La Corvegia
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Percorrendo le strade che scorrono sulle due rive dell'alto bacino del Lago di Como non si può evitare di notare una serie di costoni prativi che convergono sulle cime che dominano quest'area; fra le più evidenti - alle spalle di Domàso, Gera Lario e Sòrico, le due costolature che confluiscono nella vetta della Corvegia, sorta di anticima del Sasso Canale (ben noto fino a poco tempo addietro per la presenza di ingombranti pannelli di ripetizione, ora smantellati). Al di fuori dalla fascia boscosa, questi rilievi presentano uniformi estensioni a pascolo che, gradualmente, vengono sostituite da colate di pietrame minuto fino alle cuspidi di rocce fratturate. Pochi i percorsi segnalati e tantissime le tracce di animali che si intersecano lungo questi versanti: gli alpeggi non raggiungibili con mezzi a motore sono abbandonati da decenni e nessuno mantiene più in efficienza tragitti ormai obsoleti.
Dalla chiesetta di S.Bartolomeo, trascurando il lungo giro nel bosco della pista forestale, si sale subito con una diagonale sinistra il sentierino che porta ad una radura con villette sparse; rientrati nella pineta, si raggiunge in breve la pista forestale abbandonata all'inizio. La si segue verso sinistra in salita costante [è possibile seguire una sassosa scorciatoia che procede per la linea di massima pendenza] e, oltrepassata una baita isolata, si va a sbucare sugli ampi spazi alla base della Bocchetta Chiaro: sulla destra il nucleo di Pescedo e a sinistra l'Alpe di Mezzo. Si procede verso quest'ultima e, tramite una gradinata fra le abitazioni, si sale ad una piccola cappella votiva. Abbandonati sulla destra il sentiero e i segnali dell'Alta Via del Lario, si continua a seguire la pista pianeggiante che dà accesso all'Alpe Gigiai: i pascoli di pertinenza sono limitati da una scenografica ed infinita muraglia che sale fino al culmine del crinale (il "Terminone"). Il pendio a monte delle cascine dell'alpe è solcato da una traccia trasversale ascendente, ormai quasi totalmente inerbata: seguendola si raggiunge il vertice del costone che sale dal ripiano dell'Alpe Zocca. Qui si trovano tracce di passaggio che, sul pendio a tratti molto ripido, cercano il percorso più agevole nella salita; in breve il già stentato pascolo lascia spazio ad un'infinita - e spesso instabile - estensione di pietre. Il crestone si assottiglia, con passaggi sempre agevoli, in tre successive "anticime": un ultimo sassoso pendio termina nel piazzaletto di vetta, caratterizzato da un paio di piccoli cumuli di pietre.
Naturalmente la discesa può essere effettuata per intero lungo il percorso di andata, ma è possibile accorciare i tempi e movimentare un poco il ritorno seguendo - per un tratto - una diversa direzione.
Scendendo dalla cima si possono notare sulla sinistra due canaloni: il primo è sconsigliabile per la presenza, a metà sviluppo, di un salto di rocce troppo instabili; il secondo, molto vasto e più uniforme nel suo pendio, è percorribile con attenzione. La presenza di pietrame minuto consente lunghi passi scivolati che permettono una rapidissima perdita di quota: al termine si confluisce in uno stretto canale-torrente (pericoloso, tutto è fortemente instabile) che quindi, finalmente, si allarga nei vasti pascoli dell'Alpe Gigiai. Qui si riprende il percorso di andata e lo si segue fino al parcheggio.
Dalla chiesetta di S.Bartolomeo, trascurando il lungo giro nel bosco della pista forestale, si sale subito con una diagonale sinistra il sentierino che porta ad una radura con villette sparse; rientrati nella pineta, si raggiunge in breve la pista forestale abbandonata all'inizio. La si segue verso sinistra in salita costante [è possibile seguire una sassosa scorciatoia che procede per la linea di massima pendenza] e, oltrepassata una baita isolata, si va a sbucare sugli ampi spazi alla base della Bocchetta Chiaro: sulla destra il nucleo di Pescedo e a sinistra l'Alpe di Mezzo. Si procede verso quest'ultima e, tramite una gradinata fra le abitazioni, si sale ad una piccola cappella votiva. Abbandonati sulla destra il sentiero e i segnali dell'Alta Via del Lario, si continua a seguire la pista pianeggiante che dà accesso all'Alpe Gigiai: i pascoli di pertinenza sono limitati da una scenografica ed infinita muraglia che sale fino al culmine del crinale (il "Terminone"). Il pendio a monte delle cascine dell'alpe è solcato da una traccia trasversale ascendente, ormai quasi totalmente inerbata: seguendola si raggiunge il vertice del costone che sale dal ripiano dell'Alpe Zocca. Qui si trovano tracce di passaggio che, sul pendio a tratti molto ripido, cercano il percorso più agevole nella salita; in breve il già stentato pascolo lascia spazio ad un'infinita - e spesso instabile - estensione di pietre. Il crestone si assottiglia, con passaggi sempre agevoli, in tre successive "anticime": un ultimo sassoso pendio termina nel piazzaletto di vetta, caratterizzato da un paio di piccoli cumuli di pietre.
Naturalmente la discesa può essere effettuata per intero lungo il percorso di andata, ma è possibile accorciare i tempi e movimentare un poco il ritorno seguendo - per un tratto - una diversa direzione.
Scendendo dalla cima si possono notare sulla sinistra due canaloni: il primo è sconsigliabile per la presenza, a metà sviluppo, di un salto di rocce troppo instabili; il secondo, molto vasto e più uniforme nel suo pendio, è percorribile con attenzione. La presenza di pietrame minuto consente lunghi passi scivolati che permettono una rapidissima perdita di quota: al termine si confluisce in uno stretto canale-torrente (pericoloso, tutto è fortemente instabile) che quindi, finalmente, si allarga nei vasti pascoli dell'Alpe Gigiai. Qui si riprende il percorso di andata e lo si segue fino al parcheggio.
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