Cima d'Aquila e Piz Cassimoi passando dal sofferente Vadrecc di Sorda
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Ci sono già molte recensioni di questa gita, ma essendo notevolmente cambiate le condizioni del ghiacciaio Vadrecc da Sorda, ho pensato che un aggiornamento male non fa.
Ho già fatto altri 15 "3mila" Ticinesi in passato, di cui 11 in solitaria, e quindi oggi punto a fare il 16esimo e il 17esimo.
Anche stavolta sono in solitaria e alle 06:20 sono all'imbocco del sentiero che partendo dal lago del Luzzone, si dirige nella Val Scarada.
Il mio obiettivo è arrivare alla Sella del Cassinello 2999, prima del sole, in modo da minimizzare i rischi del caldo sul ghiacciaio.
Il sentiero è in perfette condizioni, segno che la manutenzione è stata fatta in tempi recenti. In ogni caso in condizioni decisamente migliori rispetto a come lo avevo trovato 2 anni fa, durante la mia salita al Cassinello.
Alla partenza ci sono 12°C, e quindi dopo pochi minuti nello strappetto iniziale, tolgo il pullover e rimango in maglietta.
La vetta della Cima d'Aquila si vede quasi da subito, e sembra li a portata di mano, ma so benissimo che è solo un'illusione ottica, e che la salita sarà lunga.
Il percorso è logico e ben segnalato, vado con passo lento per godermi la gita e soprattutto perché non ho più la gamba di un tempo. Arrivo in 2 ore al bivio per il rifugio Scaradra. Qui inizia a tirare un vento decisamente fresco, e perciò rimetto il pullover.
Lascio il bellissimo sentiero a quota 2500 e mi dirigo deciso e dritto verso Sud-Sud-Est.
Avevo chiesto informazioni aggiornate sul ghiacciaio su "FacciaLibro", e "Stein Bock" mi aveva detto che i ramponi non erano necessari. Per scrupolo ho messo comunque nello zaino i mini-ramponcini (una brutta avventura del passato mi ha insegnato che sui 3000 è obbligatorio averli sempre nello zaino!), ma ho lasciato ben volentieri il peso della picca e dei ramponi in cantina.
Raggiunta la lingua del Vadrecc, la mia intenzione è chiara: tenere la mia sinistra il più possibile per evitare il ghiacciaio, rimanendo sui sassi, ma non troppo a sinistra per evitare la caduta sassi dalla vicina parete del Cassinello. Durante questa salita ho sentito ben 4 volte il rumore di piccoli distacchi di roccia, ma non sono mai riuscito ad individuarne la provenienza.
All'inizio del vero ghiacciaio vedo che probabilmente non potrò evitarlo fino in cima rimanendo sulla sinistra, e inizio a valutare se non mi conviene andare tutto a destra, evitandolo completamente, per poi salire la Cima d'Aquila frontalmente dal suo versante nord (gradato anche lui F dal Brenna, così come la salita da me pianificata). Dopo un po' di pensieri e riflessioni, decido di rimanere fedele al mio programma, e di provare a salire come pianificato.
La scelta sembra giusta, e la salita effettivamente continua veloce e va meglio delle mie aspettative. Rimanendo sul bordo esterno del ghiacciaio, cammino senza i ramponcini sfruttando il fatto che il ghiaccio è una "melma mista" di ghiaia e sassolini appoggiati sul ghiaccio, che mi dando il giusto grip come se fossi su un normale sentiero.
Arrivato a circa 30 metri dalla fine del ghiacciaio, qui trovo l'unica piccola difficoltà della giornata. Ora il ghiaccio è "pulito e vivo" e non sporcato da sassolini, e davanti a me ho 3 evidenti crepacci da superare.
Ho due scelte:
Pensando che le difficoltà siano finite, faccio l'errore di proseguire a testa bassa senza valutare dove e come sto salendo. Prendo senza guardare un canalino dritto davanti a me (c'erano opzioni sicuramente migliori) per gli ultimi 10 ripidi metri di salita verso la sella quotata 2999m. Qui il terreno è composto da una fangosa ghiaietta, dove nei primi 5…6 metri non danno nessun grip, e frana giù tutto appena carichi il peso. Afferro con un rovescio la base della parete di roccia alla sinistra del canale per stabilizzarmi, e mentre carico il peso sulle gambe per salire mi rimane in mano una grossa scaglia di roccia e quasi perdo l'equilibrio. I piedi sprofondano il quel materiale poco solido e inizio "a correre sul posto" per non cadere indietro verso il ghiacciaio mentre il materiale sotto di me cede continuamente. Dopo qualche passo fatto sul posto, finalmente trovo del grip, e riesco ad arrivare alla sella, dove mi do da solo una grossa botta in testa per l'ingenuità appena effettuata. Ero curioso di guardare dietro di me per capire se una eventuale caduta mi avrebbe portato fino al crepaccio, o se mi sarei fermato prima (il mio istinto dice così), ma decido che a volte è meglio non sapere e non mi volto indietro.
Sono le 10:00 esatte, e quindi inizio la facilissima cresta verso la Cima d'Aquila. Ripenso alla mia amica Debby che era qui con la neve qualche mese fa con un suo amico, e mi aveva descritto delle difficoltà tecniche nella cresta non banali, che io in queste perfette condizioni di asciutto non trovo. Come spesso capita, sono le condizioni della montagna a fare la differenza, più che il teorico grado di difficoltà tecnico della salita.
La salita verso la cima è guidata da degli omini di sasso, che nel tratto finale fanno passare a sinistra della cresta e non proprio sul filo. La salita non è mai esposta, e non è mai difficile.
Alle 10:25 sono sulla Cima d'aquila. Tira un vento gelido e fa proprio freddo! Sensazione decisamente nuova quest'anno, visto che il freddo è da molto tempo che non si vede in Ticino. Il mio termometro portatile dice 6°C, ma la temperatura percepita è decisamente minore.
Rimango sulla vetta solo pochi minuti per via del freddo, scrivo un veloce appunto sul libro di vetta, e riparto verso la vetta del Cassimoi, sperando che sia un po' meno esposta al vento, e che quindi potrò fare pranzo lassù.
Arrivo in vetta al Cassimoi alle 11:00, cioè dopo 4ore e 40min dalla partenza. La mia speranza di far pranzo quassù viene distrutta da delle nuvole che mi coprono il sole e dal vento che è decisamente aumentato. Sto veramente subendo il freddo (il quale avevo apprezzato ci fosse durante la salita per non sudare troppo), e metto addosso tutto quello che ho, compreso il para-orecchi. Rimango li pochissimo, e a malincuore rimando il pranzo di un po'.
Il mio programma di discesa prevede di scendere verso il famoso e omonimo laghetto (famoso per essere il più alto del Ticino) e poi fare i quasi 900 metri di dislivello di sassaia fino a riprendere il sentiero a quota 2180msm (evitando così saggiamente il lato del ghiacciaio al pomeriggio).
Viste le temperature abbandono senza nemmeno pensarci l'idea di farci il bagno nudo, come inizialmente avevo intenzione di fare.
Sempre "Stein Bock" mi aveva detto che scendendo da questo versante avrei trovato degli omini a guidarmi. Effettivamente sopra il lago c'è n'è uno molto grande, ma poi più nulla. Segno che forse sono sceso in una via parallela a quella classica.
La discesa da questa sassaia è interminabile e noiosa. La prima parte è molto ripida, e quindi "divertente" perché molto franosa e richiede molta concentrazione, ma passato il primo pezzo, poi è una noiosa e interminabile discesa. Durante la quale appena cessato il vento, mi fermo a fare pranzo e tolgo pullover e giacca-a-vento.
Scendo con molta calma e passo molto lento, dovuto alla demotivante sassaia, e arrivato circa a quota 2380 trovo un'inaspettata sorpresa. Vedo dei grossi buchi nel terreno, da dove si intravvede della neve. Realizzo che qui dove il terreno da ripido diventa quasi pianeggiante, per via della forma ad imbuto della sassaia appena percorsa, si fermano grossi quantitativi di neve. Questa neve è “invisibile" in quanto ricoperta completamente da molti detriti di sassi, ghiaia e fango. Ma in alcuni punti cede per via dello scioglimento, e si intravvedono questi grossi buchi. Sento li sotto scorrere anche un fiume. Allargo il mio percorso per stare molto alla larga da un qualche improvviso buco che potrebbe aprirsi sotto di me, e alle 13:40 sono a quota 2181 a ricongiungermi con il sentiero.
Scendendo il sentiero che mi riporterà all'auto incontro una ragazza bionda che sale diretta al rifugio (la prima persona che vedo oggi!), e all'alpe Scaradra di Sotto incontro un simpatico signore Mesolcinese con cui scambio una decina di minuti di chiacchiere. Lui era di ritorno dal Cassinello, ed in quel momento stava pranzando, in quanto anche lui ha rinunciato a fare pranzo in vetta per via del freddo.
Con passo molto lento arrivo all'auto alle 14:50 dove finalmente torno ad avere segnale telefonico, (in tutta la Val Scaradra è praticamente assente, il telefono prende solo in cresta) e ricevo una telefonata un po' preoccupata della mia compagna, che era 3 orette che non aveva mie notizie.
Riassumendo:
tempo totale del giro (pause comprese) = 8ore e 30 min; ±1650 metri di dislivello.
Difficoltà F, con unico punto pericoloso ed esposto è il crepaccio terminale del ghiacciaio
La scelta di fare la salita dal ghiacciaio in ombra, e la discesa al sole dalla sassaia, si è rivelata una scelta vincente.
Il ghiacciaio è decisamente in stato di agonia, e ancora uno o 2 anni come questo, e purtroppo credo possiamo quasi toglierlo dalle cartine.
Con queste 2 vette arrivo a quota 318 vette ticinesi salite :-) … il mio progetto è sempre quello di finirle per la pensione.
Prossimo obiettivo la doppietta Piz Valdraus e Piz Gaglianera. Qualcuno vuole farmi compagnia?!?
Nelle foto il giro come era stato pianificato (e poi effettivamente realizzato), la mia lista delle vette, e qualche foto della giornata.
Claudio
Ho già fatto altri 15 "3mila" Ticinesi in passato, di cui 11 in solitaria, e quindi oggi punto a fare il 16esimo e il 17esimo.
Anche stavolta sono in solitaria e alle 06:20 sono all'imbocco del sentiero che partendo dal lago del Luzzone, si dirige nella Val Scarada.
Il mio obiettivo è arrivare alla Sella del Cassinello 2999, prima del sole, in modo da minimizzare i rischi del caldo sul ghiacciaio.
Il sentiero è in perfette condizioni, segno che la manutenzione è stata fatta in tempi recenti. In ogni caso in condizioni decisamente migliori rispetto a come lo avevo trovato 2 anni fa, durante la mia salita al Cassinello.
Alla partenza ci sono 12°C, e quindi dopo pochi minuti nello strappetto iniziale, tolgo il pullover e rimango in maglietta.
La vetta della Cima d'Aquila si vede quasi da subito, e sembra li a portata di mano, ma so benissimo che è solo un'illusione ottica, e che la salita sarà lunga.
Il percorso è logico e ben segnalato, vado con passo lento per godermi la gita e soprattutto perché non ho più la gamba di un tempo. Arrivo in 2 ore al bivio per il rifugio Scaradra. Qui inizia a tirare un vento decisamente fresco, e perciò rimetto il pullover.
Lascio il bellissimo sentiero a quota 2500 e mi dirigo deciso e dritto verso Sud-Sud-Est.
Avevo chiesto informazioni aggiornate sul ghiacciaio su "FacciaLibro", e "Stein Bock" mi aveva detto che i ramponi non erano necessari. Per scrupolo ho messo comunque nello zaino i mini-ramponcini (una brutta avventura del passato mi ha insegnato che sui 3000 è obbligatorio averli sempre nello zaino!), ma ho lasciato ben volentieri il peso della picca e dei ramponi in cantina.
Raggiunta la lingua del Vadrecc, la mia intenzione è chiara: tenere la mia sinistra il più possibile per evitare il ghiacciaio, rimanendo sui sassi, ma non troppo a sinistra per evitare la caduta sassi dalla vicina parete del Cassinello. Durante questa salita ho sentito ben 4 volte il rumore di piccoli distacchi di roccia, ma non sono mai riuscito ad individuarne la provenienza.
All'inizio del vero ghiacciaio vedo che probabilmente non potrò evitarlo fino in cima rimanendo sulla sinistra, e inizio a valutare se non mi conviene andare tutto a destra, evitandolo completamente, per poi salire la Cima d'Aquila frontalmente dal suo versante nord (gradato anche lui F dal Brenna, così come la salita da me pianificata). Dopo un po' di pensieri e riflessioni, decido di rimanere fedele al mio programma, e di provare a salire come pianificato.
La scelta sembra giusta, e la salita effettivamente continua veloce e va meglio delle mie aspettative. Rimanendo sul bordo esterno del ghiacciaio, cammino senza i ramponcini sfruttando il fatto che il ghiaccio è una "melma mista" di ghiaia e sassolini appoggiati sul ghiaccio, che mi dando il giusto grip come se fossi su un normale sentiero.
Arrivato a circa 30 metri dalla fine del ghiacciaio, qui trovo l'unica piccola difficoltà della giornata. Ora il ghiaccio è "pulito e vivo" e non sporcato da sassolini, e davanti a me ho 3 evidenti crepacci da superare.
Ho due scelte:
- una complessa arrampicata di qualche metro sulla sinistra per evitare il ghiacciaio rimanendo sulla parte laterale,
- oppure fare effettivamente i miei primi 30 metri di ghiacciaio di quest'anno.
Pensando che le difficoltà siano finite, faccio l'errore di proseguire a testa bassa senza valutare dove e come sto salendo. Prendo senza guardare un canalino dritto davanti a me (c'erano opzioni sicuramente migliori) per gli ultimi 10 ripidi metri di salita verso la sella quotata 2999m. Qui il terreno è composto da una fangosa ghiaietta, dove nei primi 5…6 metri non danno nessun grip, e frana giù tutto appena carichi il peso. Afferro con un rovescio la base della parete di roccia alla sinistra del canale per stabilizzarmi, e mentre carico il peso sulle gambe per salire mi rimane in mano una grossa scaglia di roccia e quasi perdo l'equilibrio. I piedi sprofondano il quel materiale poco solido e inizio "a correre sul posto" per non cadere indietro verso il ghiacciaio mentre il materiale sotto di me cede continuamente. Dopo qualche passo fatto sul posto, finalmente trovo del grip, e riesco ad arrivare alla sella, dove mi do da solo una grossa botta in testa per l'ingenuità appena effettuata. Ero curioso di guardare dietro di me per capire se una eventuale caduta mi avrebbe portato fino al crepaccio, o se mi sarei fermato prima (il mio istinto dice così), ma decido che a volte è meglio non sapere e non mi volto indietro.
Sono le 10:00 esatte, e quindi inizio la facilissima cresta verso la Cima d'Aquila. Ripenso alla mia amica Debby che era qui con la neve qualche mese fa con un suo amico, e mi aveva descritto delle difficoltà tecniche nella cresta non banali, che io in queste perfette condizioni di asciutto non trovo. Come spesso capita, sono le condizioni della montagna a fare la differenza, più che il teorico grado di difficoltà tecnico della salita.
La salita verso la cima è guidata da degli omini di sasso, che nel tratto finale fanno passare a sinistra della cresta e non proprio sul filo. La salita non è mai esposta, e non è mai difficile.
Alle 10:25 sono sulla Cima d'aquila. Tira un vento gelido e fa proprio freddo! Sensazione decisamente nuova quest'anno, visto che il freddo è da molto tempo che non si vede in Ticino. Il mio termometro portatile dice 6°C, ma la temperatura percepita è decisamente minore.
Rimango sulla vetta solo pochi minuti per via del freddo, scrivo un veloce appunto sul libro di vetta, e riparto verso la vetta del Cassimoi, sperando che sia un po' meno esposta al vento, e che quindi potrò fare pranzo lassù.
Arrivo in vetta al Cassimoi alle 11:00, cioè dopo 4ore e 40min dalla partenza. La mia speranza di far pranzo quassù viene distrutta da delle nuvole che mi coprono il sole e dal vento che è decisamente aumentato. Sto veramente subendo il freddo (il quale avevo apprezzato ci fosse durante la salita per non sudare troppo), e metto addosso tutto quello che ho, compreso il para-orecchi. Rimango li pochissimo, e a malincuore rimando il pranzo di un po'.
Il mio programma di discesa prevede di scendere verso il famoso e omonimo laghetto (famoso per essere il più alto del Ticino) e poi fare i quasi 900 metri di dislivello di sassaia fino a riprendere il sentiero a quota 2180msm (evitando così saggiamente il lato del ghiacciaio al pomeriggio).
Viste le temperature abbandono senza nemmeno pensarci l'idea di farci il bagno nudo, come inizialmente avevo intenzione di fare.
Sempre "Stein Bock" mi aveva detto che scendendo da questo versante avrei trovato degli omini a guidarmi. Effettivamente sopra il lago c'è n'è uno molto grande, ma poi più nulla. Segno che forse sono sceso in una via parallela a quella classica.
La discesa da questa sassaia è interminabile e noiosa. La prima parte è molto ripida, e quindi "divertente" perché molto franosa e richiede molta concentrazione, ma passato il primo pezzo, poi è una noiosa e interminabile discesa. Durante la quale appena cessato il vento, mi fermo a fare pranzo e tolgo pullover e giacca-a-vento.
Scendo con molta calma e passo molto lento, dovuto alla demotivante sassaia, e arrivato circa a quota 2380 trovo un'inaspettata sorpresa. Vedo dei grossi buchi nel terreno, da dove si intravvede della neve. Realizzo che qui dove il terreno da ripido diventa quasi pianeggiante, per via della forma ad imbuto della sassaia appena percorsa, si fermano grossi quantitativi di neve. Questa neve è “invisibile" in quanto ricoperta completamente da molti detriti di sassi, ghiaia e fango. Ma in alcuni punti cede per via dello scioglimento, e si intravvedono questi grossi buchi. Sento li sotto scorrere anche un fiume. Allargo il mio percorso per stare molto alla larga da un qualche improvviso buco che potrebbe aprirsi sotto di me, e alle 13:40 sono a quota 2181 a ricongiungermi con il sentiero.
Scendendo il sentiero che mi riporterà all'auto incontro una ragazza bionda che sale diretta al rifugio (la prima persona che vedo oggi!), e all'alpe Scaradra di Sotto incontro un simpatico signore Mesolcinese con cui scambio una decina di minuti di chiacchiere. Lui era di ritorno dal Cassinello, ed in quel momento stava pranzando, in quanto anche lui ha rinunciato a fare pranzo in vetta per via del freddo.
Con passo molto lento arrivo all'auto alle 14:50 dove finalmente torno ad avere segnale telefonico, (in tutta la Val Scaradra è praticamente assente, il telefono prende solo in cresta) e ricevo una telefonata un po' preoccupata della mia compagna, che era 3 orette che non aveva mie notizie.
Riassumendo:
tempo totale del giro (pause comprese) = 8ore e 30 min; ±1650 metri di dislivello.
Difficoltà F, con unico punto pericoloso ed esposto è il crepaccio terminale del ghiacciaio
La scelta di fare la salita dal ghiacciaio in ombra, e la discesa al sole dalla sassaia, si è rivelata una scelta vincente.
Il ghiacciaio è decisamente in stato di agonia, e ancora uno o 2 anni come questo, e purtroppo credo possiamo quasi toglierlo dalle cartine.
Con queste 2 vette arrivo a quota 318 vette ticinesi salite :-) … il mio progetto è sempre quello di finirle per la pensione.
Prossimo obiettivo la doppietta Piz Valdraus e Piz Gaglianera. Qualcuno vuole farmi compagnia?!?
Nelle foto il giro come era stato pianificato (e poi effettivamente realizzato), la mia lista delle vette, e qualche foto della giornata.
Claudio
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