Cima delle Cicogne (2201 m) (e 2207m) - SKT
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The loneliness of the long distance tracker
Nessuna traccia. Siamo a fine gennaio e nessuno si è preso la briga di salire verso quel paradiso. Forse “non fa abbastanza skialper” partire da Carena? O è il tratto con poca pendenza all’Alpe di Gesero che scoraggia gli amanti del D+? O magari perché mancano i canali? O per lo sviluppo abbastanza cospicuo? E dire che stavolta non c’è stato nemmeno portage… cioè, forse 100 metri all’inizio, giusto per uscire dal paese, poi basta. In discesa, nemmeno quelli: sci ai piedi fino alle case. Ah, ma forse ci si aspetta che qualcuno si sobbarchi il tracking? …ebbene, da oggi la traccia c’è…!!!
La cresta
Dopo un bosco abbastanza “ravanage” e una breve pascolata a sinistra dell’Alpe Croveggia, mi tuffo in un ambiente da favola: i pendii compresi tra l’Alpe Pisciarotondo e l’Alpe di Gesero sono magici. La solitudine ne amplifica l’effetto. Per non dover perdere quota e anche perché, sulla carta, la cresta a Sud della Capanna Gesero sembra facilmente percorribile, decido di intraprenderla. La cosa non è del tutto semplice con tutta questa neve. In un passaggio devo addirittura togliere gli sci, perché i panettoni corniciosi e farinosi non si fanno superare con i legni ai piedi. Oltre ai vari saliscendi, la cresta dal P.1875 fino al P.2045 (sopra Biscia) si caratterizza per la grande ripidità di entrambi i versanti sottostanti: quello a Nord, verso la Capanna Gesero, è roccioso e presenta salti; l’altro, verso Sud, è solo molto ripido ma anche soggetto a valanghe (come l’occhio odierno nota). Affaticato da questa progressione a singhiozzo, e sferzato dal vento, giungo al traliccio dell’alta tensione (~2030 m) dove la cresta termina e comincia la salita alla rampa terminale della Cima delle Cicogne.
La rampa finale
Trattandosi di rampa, metto i rampanti. Forse non servono, ma 200 metri di dislivello in tal guisa non mi causeranno alcun danno. La guida del CAS qualifica questa salita come AD-. Io naturalmente mi adeguo, ma c’è un solo punto in cui faccio davvero fatica ad effettuare l’inversione. Per la verità salgo molto più a destra di quanto dica la guida. Se mi fossi spostato sulla sinistra, sarebbe stato più facile, come la discesa confermerà. Però preferisco non tagliare il pendio, per cui salgo sempre lungo la dorsale, allineato al filo spinato. Se di là si parla di 34° - 36°, di qui si tratterà almeno di 36° - 38°. Al massimo potevo togliere gli sci, ma alla fine non è stato necessario. In breve raggiungo la costruzione di vetta con il suo corredo “parabolico”. Non sarà molto bello trovare simili cose sulle vette delle montagne, però poi ci fa comodo stare “sempre-connessi”… Faccio per andare a raggiungere la vicina cima principale (avevo già aggirato la casupola dell’AET e stavo scavalcando la transenna a SW) ma poi mi ricordo delle parole del Gabuzzi: “tramite una scaletta si può salire sul tetto piatto dello stabile così da rendere questa cima più alta di quella principale quotata 2206”. Salgo sulla scaletta ed eccomi sul punto più alto della Cima delle Cicogne. Nonostante il manufatto umano e la vicina costruzione sul Corno di Gesero, il paesaggio di cui si gode è selvaggio e solitario. La dorsale Nord della Cima di Cugn ricorda addirittura il Basodino…
Scendo sulla terrazza in legno alla base della casupola e cambio assetto. Poi giù.
La discesa
La discesa dalla vetta al traliccio, prima su polvere, poi su crosta portante, e sempre su buone pendenze, è molto godibile. Per non dover ripellare (scelta contraddetta poi dalla realtà dei fatti) evito di scendere alla Capanna Gesero e ripercorro la cresta di cui sopra. Naturalmente ora, senza pelli e senza dovermi preoccupare dei salti di neve, è più facile, anche se naturalmente, qualche breve risalita a scaletta non me la toglie nessuno. Dalla fine della cresta (P.1875) al successivo punto di minima (P. 1745) (dove tra l’altro mi ricordo di avere anche una birretta…) è polvere pura! Sono così elettrizzato da queste condizioni che piego a SW per continuare la discesa ancora per un centinaio di metri, tanto l’Alpe Croveggia, passaggio obbligato, è ancora più bassa di altri 100 metri. Sì, peccato però che in mezzo ci siano passaggi rocciosi; per cui, prima a scaletta, poi ripellando, recupero il dislivello perso, aggiro le rocce, e riguadagno, dopo un cinquantina di m/disl., la traccia mattutina. Arrivo così sul dossetto presso l’A. Croveggia e successivamente scendo sotto i pali dell’elettricità, che aprono una lingua bianca nel bosco. Qui si tratta di un magnifico sulz rimollato, una favola. Per un breve tratto (dove i fili elettrici superano una gola boscosa) devo seguire lo stretto sentiero. Poi nuovamente in picchiata su Carena sotto le linee elettriche. L’ultimo pendio sul prato prima delle case è addirittura superlativo. Eccomi così all’auto con una fantastica giornata di montagna negli occhi. Grazie Cicogne!
Soundtrack:
Iron Maiden - The loneliness of the long distance runner
http://www.youtube.com/watch?v=N_U7G25pr8g
Tempi (soggettivi e indicativi): salita 5 h – discesa 2 h

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