e scosceso sentiero, è stata appena aperta una traccia di regolare e moderata pendenza che - a quanto pare - sarà parte della costruenda (e costosissima) pista ciclabile delle Orobie. Seguendola si scende a raggiungere progressivamente la Baita Foppe, la Baita Corna e la Baita Lago, dove si prosegue sulla vecchia carrareccia della Val Vicima (isolata, per ora, dal fondovalle di Tartano e percorsa da mezzi agricoli portati in quota smontati). In vista della Casera Vicima, punto di incrocio con l'Alta Via della Valtartano che dovremo percorrere per rientrare, troviamo una nuovissima pista appena spianata e già bollata CAI che sembra sovrapporsi al nostro sentiero: lo stupore è tanto perchè, conoscendo il percorso, non ci sembra proprio che si possa pensare anche solo di allargarlo un poco. Infatti, dopo poche decine di metri di rocce ed alberi sventrati, i lavori si bloccano contro una vasta pioda monolitica... Scesi fortunosamente all'Alta Via, proseguiamo verso sinistra alternando tratti di bosco a piccole radure (sono presenti tratti esposti lungo un'esile cengia umida, assistiti da catene corrimano), fino ad uscire negli ampi spazi di Cur d'Aser; mantenendo la direzione, di segnale in segnale, si mira al dosso erboso dell'Alpe Torrenzuolo: in corrispondenza della Baita Runchet, al bivio, si evita di risalire a sinistra al Bivacco Gusmeroli e si prosegue in piano fino alla Casera Torrenzuolo, da cui , in pochi passi, si ritorna al sentiero di salita.
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