Gamma 1, la fabbrica dei super poteri
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Solo ragni e astronauti camminano sulle pareti, gli altri arrampicano.
Tuttavia in alcuni casi la realtà dilata i suoi confini fino a modificare le sue stesse leggi, compresa quella di gravità. Ognuno di noi ha pensieri sospesi, di quelli che si intricano come un gomitolo tra le zampe di un gatto. E' sempre più difficile nella vita moderna trovare un momento per meditare e riordinarli, ovviamente partendo dal presupposto che se ne senta il bisogno. Non è detto che il luogo migliore per questa pratica sia una stanza silenziosa seduti su di un comodo cuscino inalando il profumo di una candeletta di incenso fumante.Trovo che anche nella salita di una via ferrata ci siano momenti adatti a questa attività psichica.
Il vero catalizzatore di questa pulizia cerebrale risiede nella concentrazione, condizione indispensabile per la progressione sulle verticalità di queste vie che portano sulle cime. La montagna ci viene ancora una volta in aiuto. Mentre su un sentiero si può camminare in modo spensierato, anche se mai distratto, sulle vie ferrate la nostra mente deve essere sempre attenta e pronta; per non sbagliare una sequenza di assicurazione con i moschettoni, trovare l'appiglio migliore per mani e piedi o nell'importante dosaggio delle forze.
Allora perché non approfittare di questo stato di abbondanza adrenalinica per non esplorare noi stessi?
Il pensiero puro, per realizzarsi nella sua completezza, deve uscire dal nostro intimo. Solo la liberazione dell'idea la rende concreta e assimilabile. Decifrare il linguaggio della roccia seguendo la nostra via costituisce un valido presupposto perché ciò accada.
Attaccato a una scala sospesa nel vuoto con l'odore del ferro zincato che sale nelle narici o appiattito come un lichene sul fianco della montagna. In questi momenti di delicato equilibrio la mia mente ha vagato veramente libera. Nelle condizioni precarie, come in parete, il flusso dei pensieri è così intenso che può radiografarci l'anima. Alle spalle il lago, presenza costante con le sue sponde brulicanti di vita. Sulle rive la città con il suo carico di rumore, asfalto e competizione testosteronica. Una vera e propria fiera degli eccessi. Nell'arrampicata invece conta l'essenzialità. Nello zaino trova posto solo ciò che è realmente utile, una sintesi degli orpelli fisici e non che ci portiamo dietro ogni volta che usciamo dalle nostre case.
Il viaggio mentale, oltre alla leggerezza, ha il grande privilegio della velocità. Il pensiero è un impulso che viaggia lungo le fibre nervose del corpo alla velocità massima di circa 248 km/h.
Ma questi sono dati utili solo a sofisti o ad ingegneri pignoli. Anche se è un'attività elettrica, quindi soggetta alla legge dell'elettromagnetismo, il pensiero è principalmente capacità di astrazione, creazione di collegamenti e associazioni di immagini a loro implicazioni concrete. In questo il nostro cervello è certamente superiore alla stessa velocità della luce, perché sa creare e distruggere mondi interi o galassie in un nanosecondo.
Un passo dopo l'altro, ha un unico ordine oggi: salire.
Una trazione laterale alternata a una frontale, la punta dello scarpone a guadagnare ogni gradino naturale, le dita tese ad esplorare ogni più piccola fessura nella parete. Nella salita su roccia ogni gesto deve essere funzionale prima che estetico. Tuttavia se eseguito da chi ha sicurezza ed esperienza assomiglia ad una danza antica, ricca di sinuose movenze.
Negli intervalli, tra una battuta e l'altra con i compagni di ascensione, ho trovato naturale spingere la mente in luoghi lontanissimi e subito ritornare a pochi centimetri dai miei occhi. Domandarmi ad esempio con quante difficoltà uomini con grandi capacità hanno innestato queste catene, che ora mi regalano la possibilità di salire dove senza di esse non riuscirei. Oppure facendo un salto oceanico, chiedermi come due uomini senza capacità apparenti, tranne quella di avere capigliature improbabili, siano presidenti di nazioni al comando di potenze nucleari.
Qualcuno mi chiama, il genio del viaggio mi riporta istantaneamente attaccato alla parete.
La prima metà della ferrata è stata percorsa in un sostanziale silenzio, adeguato sottofondo per la riflessione. Nel secondo tratto della Gamma 1 le sperimentazioni sociali si sono ramificate e godo di capacità che non avrei in condizioni normali. Una sorta di super potere mi ha lasciato cogliere una forma di realtà amplificata, come mi avesse morso un ragno radioattivo o qualcosa di simile. Ho capito che è possibile salire in braille, solo con il tatto. Intuizione rivelata dalla simpatica compagna di ferrata che mi precedeva, impeccabile nel descrivere con tono chiarissimo e millimetrica precisione ogni suo movimento sulla parete. Talmente convincente che in alcuni momenti sono stato tentato di salire ad occhi chiusi.
Le facoltà straordinarie derivate dalla concentrazione non coprono però tutte le difficoltà della via ferrata. Mi accorgo con molta sorpresa che le climbers di sesso femminile sono particolarmente preoccupate dall'attraversamento di un ponte tibetano.
Possibile? E dire che entrano con scioltezza in quei luoghi del dolore che prendono il nome di "Centro estetico", dove è risaputo che avvengano torture inenarrabili.
"Si arrampica con lo scheletro e con la testa, non con le braccia", diceva il mio istruttore tanti anni fa. Grazie ai nuovi poteri della concentrazione ci sono riuscito bene stavolta, nonostante gli oltre ottanta chilogrammi di zavorra che devo sollevare. Siamo sotto la croce di vetta, il giro di pacche sulle spalle di congratulazione con i compagni di salita resta sempre uno dei momenti più belli. La solita euforia dopo l'arrivo è alimentata da una imprevista prelibatezza. Scopro che la grappa al prugnolo è buonissima, credo che potrei diventarne dipendente. Non c'è un bar sulla cima, mi è stata offerta da un compagno di ferrata dall'aria un po' inglese, che fumava elegantemente la pipa sotto la croce di vetta. Inizio già a creare il sogno della prossima giornata in montagna, la salita è una fabbrica di super poteri. Non so descrivere questo istante. Perché cercare di ridurre in parole i sogni è come tagliare la pizza con la motosega. Possibile, ma senza ottimi risultati.
soundtrack: Gabor Szabo "Dreams"
https://www.youtube.com/watch?v=gr0XWmEbiMQ

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