Il Sasso da Alpiano - Valle Antigorio
|
||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Il versante alle spalle di Alpiano appare schiacciato, come costretto ad esaurire la sua spinta verso l’alto in uno spazio troppo breve.
Eppure, sopra i pendii sacrificati all’attività estrattiva, resistono manufatti sorprendenti per numero e stato di conservazione, in un ambiente incantato, magicamente sospeso fuori dal nostro tempo.
Più in alto il paesaggio si distende ulteriormente e presenta una successione di pianori a quote progressivamente crescenti. Tra gli estremi di Alagua e Piazzeno, con le loro baite ristrutturate, comodamente raggiungibili da Montecrestese e da Pontemaglio, in posizione defilata troviamo gli alpi di Bietto, Il Sasso, Corticci e Grignasca. Intorno alle baite, tutte in stato di abbandono tranne il nucleo superiore di Bietto, il bosco ha invaso gli estesi pascoli di un tempo.
Il Sasso, posizionato su un terrazzo prativo ai piedi della parete che gli ha dato il nome, era il punto di arrivo di un sentiero, oggi abbandonato, che partiva da Belma e di cui avevamo percorso il tratto iniziale nel corso di una precedente visita (link). In questa occasione abbiamo raggiunto Belma seguendo un percorso più diretto - ed esposto - che in passato veniva utilizzato di preferenza senza carichi troppo pesanti sulle spalle.
La riscoperta di questo percorso abbandonato e non segnato sulle carte è stata possibile grazie all’incontro con Roberto Lanfranchi, classe 1947, di Alpiano Superiore.
Roberto in gioventù è stato testimone degli ultimi atti della civiltà rurale alpina sulle sue montagne, prima che le cave ne accelerassero l’inevitabile declino cancellando le mulattiere di collegamento con il fondovalle.
Lungo il sentiero da Belma a Il Sasso si incontrano dei tratti costruiti che sono stati realizzati da un antenato di Roberto intorno all'anno 1900, prima di emigrare a Buenos Aires.
Antefatto, ovvero la storia del campanaccio...
Durante il precedente giro esplorativo avevo trovato un campanaccio all'Alpe Belma e lo avevo fotografato. Quando poi conobbi Roberto, gliene parlai, gli mostrai la foto e lui mi disse che era quasi sicuro fosse quello di una sua capra, scomparsa l'anno prima. Mi chiese di fargli la cortesia di riportargli il campanaccio, perché voleva controllare se fosse effettivamente il suo. Tra l'altro Roberto produce da sé i campanacci per le sue capre e pecore e fa in modo che siano riconoscibili. Io gli dissi che ho l'abitudine di non portare via nulla dagli alpeggi perché mi piace che altri provino la stessa emozione che ho provato io nel trovarli ma, che se fossi ritornato a Belma, avrei sicuramente fatto un'eccezione. E così questa è stata anche l'occasione per riportare a Roberto il campanaccio e avere la conferma definitiva che era proprio quello della sua capra...
Note
Sconsiglio di percorrere il sentiero delle piodate in discesa e con roccia bagnata. Per trovarne l'inizio, occorre districarsi tra rovi e terreno infido perché le cave hanno cancellato l'accesso di un tempo.
Il sentiero Belma - Il Sasso presenta difficoltà di orientamento.
Se non si dispone di una seconda macchina, si può chiudere il giro percorrendo il sentiero di fondovalle da Pontemaglio ad Alpiano (segnalato, 40 minuti di cammino secondo il cartello).
Il percorso
Sono in compagnia di Ferruccio e Fabrizio.
Dal parcheggio dei dipendenti della cava di Marlogno, oggi dismessa, ad Alpiano Inferiore (loc. Gianzana) traversiamo nel bosco verso nord in modo da passare alle spalle della cava di fondovalle ancora attiva e ci dirigiamo verso il pianoro situato a nord della zona di coltivazione, incontrando resti di muretti e una vecchia strada sterrata abbandonata. In cima ad un dosso sulla destra si trova un rudere, indicato ma senza nome sulla Mappa Rabbini. Proseguendo verso Nord sulla strada abbandonata si giunge a Cusìna, un baita ancora in buono stato e un rudere azzerato.
A monte di Cusìna sale con qualche svolta quello che rimane della vecchia strada vicinale da Alpiano Viceno a Marlogno, che presenta alcuni tratti gradinati. In alto il percorso si perde un po' ma si esce senza problemi nella zona di coltivazione intermedia della cava dismessa, nei pressi di un capannone con funzioni di deposito, attualmente in corso di smantellamento. Saliamo lungo la strada di cava, che ha cancellato sia il tratto successivo della strada vicinale che l'Alpe Tieggio, fino all'ultimo tornante (a circa 670 m di quota), dove entriamo nel bosco sulla destra sfruttando inizialmente il medesimo varco tra le buddleie che consente di raggiungere Marlogno. In questo caso però, anziché salire verso Nord, traversiamo a Sud in leggera discesa nel ripido bosco, portandoci alla base delle piodate, che contorniamo nella medesima direzione fino all'inizio del primo tratto gradinato, che si incontra poco poco dopo un burdion, il vecchio cavo metallico non intrecciato.
Il sentiero sale ripido tra le rocce con alcuni passaggi molto suggestivi, di cui uno davvero memorabile su ripide tacche incise nella liscia roccia. Giunti in una zona più facile, con percorso a tratti poco chiaro (ci sono però dei tagli), si sale nel bosco fino alla baita inferiore di Belma, utilizzata fino agli anni '60 del secolo scorso da un alpigiano di Molinetto.
Salendo ancora nel ripido bosco sopra la baita si incontra una grande balma e quindi si raggiunge il nucleo principale di Belma, già noto dalla precedente visita. Seguendo il vecchio sentiero verso Est, superiamo un ruscello e arriviamo a Belma di Dentro.
Saliamo con giro antiorario alle spalle delle baite (tagli, resti di gradini) arrivando su una dorsale ricoperta di faggi, che risaliamo fino alla base di un pendio roccioso. Una ceppaia tagliata, in alto in mezzo alle rocce, indica la prosecuzione del percorso, che nel tratto successivo presenta delle ripide scalinate e muri di sostegno.
Guadagnata la soprastante faggeta il percorso si fa poco chiaro ma non ci sono difficoltà particolari. Da tenere presente che tutte le pareti devono essere aggirate sul versante Sud della dorsale. Dopo un passaggio attraverso un canalino sorretto da un muretto, si passa ai piedi di una carbonera con una piccola balma, seguita da una grande balma, chiamata da Roberto Balm de l'Urtiga (forse coincidente con la Balma dell'Oregia che troviamo sulla Mappa Rabbini) dove sono collocate delle rudimentali panchine di pietra. Seguendo un'esile traccia si arriva a lambire un ruscello tributario del Rio di Belma. La traccia cambia direzione e sale poggiando a sinistra (Ovest) fino ad un pianoro nella faggeta con resti azzerati di muri alla base di una parete. Il sentiero sale inizialmente verso NE e infine con un traverso in direzione Sud raggiunge Il Sasso.
Dopo avere visitato anche gli alpi Grignasca, Corticci, e Bietto, raggiungiamo la parte superiore dei pascoli di Alagua.
Da Alagua scendiamo quindi a Veglio e a Pontemaglio dove avevamo lasciato una seconda auto.
Eppure, sopra i pendii sacrificati all’attività estrattiva, resistono manufatti sorprendenti per numero e stato di conservazione, in un ambiente incantato, magicamente sospeso fuori dal nostro tempo.
Più in alto il paesaggio si distende ulteriormente e presenta una successione di pianori a quote progressivamente crescenti. Tra gli estremi di Alagua e Piazzeno, con le loro baite ristrutturate, comodamente raggiungibili da Montecrestese e da Pontemaglio, in posizione defilata troviamo gli alpi di Bietto, Il Sasso, Corticci e Grignasca. Intorno alle baite, tutte in stato di abbandono tranne il nucleo superiore di Bietto, il bosco ha invaso gli estesi pascoli di un tempo.
Il Sasso, posizionato su un terrazzo prativo ai piedi della parete che gli ha dato il nome, era il punto di arrivo di un sentiero, oggi abbandonato, che partiva da Belma e di cui avevamo percorso il tratto iniziale nel corso di una precedente visita (link). In questa occasione abbiamo raggiunto Belma seguendo un percorso più diretto - ed esposto - che in passato veniva utilizzato di preferenza senza carichi troppo pesanti sulle spalle.
La riscoperta di questo percorso abbandonato e non segnato sulle carte è stata possibile grazie all’incontro con Roberto Lanfranchi, classe 1947, di Alpiano Superiore.
Roberto in gioventù è stato testimone degli ultimi atti della civiltà rurale alpina sulle sue montagne, prima che le cave ne accelerassero l’inevitabile declino cancellando le mulattiere di collegamento con il fondovalle.
Lungo il sentiero da Belma a Il Sasso si incontrano dei tratti costruiti che sono stati realizzati da un antenato di Roberto intorno all'anno 1900, prima di emigrare a Buenos Aires.
Antefatto, ovvero la storia del campanaccio...
Durante il precedente giro esplorativo avevo trovato un campanaccio all'Alpe Belma e lo avevo fotografato. Quando poi conobbi Roberto, gliene parlai, gli mostrai la foto e lui mi disse che era quasi sicuro fosse quello di una sua capra, scomparsa l'anno prima. Mi chiese di fargli la cortesia di riportargli il campanaccio, perché voleva controllare se fosse effettivamente il suo. Tra l'altro Roberto produce da sé i campanacci per le sue capre e pecore e fa in modo che siano riconoscibili. Io gli dissi che ho l'abitudine di non portare via nulla dagli alpeggi perché mi piace che altri provino la stessa emozione che ho provato io nel trovarli ma, che se fossi ritornato a Belma, avrei sicuramente fatto un'eccezione. E così questa è stata anche l'occasione per riportare a Roberto il campanaccio e avere la conferma definitiva che era proprio quello della sua capra...
Note
Sconsiglio di percorrere il sentiero delle piodate in discesa e con roccia bagnata. Per trovarne l'inizio, occorre districarsi tra rovi e terreno infido perché le cave hanno cancellato l'accesso di un tempo.
Il sentiero Belma - Il Sasso presenta difficoltà di orientamento.
Se non si dispone di una seconda macchina, si può chiudere il giro percorrendo il sentiero di fondovalle da Pontemaglio ad Alpiano (segnalato, 40 minuti di cammino secondo il cartello).
Il percorso
Sono in compagnia di Ferruccio e Fabrizio.
Dal parcheggio dei dipendenti della cava di Marlogno, oggi dismessa, ad Alpiano Inferiore (loc. Gianzana) traversiamo nel bosco verso nord in modo da passare alle spalle della cava di fondovalle ancora attiva e ci dirigiamo verso il pianoro situato a nord della zona di coltivazione, incontrando resti di muretti e una vecchia strada sterrata abbandonata. In cima ad un dosso sulla destra si trova un rudere, indicato ma senza nome sulla Mappa Rabbini. Proseguendo verso Nord sulla strada abbandonata si giunge a Cusìna, un baita ancora in buono stato e un rudere azzerato.
A monte di Cusìna sale con qualche svolta quello che rimane della vecchia strada vicinale da Alpiano Viceno a Marlogno, che presenta alcuni tratti gradinati. In alto il percorso si perde un po' ma si esce senza problemi nella zona di coltivazione intermedia della cava dismessa, nei pressi di un capannone con funzioni di deposito, attualmente in corso di smantellamento. Saliamo lungo la strada di cava, che ha cancellato sia il tratto successivo della strada vicinale che l'Alpe Tieggio, fino all'ultimo tornante (a circa 670 m di quota), dove entriamo nel bosco sulla destra sfruttando inizialmente il medesimo varco tra le buddleie che consente di raggiungere Marlogno. In questo caso però, anziché salire verso Nord, traversiamo a Sud in leggera discesa nel ripido bosco, portandoci alla base delle piodate, che contorniamo nella medesima direzione fino all'inizio del primo tratto gradinato, che si incontra poco poco dopo un burdion, il vecchio cavo metallico non intrecciato.
Il sentiero sale ripido tra le rocce con alcuni passaggi molto suggestivi, di cui uno davvero memorabile su ripide tacche incise nella liscia roccia. Giunti in una zona più facile, con percorso a tratti poco chiaro (ci sono però dei tagli), si sale nel bosco fino alla baita inferiore di Belma, utilizzata fino agli anni '60 del secolo scorso da un alpigiano di Molinetto.
Salendo ancora nel ripido bosco sopra la baita si incontra una grande balma e quindi si raggiunge il nucleo principale di Belma, già noto dalla precedente visita. Seguendo il vecchio sentiero verso Est, superiamo un ruscello e arriviamo a Belma di Dentro.
Saliamo con giro antiorario alle spalle delle baite (tagli, resti di gradini) arrivando su una dorsale ricoperta di faggi, che risaliamo fino alla base di un pendio roccioso. Una ceppaia tagliata, in alto in mezzo alle rocce, indica la prosecuzione del percorso, che nel tratto successivo presenta delle ripide scalinate e muri di sostegno.
Guadagnata la soprastante faggeta il percorso si fa poco chiaro ma non ci sono difficoltà particolari. Da tenere presente che tutte le pareti devono essere aggirate sul versante Sud della dorsale. Dopo un passaggio attraverso un canalino sorretto da un muretto, si passa ai piedi di una carbonera con una piccola balma, seguita da una grande balma, chiamata da Roberto Balm de l'Urtiga (forse coincidente con la Balma dell'Oregia che troviamo sulla Mappa Rabbini) dove sono collocate delle rudimentali panchine di pietra. Seguendo un'esile traccia si arriva a lambire un ruscello tributario del Rio di Belma. La traccia cambia direzione e sale poggiando a sinistra (Ovest) fino ad un pianoro nella faggeta con resti azzerati di muri alla base di una parete. Il sentiero sale inizialmente verso NE e infine con un traverso in direzione Sud raggiunge Il Sasso.
Dopo avere visitato anche gli alpi Grignasca, Corticci, e Bietto, raggiungiamo la parte superiore dei pascoli di Alagua.
Da Alagua scendiamo quindi a Veglio e a Pontemaglio dove avevamo lasciato una seconda auto.
Tourengänger:
atal

Communities: Hikr in italiano
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (6)