Chilchhorn, cima nord, 2789m.
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Quando ancora lavoravo a Ginevra, sul lago Lemano, era molto raro ch' io non fossi con la mia auto rossa sul passo della Novena, sia nel giorno di apertura del passo, sia in quello (già con nostalgia...) della chiusura!
Se non avevo impegni musicali, una tipica ticinese doc quindi: di quelli così attaccati alle loro radici, al profumo unico dell' aria di casa, da farsi tutti quei chilometri, anche in piena notte e mezz' addormentati, pur di tornare in Ticino anche solo per un giorno!
Muraglioni di neve all' apertura. Quattro, cinque metri di muraglia, perigliosi appena si alzava di qualche grado la temperatura perché ti rovinavano addosso senza avvertimenti.
Raro, a parte in piena notte (...anche se...), ch' io non mi fermassi sul passo o in un suo qualche tornante, per farmi una camminata.
Di mezzo' oretta, come di infinite ore.
Rimanendo in Svizzera o attraversando, tutta emozionata!, la frontiera con l' Italia.
Oggi non lavoro più in terre francofone, ma come da antica tradizione lascio l' auto rossa sul vasto parcheggio del passo e punto naso e scarponi in direzione dell' affascinante aguzza punta di nome Chilchhorn.
Lascio rumori, puzze di benzina e patatine fritte, vociare in cento diversi idiomi, bambini che frignano, genitori e nonni schizzati, moto, enormi auto che sarebbero l' ideale nel deserto o l' infinita Siberia, ma qui...
...Insomma un umanità, badate bene, che non disprezzo affatto, che piuttosto mi diverte; sopratutto, dalla quale cerco di rimanere lontana.
Ci sarò salita dieci volte, lassù sul Chilchhorn!
(Già pronunciarne il nome è un impresa!...ma non per una cantante dal tedesco fluido...)
Difatti, il dislivello è minimo, il sentiero "rende" e da lassù è più bello il Mondo.
Si è immersi nel silenzio, la solitudine, la bellezza, la grazia.
Ci sarò salita dieci volte lassù sul Chilchhorn, tranquilli! ma senza toccarne mai la cima!
Gli ultimi dieci metri sono pura arrampicata, col solo vuoto ad abbracciare l' intimorita cinciallegra...
Tranquilli! non sono arrivata in cima!
Non mi dice nulla di buono il pesante asse lungo un paio di metri piazzato proprio alla base della crestina finale: preferirei di gran lunga tastare la roccia con le mani e scegliere dove posare i piedi.
Niente da fare, l' asse non si muove di un millimetro quando provo a toglierlo...
Torno sui miei passi e tranquilla vado ad accarezzare la ruvida roccia della cima nord.
Poi seguo la lunga cresta che sale sino al Pizzo Gallina, costellata di ometti, e facilitata da un paio di stupende scalinate costruite dall' uomo.
Arrivata a una sella punto al laghetto Q.2566, laggiù, di un azzurro radioso.
Non ci sono ometti sul lato ticinese, si scende a naso, attraversando numerosi nevai.
Lunghissima sarà la discesa, invero un continuo su e giù tra ganne instabili: mani sempre a cercare appigli e equilibrio, piedi attenti a tastare il repentino muoversi su nere voragini spesso invisibili.
Gorgogliano acque, là in fondo...
Girano le lancette: già so che sarò molto in ritardo dall' amica a Ginevra, amica e cena dovranno aspettarmi lungamente!
Non potevo sapere di questo mare infinito di ganne...
Mi godo appieno questo nuotare nel mare di ganne, ammiro le diverse qualità delle rocce, i ricami, i disegni su di esse, le bellissime fratture fatte dal gelo invernale.
Un ultima onda di ganne ed ecco i meandri della strada del passo!
Quasi arrivata sull' asfalto, la sorpresa di una scena meravigliosa: un piccolino di stambecco che sotto gli occhi della mamma, in mezzo a fratelli e sorelle magari più grandicelli tenta scalate e disarrampicate scivolando più volte, senza farsi male.
La mamma emette versi strani, quasi voce umana.
C' è poi da risalire un chilometro d' asfalto, con auto e moto che sfrecciano veloci e rumorose.
E assisto a un altra scena meravigliosa: uno stambecco adulto tenta di attraversare la strada.
Lo sgrido! lo supplico di non farlo, se vuol salva la vita.
Al terzo tentativo, si lancia, impavido testardo!
Cerco di far rallentare una potente moto che arriva roboante.
Lo stambecco ce l' ha fatta senza danni e fugge veloce in direzione della sorgente del fiume Ticino!
Girano, girano veloci le lancette: eppure mi fermerò ancora un oretta, stupendo incontro! a chiacchierare con due ciclisti in maglia gialla che attraversano le alpi.
Amica e cena dovranno aspettarmi lungamente...
ANTEFATTO:
Lei è italiana.
Si chiama Beatrice Rana.
E' una meravigliosa musicista.
Non trovo aggettivi nuovi per descrivere il suo talento raro.
E' una giovane pianista.
Possiede capacità di concentrazione, di creatività artistiche fuori dal comune, un immensa gamma di suoni, di respiro musicale.
Ha una verità interiore, una profondità che esplodono sotto le sue dita già dalla prima nota suonata.
La danza delle sue dita, solo dieci! come noi tutti! è come un esplosione di fuochi d' artificio, sono fiamme! le sue dita! fiamme di tutti colori! a porgerci grande musica! fiamme! il suo concerto di Cjaikovskij! fiamme! quello di Prokofjev! fiamme! le sue Goldberg-Variazioni!
Sono andata a Ginevra apposta per sentirla suonare.
Questa giovane ragazza è un miracolo.
Si chiama Beatrice Rana.
Se non avevo impegni musicali, una tipica ticinese doc quindi: di quelli così attaccati alle loro radici, al profumo unico dell' aria di casa, da farsi tutti quei chilometri, anche in piena notte e mezz' addormentati, pur di tornare in Ticino anche solo per un giorno!
Muraglioni di neve all' apertura. Quattro, cinque metri di muraglia, perigliosi appena si alzava di qualche grado la temperatura perché ti rovinavano addosso senza avvertimenti.
Raro, a parte in piena notte (...anche se...), ch' io non mi fermassi sul passo o in un suo qualche tornante, per farmi una camminata.
Di mezzo' oretta, come di infinite ore.
Rimanendo in Svizzera o attraversando, tutta emozionata!, la frontiera con l' Italia.
Oggi non lavoro più in terre francofone, ma come da antica tradizione lascio l' auto rossa sul vasto parcheggio del passo e punto naso e scarponi in direzione dell' affascinante aguzza punta di nome Chilchhorn.
Lascio rumori, puzze di benzina e patatine fritte, vociare in cento diversi idiomi, bambini che frignano, genitori e nonni schizzati, moto, enormi auto che sarebbero l' ideale nel deserto o l' infinita Siberia, ma qui...
...Insomma un umanità, badate bene, che non disprezzo affatto, che piuttosto mi diverte; sopratutto, dalla quale cerco di rimanere lontana.
Ci sarò salita dieci volte, lassù sul Chilchhorn!
(Già pronunciarne il nome è un impresa!...ma non per una cantante dal tedesco fluido...)
Difatti, il dislivello è minimo, il sentiero "rende" e da lassù è più bello il Mondo.
Si è immersi nel silenzio, la solitudine, la bellezza, la grazia.
Ci sarò salita dieci volte lassù sul Chilchhorn, tranquilli! ma senza toccarne mai la cima!
Gli ultimi dieci metri sono pura arrampicata, col solo vuoto ad abbracciare l' intimorita cinciallegra...
Tranquilli! non sono arrivata in cima!
Non mi dice nulla di buono il pesante asse lungo un paio di metri piazzato proprio alla base della crestina finale: preferirei di gran lunga tastare la roccia con le mani e scegliere dove posare i piedi.
Niente da fare, l' asse non si muove di un millimetro quando provo a toglierlo...
Torno sui miei passi e tranquilla vado ad accarezzare la ruvida roccia della cima nord.
Poi seguo la lunga cresta che sale sino al Pizzo Gallina, costellata di ometti, e facilitata da un paio di stupende scalinate costruite dall' uomo.
Arrivata a una sella punto al laghetto Q.2566, laggiù, di un azzurro radioso.
Non ci sono ometti sul lato ticinese, si scende a naso, attraversando numerosi nevai.
Lunghissima sarà la discesa, invero un continuo su e giù tra ganne instabili: mani sempre a cercare appigli e equilibrio, piedi attenti a tastare il repentino muoversi su nere voragini spesso invisibili.
Gorgogliano acque, là in fondo...
Girano le lancette: già so che sarò molto in ritardo dall' amica a Ginevra, amica e cena dovranno aspettarmi lungamente!
Non potevo sapere di questo mare infinito di ganne...
Mi godo appieno questo nuotare nel mare di ganne, ammiro le diverse qualità delle rocce, i ricami, i disegni su di esse, le bellissime fratture fatte dal gelo invernale.
Un ultima onda di ganne ed ecco i meandri della strada del passo!
Quasi arrivata sull' asfalto, la sorpresa di una scena meravigliosa: un piccolino di stambecco che sotto gli occhi della mamma, in mezzo a fratelli e sorelle magari più grandicelli tenta scalate e disarrampicate scivolando più volte, senza farsi male.
La mamma emette versi strani, quasi voce umana.
C' è poi da risalire un chilometro d' asfalto, con auto e moto che sfrecciano veloci e rumorose.
E assisto a un altra scena meravigliosa: uno stambecco adulto tenta di attraversare la strada.
Lo sgrido! lo supplico di non farlo, se vuol salva la vita.
Al terzo tentativo, si lancia, impavido testardo!
Cerco di far rallentare una potente moto che arriva roboante.
Lo stambecco ce l' ha fatta senza danni e fugge veloce in direzione della sorgente del fiume Ticino!
Girano, girano veloci le lancette: eppure mi fermerò ancora un oretta, stupendo incontro! a chiacchierare con due ciclisti in maglia gialla che attraversano le alpi.
Amica e cena dovranno aspettarmi lungamente...
ANTEFATTO:
Lei è italiana.
Si chiama Beatrice Rana.
E' una meravigliosa musicista.
Non trovo aggettivi nuovi per descrivere il suo talento raro.
E' una giovane pianista.
Possiede capacità di concentrazione, di creatività artistiche fuori dal comune, un immensa gamma di suoni, di respiro musicale.
Ha una verità interiore, una profondità che esplodono sotto le sue dita già dalla prima nota suonata.
La danza delle sue dita, solo dieci! come noi tutti! è come un esplosione di fuochi d' artificio, sono fiamme! le sue dita! fiamme di tutti colori! a porgerci grande musica! fiamme! il suo concerto di Cjaikovskij! fiamme! quello di Prokofjev! fiamme! le sue Goldberg-Variazioni!
Sono andata a Ginevra apposta per sentirla suonare.
Questa giovane ragazza è un miracolo.
Si chiama Beatrice Rana.
Tourengänger:
micaela

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