Scaglia di Corno (2640 m) - SKT
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Chi dalla Val Bedretto sia salito almeno una volta verso il Passo della Novena, immagino non possa aver evitato di notare, sulla sinistra, quelle rocce verticali, “scaglie” per l’appunto, simili alla cresta di un dinosauro, che fronteggiano il Pizzo Gallina e anticipano di pochissimo la Nufenenstock.
Con la spontaneità di chi non ha letto la guida (infatti scoprirò a posteriori che la guida scialpinistica del CAS nemmeno la nomina, questa montagna) ho intrapreso questa salita: ma la visuale dal basso non consente di apprezzarne fino in fondo la complessità, cosa che poi la prova dei fatti ha evidenziato. Così, per chi voglia andarci con gli sci, essendo la guida muta al riguardo, potrà fare riferimento a quanto espresso qui, almeno per quanto riguarda la scala di difficoltà. Per dare un’idea diciamo che nella parte alta del pendio non ci si discosta di molto – limitatamente alla pendenza – dal tratto Corno Orientale di Nefelgiù-Bocchetta del Gallo, oppure anche dalla zona sommitale della Punta della Sabbia. Più o meno 42°-43° (nella zona percorsa a piedi) e forse qualcosa in più verso sinistra, dove sono sceso con gli sci. Difficoltà di tipo AD, dunque, con punte massime di AD+. Qualora qualcuno volesse andarci e trovasse difformità, sarò pronto eventualmente a rettificare…
Fino alla Capanna Corno-Gries non ci sono novità rispetto alla gita a Mändeli di quasi 2 anni fa (marzo 2012). La zona attualmente non riceve un solo raggio di sole, quindi bisogna essere attrezzati contro il freddo. Dalla Capanna proseguo in direzione “Passo del Corno”, ma stavolta resto il più possibile a destra, in modo da sfruttare il primo pertugio per salire. Infatti, inizialmente, fasce rocciose impediscono la salita diretta, mentre ad un certo punto il pendio “si apre” e permette l’incedere.
Dopo un semplice tratto iniziale, la neve a tratti dura e ventata mi impone i rampanti; in questo modo posso continuare la salita con maggiore sicurezza. Continuo fino a dove le inversioni diventano problematiche. Intanto un branco di camosci sopra di me mi incuriosisce: non ne ho mai visti in questa stagione a queste quote (~ 2500 m): forse provengono dalla vicina Punta dei Camosci???
Frattanto decido che nemmeno più i rampanti mi danno garanzia: il pendio è troppo ripido, quindi, dopo alcuni metri senza sci e solo con gli scarponi, mi decido a dotarmi di ramponi. Fin dall’inizio avevo scelto di rimanere sulla sinistra, confidando sul fatto che, pur con il ferro sotto i piedi, avrei potuto salire senza difficoltà anche sul “misto” erba-roccia. Invece, sulla neve la progressione è buona (ancorché lenta, assecondando i miei ritmi “naturali”), mentre sull’erba è molto difficoltosa: mancano gli appigli e la piccozza aiuta solo in minima parte. Gli sci li carico sullo zaino perché spero poi di poter discendere il pendio in questo modo: mal che vada li terrò sulle spalle…
Abbandonata l’idea di giungere in cresta superando il misto “erba-rocce”, mi tocca sorbirmi quel che più di tutto avrei preferito evitare: un lungo traverso sul ripido (42°-43°) per arrivare in cresta sul punto di minima vicino alle Scaglie.
La neve tiene bene, salvo in qualche tratto in cui è molto dura e bisogna procedere sì lateralmente ma come se si salisse in verticale (spero si sarà capito il movimento…). Per superare alcune evidenze rocciose salgo ancora un po’ nell’ultimo tratto; così arrivo in cresta un po’ più in alto del punto di minima, dalla parte della Nufenenstock. Scendo e alla bocchetta deposito lo zaino con gli sci e tutto quanto. Conservo solo la piccozza e in questa guisa passo il canalino che porta “dentro le scaglie”. Infatti anche alla mia sinistra c’è qualche dente, anche se la maggioranza si trova sulla destra. Individuo il dente più alto e ne raggiungo la base su neve. Ora è necessario arrampicare, ma con scarponi da sci e ramponi non è il massimo (una corda potrebbe venir utile, ma ormai ho già dato fondo a tutto l’armamentario del “buon skialper”). Salgo comunque ed in corrispondenza del dente più alto, alla mia destra, noto che anche a sinistra la quota è identica. Per non fare torto a nessuno, mi infilo in mezzo, un paio di metri sotto il punto più alto. La Scaglia è comunque addomesticata, e sotto di me si erge un muro verticale a picco sulla Val Corno e sulla Capanna Corno Gries. Dopo un breve lasso di tempo dedicato alla contemplazione, discendo la zona rocciosa un po’ più agevolmente sulla sinistra (comunque ancora alcuni passi di II°) ed in breve riguadagno il colletto.
Effettuo tutte le operazioni del caso (togliere i ramponi, togliere la pelli, preparare l’assetto da discesa – i rampanti li avevo già riposti precedentemente) e mi preparo alla discesa.
La neve, specialmente all’inizio è un po’ ventata e un po’ crostosa, ed il pendio è abbastanza ripido per i miei parametri (43°-45°). Comunque passo, e più sotto trovo anche della polvere in corrispondenza di una leggera diminuita pendenza. Più in basso diventa tutto più godibile e, superata la Capanna dopo alcuni passi in salita a scaletta, mi infilo nel canalino (quello che porta direttamente all’Alpe di Cruina) e lo percorro tutto assai piacevolmente: la neve dura lo rende simile ad un half-pipe, e le curve si moltiplicano senza soluzione di continuità. Raggiunta la strada del Passo, la percorro tutta con buon scivolamento (differentemente da come mi era capitato in passato in stagione più inoltrata e ad altre temperature): per una frazione di secondo non faccio in tempo a riconoscere il gruppetto capitanato da brown, ma poi facendo mente locale capisco di averli lasciati alle spalle con solo un misero saluto al volo: ci saranno altre occasioni, spero!
All’auto è tutto in ombra, ma ho il sole nel cuore: una montagna così affascinante mi ha concesso accesso, e io ringrazio: Scaglia di Corno, grazie!

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