Punta Turiggia (2811 m), Scona d'Batagg (2763 m)
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La Punta Turiggia, cima baricentrica posta a confine tra le valli Loranco e Troncone, è definita dall’Armelloni “il più bel punto panoramico sulle cime della Valle Antrona, particolarmente dalla Punta di Saas al Pizzo d’Andolla”. Dopo aver sfogliato la guida, la misi immediatamente nella lista dei programmi futuri, non sciogliendo però il dubbio sull’itinerario da percorrere per raggiungerla: la guida Andolla-Sempione è fin troppo ottimista, definendo con difficoltà escursionistica la via normale dal Bivacco Camposecco e non esprimendo valutazioni in merito alla variante che passa per l’Alpe Turiggia. Quest’ultimo percorso è però indicato sulla carta svizzera sino all’anno 2000, lungo un versante che a giudicare dalle curve di livello risulta precipite sul lago sottostante; l’interesse suscitato dalle poche informazioni raccolte è quindi sufficiente per farmi decidere di andare a verificare di persona l’esistenza o meno del sentiero in questione.
La gita sarà piuttosto lunga e faticosa, senza sentieri o tracce per buona parte del suo sviluppo.
Giusto per non farmi mancare nulla, parto da Antronalago, nonostante la sbarra per Campliccioli sia aperta. Il percorso è ben segnalato fino al poggio dell’Alpe Scarone e, qui giunto, mi illudo di trovare la traccia che traversa verso E il pianoro, ma l’unico riferimento visibile è un ometto in lontananza che raggiungo piuttosto agevolmente e che mi conferma di essere sulla strada giusta. Qui viene il bello. Il sentiero, se così si può chiamare, altro non è che una cengia erbosa vertiginosa che contorna alla base i crestoni meridionali della Punta Turiggia e dove qualsiasi traccia di passaggio umano sul terreno è praticamente scomparsa; l’abbandono del luogo è quindi completo (stambecchi a parte) anche se, di tanto in tanto, la presenza di alcuni segni del passato (tacche sulla roccia, croce in legno, balma) confermano la bontà del percorso. Avanzare richiede concentrazione e prudenza, una scivolata sarebbe imperdonabile: a volte procedo rasente alla parete e gli attraversamenti dei vari corsi d’acqua risultano delicati vista la ripidità del versante. Raggiunto l’ennesimo rio, questa volta più ampio, noto con un certo sollievo che un ripido canalone erboso e poi roccioso permette di raggiungere la cresta soprastante piuttosto facilmente, anche se prima decido di proseguire lungo il tracciato indicato sulla CNS nonostante la mancanza di riferimenti, pensando di tenere la variante del canalone come alternativa. Sommitato quindi un marcato crestone, mi appare un gruppo di ruderi posti sul culmine della dorsale successiva: raggiungerli, dalla posizione in cui sono, mi sembra piuttosto azzardato, per cui opto di ritornare sui miei passi per traversare in salita il canalone precedente e portarmi a ridosso della cresta SSE dove confido che la vista mi si apra concedendomi una maggiore interpretazione del luogo. Arrivato alla sommità, sbuco in una bucolica conca dove finalmente la meta si fa chiara ed anche la via per arrivarci. Nei pressi di un rudere, ecco apparire un centinaio di metri più sotto anche quello che resta dell’Alpe Turiggia: tre baite adagiate su un poggio panoramico, delle quali rimangono a malapena le mura. Era quindi corretto continuare a traversare (dove precisamente non mi è dato saperlo) per raggiungere la cresta più in basso. Fatto sta che ho guadagnato 100 metri di salita, ora non mi resta che coprire i restanti 500 di dislivello tra detriti, pietraie e liste erbose mantenendomi il più possibile a ridosso del crestone SSE che scende dalla cima. Giunto in vista del Passo Turiggia, piego a sinistra e faticosamente risalgo gli ultimi metri fino alla vetta, contrassegnata da un bastone ed un cumulo di pietre.
Il panorama è effettivamente splendido e la giornata pure, serena, ventilata e per nulla calda, peccato siano già le 13 passate e la via del ritorno una vera incognita. Male che vada tornerò per la via di salita ma un tentativo lo voglio fare: inizio dunque a scendere verso il Passo Turiggia per sommitare poi la Scona d’Batagg che è a un tiro di schioppo. Mi calo quindi nel vallone percorso in precedenza, raggiungendone stavolta la base in corrispondenza di una zona umida nei pressi della quale pascola placidamente un bel gruppo di stambecchi. Restando più a E rispetto alla salita, il percorso risulta più comodo, inizialmente su agevoli lastoni e poi principalmente su erba e qualche roccetta. Raggiunta nuovamente la cresta SSE, nei pressi però della quota 2480 m, decido di provare a scendere in direzione del Bivacco Camposecco, lungo quella che sulla guida di Armelloni è considerata la via normale. Non sono presenti segni di passaggio, il versante è molto ripido e solcato da creste rocciose tra una valletta erbosa e la successiva. Purtroppo, la mancanza di tracce non mi consente di capire in quale direzione puntare, quello che posso fare è traversare ad intuito con un occhio all’altimetro cercando di perdere meno quota possibile (sono solo 130 metri di dislivello per scendere al bivacco). Peccato però che non sia riuscito ad arrivare a capo della tormentata orografia del versante e, dopo due tentativi (il primo basso ed il secondo più alto), molto dispendiosi energicamente in un mondo praticamente verticale, vista l’ora tarda ho deciso di ritornare sui miei passi e rientrare lungo la via di salita, anch’essa non di certo una passeggiata.
Giunto all’Alpe Scarone e poi nuovamente a valle, si chiude un’avventura per certi versi memorabile, un’immersione in luoghi dimenticati dei quali la natura si è rimpossessata completamente. L’escursione di per sé potrebbe chiudersi già all’Alpe Turiggia, ma la salita alla cima permette di godere di un panorama invidiabile e la possibilità di percorrere il selvaggio vallone SE, all’interno del quale la fauna selvatica vive lontano dalle folle estive dei laghi sottostanti.
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