Piz Calchen


Publiziert von Gabrio , 16. August 2020 um 19:44.

Region: Welt » Schweiz » Tessin » Bellinzonese
Tour Datum: 1 Oktober 2011
Wandern Schwierigkeit: T5- - anspruchsvolles Alpinwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: Gruppo Balniscio-Forcola   CH-GR 
Aufstieg: 1530 m
Strecke:Deira-Puzzei-Piz Calchen
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Da Chiasso Brogeda A2 fino a Bellinzona Nord. Poi A13 uscita Mesocco. All'ingresso del paese girare a DX, superare il ponte sul fiume Moesa e procedere fino a Deira.
Kartennummer:CN 1274 Mesocco 1:25000

Il Piz Calchen è una strana non-cima, basti pensare che per poterla salire bisogna scendere.
Se si dovesse descriverne l'itinerario forse bisognerebbe emulare un episodio di Ken Parker, fumetto Bonelliano, dal titolo "Diritto e rovescio" e cominciare con la parola "Fine" per finirla con il titolo.
Dal fondovalle, sulla strada per Deira, la si nota come piramide rocciosa, selvaggia e inaccessibile, ma quando sei nei pressi neanche sai distinguerla.
Ho passato più di un giorno ad esplorare la zona.
Nel percorso di accesso vi sono combinate tutte le varianti: stradina agricola, sentiero, sentiero segnalato, esile traccia e il selvatico selvaggio!
Non è certo il posto più impegnativo che ho frequentato: la "mitica cengia del Pisom", la Val di Foioi ed altri "teneri" posticini mi hanno dato più filo da torcere, ma questo è quello che in assoluto ho più frequentato.
Anche adesso che sono qui, proprio sotto la cima, 600 metri di quota più in basso, con la mia presenza confermo ciò che dico.
Prima di attaccare deciso la vetta avevo fatto un paio di esplorazioni a inizio stagione, quando ancora non la si poteva raggiungere. Poi il 7/8/2002 ero partito deciso.
Lasciato l'auto a Deira, mi ero incamminato sulla stradina agricola.
Il Brenna, nella sua guida, pretendeva che la seguissi fino a Gümegna, ma guardando la cartina topografica avevo notato l'esistenza di un sentiero
che cominciava proprio sul tornante che gira a DX, 150 metri dopo la stalla di Sui Sot.
La traccia, che non si nota se non sai che esiste, faceva dopo due metri una prima svolta a DX e subito una a SX e in leggera salita attraversava un bosco ceduo fino ad una valletta con riale, oltre il quale esso diventava un morbido sentiero in un bosco di abeti.
A quota 1302m, in località Puzzei, si incrociava un sentiero segnalato.
Questo portava, inizialmente in piano, al grande solco della Val del Rizeu. Quando, prima di raggiungerla, cominciava a salire ripidamente a tornanti, bisognava drizzare le antenne!
Finita la salita infatti, lungo il sentiero fattosi pianeggiante, c'era la diramazione per Veis.
La prima volta che ero passato si vedeva abbastanza chiaramente, quella volta invece era quasi invisibile. Mancarla significava finire lì l'escursione.
Essa saliva per pochi metri dritto in un prato e poi a tornanti in un bosco misto per 150 metri circa di quota, per entrare poi in una valletta prativa in cui correva un riale.
Rientrato nel bosco bisognava ritrovare la traccia, a tratti appena visibile, che proseguiva in piano nel bosco. Prima di raggiungere il prato con i ruderi di Veis bisognava risalire la pineta, trovando a tratti resti di sentiero.
Uscito nel bosco fitto bisognava salire fra radi abeti dove erbe alte prosperavano.
I miei soliti segni convenzionali lì non servivano per cui avevo rotto rami di abete caduti e li avevo piantati in coppia nel terreno per rendere evidente la discesa.
In modo logico, o per fortuna, ero arrivato al passaggio chiave citato dal Brenna. Avevo superato l'ostacolo e, dopo breve salita, avevo cominciato una selvaggia traversata verso DX.
Dopo una valletta ero salito a dei ruderi .
Poco sopra verso SX avevo raggiunto e risalito un canale con resti di sentiero che mi aveva permesso di raggiungere gli alti pascoli sopra l'alpe di Nebion.
Entrato nel ripido fianco W e, discesa una costa avevo raggiunto la vetta.
"Tanto difficile da raggiungere" mi ero detto, "tanto anonima dopo averla trovata!".

Di quella salita ricordavo tutto in ogni minimo particolare.
Anche adesso, a distanza di anni, la ricordavo con piacere e, cullato com'ero da una leggera brezza alpina, essa era anche più dolce.
Avvolto dai ricordi, quasi commosso, avevo sentito un rumore sopra di me riportandomi alla realtà.
Il bosco che mi aveva sempre protetto stava per tradirmi.
Tre splendidi Boletus Aestivalis, posti in fila verticale sopra di me, erano stati visti dallo sconosciuto. Evidentemente interessato, ne aveva raccolti due, ma per prendere il terzo era scivolato finendomi addosso.
Il crack! che avevo sentito era la mia tibia che si rompeva sotto il peso dell'intruso.
Avevo urlato, ma non certo di dolore, visto che il mio corpo giaceva lì, morto già da molti anni.
Gli stracci cenciosi, che un tempo erano stati i miei pantaloni, mostravano l'osso della gamba spezzata. Forse avevo urlato per la rabbia e la sorpresa di essere stato trovato.
Anch'io come lo sconosciuto, in quel punto ero scivolato ma finito a terra avevo picchiato la testa contro un sasso morendo subito.
Dopo tante escursioni impegnative avevo perso la vita così, banalmente, in un facile posto. Inerme ero finito più giù dove ora mi trovavo e, poco alla volta, gli aghi di pino mi avevano sommerso nascondendomi al resto del mondo.
Pensavo che dopo essere morto perdessi la cognizione di me, ma così non era stato.
Avevo passato gli anni successivi a fluttuare nei pressi del mio corpo inerme avendo la fortuna di vedere, ascoltare, udire ed annusare il bosco.
Mi ero chiesto allora se tutte le persone, al termine della loro vita, subissero la mia stessa sorte e dovessero vagare per l'eternità nel buio della loro bara.
Più volte ero rabbrividito al pensiero.
Era così piacevole trovarmi qui, in queste condizioni, ma ora mi avevano trovato.
Il nuovo venuto, ripresosi dallo spavento, indenne nella caduta, aveva chiamato la Rega.
"Sono Gabrio" mi era sembrato dicesse e dieci minuti dopo le pale rotanti di un elicottero avevano mosso le cime degli alberi.
Di lì a poco il mio corpo inerme avrebbe abbandonato per sempre quel paradiso per essere messo nel gelido buio di una bara.
La mia anima, l'io di adesso, l'avrebbe seguito nell'ultima terribile dimora?
Quando l'elicottero si era alzato in cielo con il mio corpo ne ebbi la conferma.
Gabrio, per soddisfare la sua sete di libertà venendo a camminare in questi luoghi selvaggi, senza saperlo aveva tolto per sempre la mia!

Tourengänger: Gabrio


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Kommentare (2)


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micaela hat gesagt:
Gesendet am 15. Oktober 2020 um 14:44
Della serie: "Senza respiro".

La seconda parte del testo. Forte.
(Però, un qualche accapo, paragrafo, no?)

Gabrio hat gesagt:
Gesendet am 15. Oktober 2020 um 19:18
Hai ragione! Ho scritto tutto di fila forse perchè temevo diventasse troppo lunga la "schermata".
Mi interessava molto descrivere l'itinerario per questo motivo sono stato molto descrittivo, ma al tempo stesso non volevo fosse banale così ho inserito il finale "a sorpresa"


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