Cima Vignone (2608 m)
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Da domani siamo arancioni, quindi oggi è l’ultima occasione di andare in montagna, almeno per un po’, bisogna assolutamente approfittarne! Visto che tanto traffico al ritorno se ne troverà ovunque, scelgo perlomeno una meta in cui non incontrerò gente… quindi niente Bergamasca, né Orobie Valtellinesi che, da quanto leggo nei rapporti recenti, sono prese d’assalto. Curiosando sulle cartine scopro una cima, poco frequentata in invernale, in una valle laterale della Val Masino, dal nome curioso, la Cima Vignone. Il dislivello non è poco, specie perché non so dove riuscirò a lasciare la macchina, al contrario del tempo che è limitato visto che la partenza non può essere prima delle 5. Alle 7 in punto ho parcheggiato la macchina, lungo la strada che porta a Preda Rossa, dove la neve impedisce di proseguire. Una frana non permette di salire lungo il lato destro della valle, così seguo la strada. La neve non tiene, così devo calzare subito le ciaspole. Nella galleria, più breve di quanto immaginavo, una insidiosa lastra di ghiaccio, frutto delle colate di acqua dal soffitto, mi costringe a mettermi le ciaspole ancor prima di uscire. La valle è tetra, non mi piace granché. Passo dal Rifugio Scotti e proseguo sulla lunghissima strada, prima tagliando qualcuna delle infinite curve, poi, nell’idea di risparmiare energie, seguendole tutte. Arrivato a Preda Rossa mi preparo per il punto chiave della giornata, un insidioso traverso per aggirare il costone che separa la Valle di Preda Rossa dalla Valle Scermendone. La cartina che ho sul navigatore è alquanto imprecisa, niente a che vedere con la Carta Nazionale Svizzera a cui sono abituato, e seguire la traccia estiva non è facile, anche perché non ci sono segni di passaggio da questa parte. Ad un certo punto però mi accorgo che sto sbagliando e sto seguendo, in discesa, un canale che termina con un salto nel vuoto. Torno sui miei passi e provo a stare più alto, seguendo una linea immaginaria che passa sopra una bastionata rocciosa, esattamente a strapiombo sul canale che avevo seguito poco prima. Le ciaspole tengono perfettamente, ma questo fatto di avere il vuoto alla mia destra non mi piace affatto. Proseguo continuando l’aggiramento del costone, cercando di stare il più alto, finché sbuco in una valletta, dove sono al sicuro. Qui tra l’altro incontro un po’ di tracce di sciatori, che mi fanno propendere dal seguirle in discesa. Proseguo in diagonale verso la mia meta. Il GPS mi dice che sono ad un chilometro e mezzo circa, ma la sagoma imponente della Cima Vignone me la fa apparire lontanissima. Mi affido comunque alla tecnologia più che alle mie impressioni e proseguo. Mi sento in forma, stavolta. Più mi avvicino, più mi rendo conto che la salita è breve e priva di difficoltà. La neve però, finora impeccabile, sta incominciando a peggiorare. Tolgo le ciaspole e proseguo con gli scarponi, seguendo le rade roccette e l’erba che, qui, prende il posto della neve. Sono in vetta, in perfetto timing. Il panorama, finora nascosto da un po’ di nuvolaglia, è molto interessante. Le cime del gruppo Badile-Cengalo si vedono di sbieco e quelle della Valmalenco sono “impallate” dalla catena Pizzo Bello-Corni Bruciati, ma la vista sull’infilata di valli laterali delle Orobie Valtellinesi è molto caratteristiche.
Non perdo tempo in cima e dopo aver scattato le foto e mangiato una delle due piadine al prosciutto che mi sono portato sono pronto a partire. La discesa è veloce e divertente, la neve morbida ma non scivolosa. Arrivato al punto in cui prima avevo incontrato le tracce degli sci, mi metto a seguirle. In breve, però, le cose si complicano. Come immaginavo, peraltro. Qui si segue il sentiero che sale direttamente dal Rifugio Scotti, senza passare da Preda Rossa, lungo un bosco piuttosto ripido. Anche se ho su le ciaspole più “aggressive”, non me la sento di proseguire su questi traversi esposti, così metto le ghette e calzo i ramponi. Picozza alla mano, proseguo, certo di sprofondare, ma sicuro della tenuta. All’inizio le cose vanno benone, ma nei tratti meno ghiacciati incomincio a finire dentro fino alla cintola ad ogni passo. Non fa nulla, mi dico, posso rimettere le ciaspole, ché ora le pendenze si sono fatte meno sostenute, ma, con mio disappunto, sprofondo anche con quelle. La neve è così primaverile che la progressione si fa faticosa quasi come in salita. Per fortuna la discesa è diretta, e sfrutto i pendii nel bosco, dove mi aspetto di trovare una neve migliore. La cartina, purtroppo, non mi aiuta a scegliere la via migliore, ma dopo non molto sono a delle baite. È fatta! Nonostante sia ora in piano, continuo a sprofondare, ma me ne devo fare una ragione.
Non un’anima viva in tutta la vallata, ecco i posti che piacciono a me!

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