Traversata Monte Cevedale - Monte Vioz
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Partiamo il giovedì sera, dopo il lavoro, con l'idea di effettuare tutta la traversata delle 13 Cime durante i tre giorni successivi. Arriviamo alle 11 di sera al parcheggio del rifugio Forni e dormiamo in auto.
Il giorno seguente, verso le 5 del mattino, ci incamminiamo con gli zaini decisamente carichi percorrendo il largo sentiero che risale la val Cedec fino al rifugio Pizzi-Frattola (2706 m).
Proseguiamo per un'altro tratto lungo la carrozzabile fino a quando imbocchiamo il ben più ripido sentiero che porta fino al passo del Cevedale (3256 m): cominciamo a trovar chiazze di neve oltre i 3000 m, le quali vanno man mano ad aumentare avvicinandosi al passo, che è davvero a un tiro di schioppo dal rifugio Casati (3269 m), dove ci concediamo una pausa riposante e un caffè.
Dopodichè calziamo i ramponi, ci leghiamo e ci incamminiamo sul ghiacciaio del Cevedale. Durante la risalita del ghiacciaio si alternano tratti di salita -mai eccessivamente ripidi- a tratti di falsopiano; solo nella parte alta del ghiacciaio il pendio si impenna maggiormente: è proprio in questo tratto che troviamo un crepaccio che superiamo senza difficoltà.
La salita infine si conclude con un tratto di semplice cresta che porta direttamente in cima al Cevedale (3769 m), dove facciamo un piacevole incontro con Marco Confortola e il suo cliente.
La giornata finora è stata clemente come meteo! Dalla vetta osserviamo piacevolmente tutte le 13 cime illuminate dal sole che abbiamo in programma di scalare durante questa 3 giorni.
Scendiamo agevolmente dal Cevedale fin quasi all'imbocco della cresta che porta al Monte Rosole, però nel frattempo cominciano a formarsi dei nuvoloni poco rassicuranti. Sarà per i nuvoloni, sarà per qualche sospetto infondato ma decidiamo di non seguire la cresta che porta in cima al monte Rosole ma tentiamo invano di aggirare la cresta: non troviamo un passaggio agevole e ci troviamo ahimè costretti a scendere parecchio lungo il ghiacciaio fino a quota 3100m circa. Fortunatamente in questo punto non siamo più nei nuvoloni e l'unica opzione che ci sembra plausibile per tornare sulla linea di cresta è quella di risalire il ghiacciaio fino al Colle de la Mare (3442 m) e da qui continuare fino al Palon de la Mare (3703 m): difatti è quello che facciamo, ma tutto ciò comporta un grosso dispendio di energie e un senso di stanchezza crescente! Oltre il colle de la Mare ci ritroviamo immersi nella nebbia (o meglio nei nuvoloni!), e solo dopo aver superato altri tratti in salita raggiungiamo la vetta e la superiamo senza quasi accorgercene.
Dopo una prima parte di discesa su neve, scendiamo per delle roccette che, complice il senso di fatica, affrontiamo molto a rilento! Di seguito ritorniamo sul ghiacciaio e stiamo sulla SX, arrivando al passo della vedretta Rossa (3405 m). Ripartiamo risalendo l'ennesimo pendio, a tratti c'è qualche apertura tra le nuvole che ci da una vaga idea della direzione da seguire. Cerchiamo di rimontare la cresta e proseguiamo fino al punto in cui inizia un pendio: arrancando lo rimontiamo con l'idea che ci porti nel breve in vetta al Monte Vioz.
Durante la salita notiamo ciò che resta di una teleferica e di un ricovero -risalenti entrambi alla prima guerra mondiale- e infine raggiungiamo la vetta. Siamo letteralmente ubriachi dalla fatica, ci sediamo ai piedi della croce di vetta e scopriamo ahimè di essere sulla Cima Linke (3631 m).
A quel punto un po' affronti per la scoperta, tiriamo fuori le poche forze che ci rimangono per concludere la tappa, per cui ridiscendiamo dalla punta Linke, poi traversiamo in falsopiano in direzione est fino a rimontare il ripido versante nevoso che termina in vetta al Monte Vioz (3645 m), trovandoci nuovamente con una visibilità di pochi metri. Dalla cima al rifugio sono solo 100 m di di discesa, ma in quelle condizioni sembrano infiniti. Raggiungiamo finalmente il rifugio Mantova (3544 m) dopo quasi 12 ore!
Dopo un paio d'ore di innegabile riposo abbiamo la fortuna di gustare un'ottima cena e poco dopo andiamo a coricarci.
Sono circa le 4 del giorno seguente, quando guardiamo fuori dalla finestra della stanza e notiamo il cielo completamente coperto: proviamo ad attendere, 20 minuti, poi mezz'ora, poi 1 ora: le nubi sembra che non vogliano alzarsi.
Considerando che la seconda tappa è quella che presenta le maggiori difficoltà alpinistiche, decidiamo che con un tempo non ottimale non è il caso di proseguire la traversata, per cui optiamo per rientrare.
Risaliamo così al Monte Vioz, ancora con una visibilità ridotta a pochi metri e questa volta senza sbagliare scendiamo per il ghiaccio dei Forni, lasciando sulla DX il bivio che risale al Palon de la Mare.
In questo tratto di ghiacciaio le nuvole lasciano spazio a qualche occhiata di sole, e man mano che si scende il cielo si rasserena sempre più.
Prima di giungere alla zona dei seracchi, traversiamo verso DX portandoci fuori dal ghiaccio e risaliamo per poche decine di metri delle roccette fino a imboccare una traccia di sentiero che scende il pendio dal versante settentrionale.
La discesa è resa più agevole grazie a delle corde fisse (terreno a tratti ghiaioso). Superato il tratto che richiede maggior concentrazione, si continua quindi a scendere per delle pietraie fin quando ci troviamo su un comodo sentiero che conduce al rifugio Branca. Qui abbiamo la possibilità di sistemare tutta l'attrezzatura alpinistica e di continuare lungo la carrozzabile che ci riporta al parcheggio dei Forni.
Concludiamo il giro con un po' di amaro in bocca, ma nonostante tutto soddisfatti per le vette conquistate!
Francesco e Marco
Il giorno seguente, verso le 5 del mattino, ci incamminiamo con gli zaini decisamente carichi percorrendo il largo sentiero che risale la val Cedec fino al rifugio Pizzi-Frattola (2706 m).
Proseguiamo per un'altro tratto lungo la carrozzabile fino a quando imbocchiamo il ben più ripido sentiero che porta fino al passo del Cevedale (3256 m): cominciamo a trovar chiazze di neve oltre i 3000 m, le quali vanno man mano ad aumentare avvicinandosi al passo, che è davvero a un tiro di schioppo dal rifugio Casati (3269 m), dove ci concediamo una pausa riposante e un caffè.
Dopodichè calziamo i ramponi, ci leghiamo e ci incamminiamo sul ghiacciaio del Cevedale. Durante la risalita del ghiacciaio si alternano tratti di salita -mai eccessivamente ripidi- a tratti di falsopiano; solo nella parte alta del ghiacciaio il pendio si impenna maggiormente: è proprio in questo tratto che troviamo un crepaccio che superiamo senza difficoltà.
La salita infine si conclude con un tratto di semplice cresta che porta direttamente in cima al Cevedale (3769 m), dove facciamo un piacevole incontro con Marco Confortola e il suo cliente.
La giornata finora è stata clemente come meteo! Dalla vetta osserviamo piacevolmente tutte le 13 cime illuminate dal sole che abbiamo in programma di scalare durante questa 3 giorni.
Scendiamo agevolmente dal Cevedale fin quasi all'imbocco della cresta che porta al Monte Rosole, però nel frattempo cominciano a formarsi dei nuvoloni poco rassicuranti. Sarà per i nuvoloni, sarà per qualche sospetto infondato ma decidiamo di non seguire la cresta che porta in cima al monte Rosole ma tentiamo invano di aggirare la cresta: non troviamo un passaggio agevole e ci troviamo ahimè costretti a scendere parecchio lungo il ghiacciaio fino a quota 3100m circa. Fortunatamente in questo punto non siamo più nei nuvoloni e l'unica opzione che ci sembra plausibile per tornare sulla linea di cresta è quella di risalire il ghiacciaio fino al Colle de la Mare (3442 m) e da qui continuare fino al Palon de la Mare (3703 m): difatti è quello che facciamo, ma tutto ciò comporta un grosso dispendio di energie e un senso di stanchezza crescente! Oltre il colle de la Mare ci ritroviamo immersi nella nebbia (o meglio nei nuvoloni!), e solo dopo aver superato altri tratti in salita raggiungiamo la vetta e la superiamo senza quasi accorgercene.
Dopo una prima parte di discesa su neve, scendiamo per delle roccette che, complice il senso di fatica, affrontiamo molto a rilento! Di seguito ritorniamo sul ghiacciaio e stiamo sulla SX, arrivando al passo della vedretta Rossa (3405 m). Ripartiamo risalendo l'ennesimo pendio, a tratti c'è qualche apertura tra le nuvole che ci da una vaga idea della direzione da seguire. Cerchiamo di rimontare la cresta e proseguiamo fino al punto in cui inizia un pendio: arrancando lo rimontiamo con l'idea che ci porti nel breve in vetta al Monte Vioz.
Durante la salita notiamo ciò che resta di una teleferica e di un ricovero -risalenti entrambi alla prima guerra mondiale- e infine raggiungiamo la vetta. Siamo letteralmente ubriachi dalla fatica, ci sediamo ai piedi della croce di vetta e scopriamo ahimè di essere sulla Cima Linke (3631 m).
A quel punto un po' affronti per la scoperta, tiriamo fuori le poche forze che ci rimangono per concludere la tappa, per cui ridiscendiamo dalla punta Linke, poi traversiamo in falsopiano in direzione est fino a rimontare il ripido versante nevoso che termina in vetta al Monte Vioz (3645 m), trovandoci nuovamente con una visibilità di pochi metri. Dalla cima al rifugio sono solo 100 m di di discesa, ma in quelle condizioni sembrano infiniti. Raggiungiamo finalmente il rifugio Mantova (3544 m) dopo quasi 12 ore!
Dopo un paio d'ore di innegabile riposo abbiamo la fortuna di gustare un'ottima cena e poco dopo andiamo a coricarci.
Sono circa le 4 del giorno seguente, quando guardiamo fuori dalla finestra della stanza e notiamo il cielo completamente coperto: proviamo ad attendere, 20 minuti, poi mezz'ora, poi 1 ora: le nubi sembra che non vogliano alzarsi.
Considerando che la seconda tappa è quella che presenta le maggiori difficoltà alpinistiche, decidiamo che con un tempo non ottimale non è il caso di proseguire la traversata, per cui optiamo per rientrare.
Risaliamo così al Monte Vioz, ancora con una visibilità ridotta a pochi metri e questa volta senza sbagliare scendiamo per il ghiaccio dei Forni, lasciando sulla DX il bivio che risale al Palon de la Mare.
In questo tratto di ghiacciaio le nuvole lasciano spazio a qualche occhiata di sole, e man mano che si scende il cielo si rasserena sempre più.
Prima di giungere alla zona dei seracchi, traversiamo verso DX portandoci fuori dal ghiaccio e risaliamo per poche decine di metri delle roccette fino a imboccare una traccia di sentiero che scende il pendio dal versante settentrionale.
La discesa è resa più agevole grazie a delle corde fisse (terreno a tratti ghiaioso). Superato il tratto che richiede maggior concentrazione, si continua quindi a scendere per delle pietraie fin quando ci troviamo su un comodo sentiero che conduce al rifugio Branca. Qui abbiamo la possibilità di sistemare tutta l'attrezzatura alpinistica e di continuare lungo la carrozzabile che ci riporta al parcheggio dei Forni.
Concludiamo il giro con un po' di amaro in bocca, ma nonostante tutto soddisfatti per le vette conquistate!
Francesco e Marco
Tourengänger:
francesc92,
Marco_92


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