Questa passeggiata, intrapresa per riportare la consorte in montagna, è anche la prima dopo aver ultimato la lettura di “Le otto montagne” e diventa così una scusa per scrivere alcune mie impressioni sul libro, al quale in questa sede si è accennato. E' stato uno di quei libri che ho fatto fatica a chiudere quando il treno arrivava alla mia stazione e allora scendevo, mi mettevo in un angolo o cercavo una sedia e finivo il paragrafo.
Intanto con la stradina dall’Alpe Paglio siamo arrivati al Pian delle Betulle, annunciato da un parco-avventura per bambini e ragazzi con annesso recinto dei cervi e caratterizzato da numerose seconde case, in questo momento quasi tutte deserte.
Eppure avevo iniziato la lettura del libro un po' prevenuto perché non mi sembrava possibile che una trama così semplice, oserei dire un po' scontata, potesse vincere un premio così importante. La lettura è stata così accattivante forse perché l’autore conosce la materia di cui parla, cioè la montagna e la vita nei paesi di valle e negli alpeggi, e non se l’è fatta raccontare né l’ha dedotta dalla Rete. Tempo fa, prima dell’onnipresenza della Rete, leggevo che c’erano persone pagate anche profumatamente dagli autori per svolgere ricerche al posto loro, poi figurava che l’autore aveva per esempio ricostruito "magistralmente" la Francia del Trecento o mostrava conoscenze "approfondite" della moderna legislazione inglese. Ecco, sicuramente Cognetti conosce il contesto di persona.
Proseguendo, superata l’Alpe Ortighera, con un traverso ascendente su stradina sterrata attraversiamo zone prative sotto il Cimone di Margno e poi un evidente affioramento di “Verrucano lombardo”, un conglomerato rossastro risalente al Permiano, prodotto dell'erosione di una catena montuosa ancora geologicamente giovane.
Tante sono le frasi del libro che meriterebbero l’onore di una citazione, sia inerenti alla montagna (“il ghiacciaio è un ricordo d'inverno che non vuole essere dimenticato”) sia estendibili a un contesto più generale. “Talvolta per andare avanti bisogna avere l’umiltà di fare un passo indietro”, dice uno dei personaggi verso la fine del libro. E a me sembra che un altro personaggio questa umiltà non l’ha avuta.
Superato il “Verrucano” ci portiamo sul crinale tra la Val Marcia (laterale della Val Varrone) e la Valsassina, in corrispondenza della località “Larice bruciato” (Lares brusà), dove termina la nostra passeggiata.
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