Cima della Costa 1931mt - segnali di fumo verso Dalpe
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Genio e sregolatezza
Datemi il tempo di spiegare il perché di un titolo del genere. Continua la voglia di ravano nella neve, lontanto dai percorsi classici o peggio delle piste di sci.
Per la sicurezza della meta mi affido alla bella relazione dell’ amico Parcheggiamo a Dalpe, parcheggio classico per la capanna Campo Tencia o i Pizzo omonimo (in estate si parcheggia più in alto). Temperatura -6°, azzzz. La neve abbonda e questo ci fa certamente felici. Partiamo con le ciaspole nello zaino percorrendo la strada che risale il paese in direzione di Cleuro. Proseguiamo fino alla fine della strada, ed iniziamo il sentiero che corrisponde al percorso per racchette “rosso”. A Dalpe sono stati organizzati vari percorsi per racchette, ed anche un servizio di noleggio. Sono adatti ai primi approcci, se accompagnate un amico per provare questa esperienza direi che è il posto adatto. Torniamo al nostro giro, siamo ancora con le ciaspole appese allo zaino, non si sprofonda e proseguiamo verso Cleuro. Arriviamo all’inizio della strada forestale di Bosco Bello, e qui calziamo finalmente le nostre ciaspole, e proseguiamo seguendo deboli tracce di sciatori e ciaspolatori. A Q1350 incontriamo un bivio, proseguendo diritto si continual il percorso rosso per le racchette, deviando a destra invece si sale verso le Alpi Cadonigo e Cadonighino e oltre al Passo Vanit e alla Capanna Leit. Inizia una lenta salita fatta di traversi e tornanti, che ci portano in quota. Il bosco e l’ambiente sono magnifici. Poco oltre Q1600 si esce dal bosco di abeti, il paesaggio si apre su una bella distesa di neve fresca ed intatta. Passiamo vicino all’ Alpe Scontra e proseguiamo in salita seguendo indicazioni su una palina che appena spunta dalla neve.
Qui deciamo di tagliare diritti verso l’Alpe Cadonigo (diversamente dal giro di Ancora una volta, usciti dal bosco ci troviamo in una spianata bianca e meravigliosa, resa ancora più bella da un bel sole spendente. Si sale ora con lieve pendenza e si raggiunge l’ Alpe Cadonigo Q1788, un complesso di tre costruzioni, di cui una è una ampia stalla. La neve è veramente alta e ricopre i tetti fino a toccare terra. Seguiamo un canale alle spalle dell’ alpeggio che con uno strappetto ci porta ad una radura senza piante, davanti a noi la grande mole del Pizzo del Lambro, a sinistra la sua cresta, una sella e a sinistra di questa sella la nostra destinazione, la Cima della Costa, difficile individuarla da sotto, perché il bosco arriva praticamente fino alla sua quota, ma è evidente quale sia il punto più alto. Mancano 100mt circa di dislivello, ma sono tutti da sudare. Gli amici mi staccano come sempre, ed io seguo il loro zig-zagare nel bosto a cercare la via meno ripida e più sicura. In ogni caso siamo nel bosco quindi non ci sono pericoli, solo una bella fatica. Arrivo ad una grossa pietra, ma non vedo gli altri, ma li sento vociare. La cima è una decina di metri più avanti, apparentemente non c’e’ nulla (croci o ometti) che la distingue o se c’è è ben coperta. Oltre al vociare c’e’ grande fermento sulla piccola cima, Paolo sta scavando una buca profonda circa un metro e larga poco più. Abbiamo preso l’abitudine di portare una piccola pala pieghevole, e mai come quest’anno è stata utilizzata.
Se l’idea iniziale era di tornare all’ alpe per pranzare, raggiunta la cima alle 11:00 (Paolo) e alle 11:20 (io), il sole, il cielo azzurro ed una gran bel panorama hanno convinto tutti a fermarsi in vetta per il pranzo. Non fa caldo, anzi il fumo che esce ad ogni respiro ci conferma che siamo sotto lo 0, ma tra poco un bel fuocherello ci renderà tutto più piacevole.
Questo è il genio, non so quanti potrebbero pensare di attrezzare un fuoco sicuro a quasi 2000mt, dico sicuro perché nella buca profonda a circondato da metri di neve, l’unico pericolo è che il fuoco non riesca ad alimentarsi. Ma ci vengono in aiuto parecchi larici secchi ed ormai morti, perfetti per lo scopo. Avviato il fuoco anche con un po’ di fumo, chissà cosa avranno pensato a valle …, il muratore Paolo prepara due divani di neve ai due lati dove potersi sedere e pranzare. Tutto questo gran lavoro e l’approvigionamento della legna ci porta a dopo mezzogiorno, orario per il nostro pranzo al sacco. E’ tutto così bello e curioso che è perfino difficile descrivere la situazione, beh immaginateci in cinque seduti con i nostri panini attorno ad una buca dove un bel fuoco riscalda tutto attorno. Vengono in mente le scene anni 90 con giovani sulla spiaggia attorno al fuoco, con quello che suona la chitarra, ecco spostate l’ambiente su una cima, metteteci ben oltre un metro di neve, togliete quello della chitarra (quello che rimorchia sempre), aggiungete sana allegria, un buon caffè, la nostra grappetta e lo sviluppin (Vov), il quadro è completo. Spegniamo il fuoco e riempiamo la buca con tutta la neve intorno, ed iniziamo la discesa e sarà un godimento unico. Se la salita è tutta un zig-zag in discesa ci buttiamo sui fronti ripidi ognuno su una pista diversa per far presa, fregandosi delle pendenze e solcando la neve sprofondando di svariate decine di centimetri, quelli che danno la sicurezza. Raggiunto il pianoro sotto la vetta, scendiamo senza passare dall’ Alpe Cadonigo, l’idea era di raggiungere l’ Alpe Cadonighino, e ci siamo arrivati vicini, poi visto un discesone che ci porta verso la strada della mattina (ma molto sotto) ci tuffiamo in una discesa decisamente ripida, ma incuranti di ogni cosa, godimento allo stato puro. E sarà così anche percorrendo la strada, sempre a guardare sotto per vedere se si vede in basso la traccia, e quindi tuffarsi nella neve anche ripidissima taglaindo il tornante successivo. Un gioco da bambini? Forse ma troppo bello. Con tanti tagli la discesa diventa veloce, e per non farci mancare un ultimo taglione, non passiamo dalle strade del paese ma scendiamo sopra le prime case e raggiungiamo il parcheggio direttamente sulla neve. Se utilizzerete la nostra traccia, attenzione a seguire quella di salita, poi in discesa divertitevi come volete. Ci siamo gustati al massimo questa giornata, tutti soddisfatti della bella ravanata, del pranzo attorno al camino e delle discese ardite. Alla prossima.
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Giornatona, bellissimo meteo, gruppo di amici sempre ottimo, neve spettacolare. Ciao Lettera testamento del Ten. Adolfo FerreroVenne scritta alla vigilia della battaglia dell’Ortigara, precisamente alle ore 24.00 del giugno 1917, dal Ten. Adolfo Ferrero, torinese della classe del 1897 (20anni), arruolato nel 3° Reg. Alp. Btg. Val dora,insignito di medaglia d’argento. V.M.Gli venne conferita la Laurea ad Honorem in lettere e filosofia, trovò eroica morte il 19 giugno 1917 e le sue spoglie riposano al Sacrario Militare di Asiago, questa venne rinvenuta dopo oltre 40 anni, in perfetto stato di conservazione e con ancora alcune tracce di sangue, assieme ai resti mortali di un soldato che si presume fosse l’attendente, al quale aveva consegnato la lettera perché la recapitasse. 18.06.1917 ore 24,00 Cari genitori Scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno: il pericolo è grave, imminente. Avrei un rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che io odio la retorica, ...no, no, non è retorica quello che stò facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole, sento le mie ore contate, presagisco una morte gloriosa, ma orrenda... Fra cinque ore qui sarà l’inferno. Tremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa, e rombi, e tuoni e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in quest’istante medesimo odo in lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso: piove... Vorrei dirvi tante cose…tante…ma voi ve l’immaginate. Vi amo. Vi amo tutti tutti. Darei un tesoro per potervi rivedere, ...ma non posso... Il mio cieco destino non vuole. Penso, in queste ultime ore di calma apparente, a te Papà, a te Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore, a te Beppe, fanciullo innocente, a te o Adelina.. addio.. che debbo dire? Mi manca la parola, un cozzare di idee, una ridda di lieti, tristi fantasie, un presentimento atroce mi tolgono l’espressione... No, no, non è paura. Io non ho paura! Mi sento ora commosso pensando a voi, a quanto lasciò, ma so dimostrarmi dinanzi, ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anche essi hanno un morale elevatissimo. Quando riceverete questo scritto fattovi recapitare da un’anima buona, non piangete e siate forti, come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto per la Patria non è mai morto. Il mio nome resti scolpito indelebilmente nell’animo dei miei fratelli, il mio abito militare, e la mia fidata pistola (se vi verrà recapitata) gelosamente conservati stiano a testimonianza della mia fine gloriosa. E se per ventura mi sarò guadagnata una medaglia, resti quella a Giuseppe... O genitori, parlate, frà qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratelli, di me, morto a vent’anni per la Patria. Parlate loro di me, sforzatevi a risvegliare in loro ricordo di me... M’è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi... Fra dieci, venti anni forse non sapranno nemmeno più di avermi avuto fratello... A voi poi mi rivolgo. Perdono, vi chiedo, se v’ò fatto soffrire, se v’ò dati dispiaceri. Credetelo, non fu per malizia, se la mia inesperta giovinezza vi à fatti sopportare degli affanni, vi prego volermene perdonare. Spoglio di questa vita terrena, andrò a godere di quel bene che credo essermi meritato. A voi Babbo e Mamma un bacio, un bacio solo che vi dica tutto il mio affetto. A Beppe a, Nina un altro. Avrei un monito: ricordatevi di vostro fratello. Sacra è la religione dei morti. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre. A voi lascio ogni mia sostanza. E’ poca cosa. Voglio però che sia da voi gelosamente conservata. A Mamma, a Papà lascio... il mio affetto immenso. E’ il ricordo più stimolabile che posso loro lasciare. Alla mia zia Eugenia il crocefisso d’argento, al mio zio Giulio la mia Madonnina d’oro. La porterà certamente. La mia divisa a Beppe, come le mie armi e le mie robe. Il portafoglio (l 100) lo lascio all’attendente. Vi Bacio Un bacio ardente di affetto dal vostro aff.mo Adolfo Saluti a zia Amalia e Adele e ai parenti tutti.
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Giornatona con tanta neve oggi. Camminata tranquilla fino all'alpe Scontra, dove la salita e la neve ancora intonsa si fanno sentire sulle gambe.
All'alpe Cadonigo breve sosta per spuntino e per decidere quale direzione prendere e nel frattempo ammiriamo la tanta neve sui tetti delle costruzioni .
Questo tratto e' molto ripido e in mezzo alle piante, ma la neve tiene bene e si sale senza difficolta'. Recuperiamo parecchia legna secca e nel giro di 10 minuti la festa ha inizio.
Un bel fuoco scaldera' la nostra permanenza in vetta cosi' che come sempre ci gustiamo panini dolci futta caffe' e ammazza caffe'.
Paolo |
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Noi tutti abitiamo vicino a Cantù, e l ultimo giovedi di gennaio è tradizione fare la giubiana (non mi addentro in cenni storici) ma detto in parole povere: si fa un bel falò, e si fa festa attorno al fuoco.
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Altre foto, diario, tracce sul nostro sito www.girovagando.net escursione # 302
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