Piano dei Cavalli da Isola
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L'escursione su neve più frequentata in Valle Spluga, sia con gli sci che con le racchette, grazie al fatto che anche con discreto pericolo di valanghe è ragionevolmente sicura per il fatto di svolgersi fra i boschi o attraverso ampi spazi aperti. In condizioni estive l'area è ampiamente intersecata da multiple strade forestali, piste ciclabili e - fortunatamente - anche dai vecchi sentieri d'alpe, ma la neve ricopre praticamente tutto e anche l'esuberante (illegale e pericoloso) passaggio di motoslitte di solo pochi anni fa appare ora encomiabilmente molto ridotto: per cui la traccia (che si trova sempre già battuta) segue percorsi diretti e spesso anche ripidi, ma piuttosto efficaci. Da tutta l'immensa estensione del Piano dei Cavalli si apre un panorama larghissimo su tutte le vette della Valle Spluga e della bassa Valchiavenna, solo a tratti disturbato - se a sfavore di vento - dagli schiamazzi provenienti dagli impianti di risalita di Madesimo-Motta.
Ad un certo punto del Piano noi abbiamo deviato dalle tracce di salita verso il Passo di Barna (poche; quasi tutti si fermano alla fine del primo tratto di salita) e ci siamo diretti verso il Lago Bianco, trovando peraltro gli unici impegni della gita: neve ormai umida e cedevole e sviluppo molto maggiore della linea ideale attraverso una vasta estensione di dossi ed avvallamenti. Quando, pur in assenza di reale pericolo, sul fondo delle conche si sono palesati ripetuti rumori di cedimento dello strato nevoso, ci siamo fermati: al lago - invisibile nella neve - mancavano circa 200 metri lineari, ma poteva essere sufficiente...
Escursione da evitare assolutamente in caso di scarsa visibilità.
Dal parcheggio presso il lago artificiale di Isola ci si addentra nel villaggio e si sale a sinistra fra le abitazioni in direzione delle contrade di monte; di nuovo a sinistra, poco oltre lo Hotel Mangusta e di fronte ad una cappella commemorativa per i caduti in guerra, si stacca l'antica mulattiera per la Val Febbraro, che sale a tornanti al margine di ampi prati. Il tracciato, marcato da paline verdi visibili anche dopo ormai improbabili cospicue nevicate, coincide, almeno in parte, con la vecchia pista da sci servita da un unico skilift, di cui rimangono parecchi tralicci nascosti nel bosco neoformatosi. Lasciata a destra la deviazione per la Val Febbraro, si seguono le scorciatoie della sterrata per Frondaglio, salendo prevalentemente in un suggestivo fitto bosco, che in anni con nevicate più copiose era divertentissimo da scendere con gli sci: ora la traccia, molto battuta, è di neve ghiacciata e l'uso delle racchette da neve è giustificato solo per sfruttarne la ramponatura. Oltrepassate le numerose baite ampiamente sparse sul pendio, la traccia alterna tratti all'aperto e tratti radamente boscosi fino a raggiungere il poco più ripido pendio che precede il Piano dei Cavalli: con una larga curva ascendente sinistra-destra si sbuca sul vastissimo altopiano carsico. Con lievi ondulazioni si accosta il visibile ingresso del Buco del Nido (la più estesa grotta della provincia di Sondio) e si prosegue mantenendola direzione del visibile Passo di Barna; nel punto in cui la traccia accosta il letto di un torrente eroso nel piano, nei pressi di un ponticello in pietrame a secco, si abbandona a sinistra la meta scialpinistica e si prosegue fra collinette ed avvallamenti in direzione della verticale del Monte Bardan: in linea d'aria la distanza non è eccessiva, ma l'esigenza di evitare di solcare qualche pur modesto pendio moltiplica l'estensione del percorso. Prima di aggirare l'ultimo dosso ci fermiamo in corrispondenza di un muretto affiorante dalla neve.
Ritorno per la via di salita, con minime possibilità di rettificare il percorso.
Ad un certo punto del Piano noi abbiamo deviato dalle tracce di salita verso il Passo di Barna (poche; quasi tutti si fermano alla fine del primo tratto di salita) e ci siamo diretti verso il Lago Bianco, trovando peraltro gli unici impegni della gita: neve ormai umida e cedevole e sviluppo molto maggiore della linea ideale attraverso una vasta estensione di dossi ed avvallamenti. Quando, pur in assenza di reale pericolo, sul fondo delle conche si sono palesati ripetuti rumori di cedimento dello strato nevoso, ci siamo fermati: al lago - invisibile nella neve - mancavano circa 200 metri lineari, ma poteva essere sufficiente...
Escursione da evitare assolutamente in caso di scarsa visibilità.
Dal parcheggio presso il lago artificiale di Isola ci si addentra nel villaggio e si sale a sinistra fra le abitazioni in direzione delle contrade di monte; di nuovo a sinistra, poco oltre lo Hotel Mangusta e di fronte ad una cappella commemorativa per i caduti in guerra, si stacca l'antica mulattiera per la Val Febbraro, che sale a tornanti al margine di ampi prati. Il tracciato, marcato da paline verdi visibili anche dopo ormai improbabili cospicue nevicate, coincide, almeno in parte, con la vecchia pista da sci servita da un unico skilift, di cui rimangono parecchi tralicci nascosti nel bosco neoformatosi. Lasciata a destra la deviazione per la Val Febbraro, si seguono le scorciatoie della sterrata per Frondaglio, salendo prevalentemente in un suggestivo fitto bosco, che in anni con nevicate più copiose era divertentissimo da scendere con gli sci: ora la traccia, molto battuta, è di neve ghiacciata e l'uso delle racchette da neve è giustificato solo per sfruttarne la ramponatura. Oltrepassate le numerose baite ampiamente sparse sul pendio, la traccia alterna tratti all'aperto e tratti radamente boscosi fino a raggiungere il poco più ripido pendio che precede il Piano dei Cavalli: con una larga curva ascendente sinistra-destra si sbuca sul vastissimo altopiano carsico. Con lievi ondulazioni si accosta il visibile ingresso del Buco del Nido (la più estesa grotta della provincia di Sondio) e si prosegue mantenendola direzione del visibile Passo di Barna; nel punto in cui la traccia accosta il letto di un torrente eroso nel piano, nei pressi di un ponticello in pietrame a secco, si abbandona a sinistra la meta scialpinistica e si prosegue fra collinette ed avvallamenti in direzione della verticale del Monte Bardan: in linea d'aria la distanza non è eccessiva, ma l'esigenza di evitare di solcare qualche pur modesto pendio moltiplica l'estensione del percorso. Prima di aggirare l'ultimo dosso ci fermiamo in corrispondenza di un muretto affiorante dalla neve.
Ritorno per la via di salita, con minime possibilità di rettificare il percorso.
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