Cima Tuss (1735 m)
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Le previsioni meteo non sono un granché, ma dato che la pioggia degli ultimi giorni qui ha spazzato via la neve fino ai 1700 m circa e per i prossimi giorni sono attese nuove precipitazioni con neve in abbassamento fino ai 1000 m, colgo l’occasione per andare a visitare una cima della Valgrande spesso trascurata, perché considerata a torto la sorella minore della più nota Cima Sasso. La giornata appare grigia ma asciutta, anche se il terreno è impregnato dell’acqua caduta nei giorni precedenti. Il miglioramento atteso per il pomeriggio poi si paleserà solo molto parzialmente, ma il cielo plumbeo va bene comunque: siamo a novembre, meglio adesso che d’estate… La meta è la Cima Tuss, bel balcone sulle gole del Rio Valgrande (e anche sul Pedum, che però rimarrà nascosto dalla nebbia per tutto il giorno, nonché sulla Ovest della C.Sasso, visibile parzialmente, sempre a causa delle nuvole posizionate attorno ai 1800 m).
Parto da Cicogna seguendo le indicazioni per la Casa dell’Alpino e percorro la via classica che porta alla Cima Sasso, passando quindi dall’Alpe Prà, dal citato Alpino, oltrepassando poi Leciuri e la Colma di Belmello (1589 m). Nei pressi dei primi affioramenti rocciosi alla base dell’erta finale per la Cima Sasso abbandono il sentiero e mi sposto a sinistra cercando di inventarmi una via possibile in mezzo a roccette, pietraie e canaloni. Anticipo subito che non è questa la via corretta, e difatti, prendendo alcuni rischi che si riveleranno inutili, mi ritrovo a picco sopra un salto di roccia di qualche decina di metri che appartiene già ai primi contrafforti della parete Ovest della Cima Sasso. Per arrivare fin qui ho dovuto superare dei passaggi difficili (T5) con in più l’aggravante del terreno viscido, in particolare i pietroni e la roccia. Dico così perché invece l’erba bagnata, tutto sommato, ha agevolato il percorso: sarebbe stato peggio trovarla sotto forma di paglia, cotta e ricotta dal sole, come è tipico dei pendii rivolti a sud. Torno allora sui miei passi e mi infilo in un canalino detritico che pare consentire la perdita di quota indispensabile per trovare una via decente. E così, scendendo, mi imbatto in un primo ometto di pietra, seguito poi da un secondo e da un terzo… Ecco, la via corretta era un bel po’ più in basso. Arrivo così alla Gola Tuss, situata sotto le pareti verticali della Ovest della C.Sasso e da qui, con percorso evidente, raggiungo in breve la vetta della Tuss. Le nuvole sono appena sopra di me, ma almeno rimane libera la visuale sulla Riserva Integrale. Che emozione, si vede l’Arca! Il luogo mitico della Valgrande è ai miei piedi: non importa se il Pedum e tutte le altre vette valgrandine rimangono avvolte dalla nebbia, l’arcana ancestralità della natura (pressoché) vergine è un’emozione unica. La pausa pranzo sono costretto a farla in piedi, visto che attorno è tutto bagnaticcio e freddo. Si alza (in questo caso si abbassa) la nebbia e rimango con la visuale dei pochi metri della cima su cui staziono e nient’altro. Mi incammino lentamente sulla via del ritorno, con la visibilità in progressivo miglioramento: gli ometti che prima mi avevano aiutato sono sempre lì, ma non per molto (questo mi fa pensare che chi li ha messi ha forse commesso il mio stesso errore …o si è stancato di segnalare la via corretta...). Comunque so dove devo arrivare: alla sella erbosa sul cui lato est passa il sentiero che porta alla C.Sasso. Procedo su ripidi pascoli e pietraie scoscese finché mi ritrovo una trentina di metri sotto il sentiero ufficiale, che raggiungo tra rododendri e ciuffi d’erba. Spunta per un breve attimo a est la cima della Zeda e un’occhiata di sole; ma in un men che non si dica si volatilizzano entrambe. Ormai il tratto difficile è alle spalle, non mi resta che seguire il sentiero e ritornare a Cicogna. Una breve pausa all’Alpe Prà dove dall’alto riconosco il famoso masso con le coppelle, e poi giù per l’ottimo sentiero lastricato fino alla piazzetta di Cicogna dove fa bella mostra di sé la gigantografia dell’uomo-albero, stemma inconfondibile del Parco Nazionale ValGrande.
Dettaglio tempistica: andata (comprensiva di errata digressione) 3h 30’ – ritorno 2h 45’
Parto da Cicogna seguendo le indicazioni per la Casa dell’Alpino e percorro la via classica che porta alla Cima Sasso, passando quindi dall’Alpe Prà, dal citato Alpino, oltrepassando poi Leciuri e la Colma di Belmello (1589 m). Nei pressi dei primi affioramenti rocciosi alla base dell’erta finale per la Cima Sasso abbandono il sentiero e mi sposto a sinistra cercando di inventarmi una via possibile in mezzo a roccette, pietraie e canaloni. Anticipo subito che non è questa la via corretta, e difatti, prendendo alcuni rischi che si riveleranno inutili, mi ritrovo a picco sopra un salto di roccia di qualche decina di metri che appartiene già ai primi contrafforti della parete Ovest della Cima Sasso. Per arrivare fin qui ho dovuto superare dei passaggi difficili (T5) con in più l’aggravante del terreno viscido, in particolare i pietroni e la roccia. Dico così perché invece l’erba bagnata, tutto sommato, ha agevolato il percorso: sarebbe stato peggio trovarla sotto forma di paglia, cotta e ricotta dal sole, come è tipico dei pendii rivolti a sud. Torno allora sui miei passi e mi infilo in un canalino detritico che pare consentire la perdita di quota indispensabile per trovare una via decente. E così, scendendo, mi imbatto in un primo ometto di pietra, seguito poi da un secondo e da un terzo… Ecco, la via corretta era un bel po’ più in basso. Arrivo così alla Gola Tuss, situata sotto le pareti verticali della Ovest della C.Sasso e da qui, con percorso evidente, raggiungo in breve la vetta della Tuss. Le nuvole sono appena sopra di me, ma almeno rimane libera la visuale sulla Riserva Integrale. Che emozione, si vede l’Arca! Il luogo mitico della Valgrande è ai miei piedi: non importa se il Pedum e tutte le altre vette valgrandine rimangono avvolte dalla nebbia, l’arcana ancestralità della natura (pressoché) vergine è un’emozione unica. La pausa pranzo sono costretto a farla in piedi, visto che attorno è tutto bagnaticcio e freddo. Si alza (in questo caso si abbassa) la nebbia e rimango con la visuale dei pochi metri della cima su cui staziono e nient’altro. Mi incammino lentamente sulla via del ritorno, con la visibilità in progressivo miglioramento: gli ometti che prima mi avevano aiutato sono sempre lì, ma non per molto (questo mi fa pensare che chi li ha messi ha forse commesso il mio stesso errore …o si è stancato di segnalare la via corretta...). Comunque so dove devo arrivare: alla sella erbosa sul cui lato est passa il sentiero che porta alla C.Sasso. Procedo su ripidi pascoli e pietraie scoscese finché mi ritrovo una trentina di metri sotto il sentiero ufficiale, che raggiungo tra rododendri e ciuffi d’erba. Spunta per un breve attimo a est la cima della Zeda e un’occhiata di sole; ma in un men che non si dica si volatilizzano entrambe. Ormai il tratto difficile è alle spalle, non mi resta che seguire il sentiero e ritornare a Cicogna. Una breve pausa all’Alpe Prà dove dall’alto riconosco il famoso masso con le coppelle, e poi giù per l’ottimo sentiero lastricato fino alla piazzetta di Cicogna dove fa bella mostra di sé la gigantografia dell’uomo-albero, stemma inconfondibile del Parco Nazionale ValGrande.
Dettaglio tempistica: andata (comprensiva di errata digressione) 3h 30’ – ritorno 2h 45’
Tourengänger:
tapio

Communities: Hikr in italiano, Ticino Selvaggio
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