Attraversata del Sasso Nero
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Il Sasso Nero è notoriamente il miglior punto panoramico della Valmalenco: la sua posizione centrale e una quota prossima ai 3000 metri facilmente raggiungibile dagli impianti del Lago Palù lo rendono molto frequentato in ogni stagione a piedi, con gli sci o con le racchette da neve. Per questa escursione si è scelto un approccio ben differente, certamente molto lungo e faticoso, ma anche assai più remunerativo dal punto di vista tecnico e - incredibilmente - anche paesaggistico, per non parlare degli spunti etnografici e geologici. L'accesso avviene attraverso l'antica mulattiera dei pastori e dei minatori, rimasta di uso comune anche come accesso al Rifugio Marinelli-Bombardieri fino agli anni '50, all'epoca della costruzione delle dighe con i loro nuovi percorsi. La risalita del Vallone dello Scerscen (variante dell'Alta Via della Via della Valmalenco) permette la conoscenza di ambienti rocciosi unici per struttura e colorazioni che non sono paragonabili al normale sentiero dei "Sette Sospiri" e del Rifugio Carate; si incontrano le antiche miniere di amianto, i segni della Piccola Glaciazione ottocentesca e il confluire di una potente bancata di candide rocce calcaree nel rosso serpentino del fondovalle. La salita alla vetta principale del Sasso Nero (normalmente viene raggiunta solo la vetta meridionale, più agevole ma anche più bassa di qualche metro) avviene tramite un sentiero attrezzato (solo catene di progressione ormai piuttosto datate) fra i più sconosciuti e trascurati, il cui percorso, non difficile ma esposto e su roccia a tratti umida, è da effettuarsi con la massima prudenza e attenzione.
Dal parcheggio si volge a sinistra andando a salire verso l'abitato: nei pressi di una centralina idroelettrica si oltrepassa l'accesso alle gole basse dello Scerscen (http://www.sondrioevalmalenco.it/00_home/golaup.html) e, dopo il tornante, si trova l'inizio del sentiero per il Dosso dei Vetti. E' un'antica mulattiera, ora ormai ridotta per la gran parte a sentiero, che sale ripidamente nel bosco di conifere a frequenti tornanti e gradinate fino a raggiungere una parete rocciosa strapiombante nei pressi delle Baite Fontane; dopo pochi passi si confluisce nel percorso più moderno e si raggiungono i pascoli e l'ex-rifugio del Dosso dei Vetti. Si prosegue in piano lungo la pista forestale di accesso (proveniente da una diramazione dei tracciati di servizio agli impianti sciistici) fino a ritrovare la vecchia mulattiera per Musella (attualmente spianata da gettate di ghiaia compattante per agevolare il passaggio delle MTB). Un ponte attraverso lo Scerscen permette di raggiungere la spianata alluvionale di Campascio che va percorsa fino al suo termine presso la baita isolata più grande; qui, deviando dal percorso principale sulla destra che sale all'Alpe Musella e al Rifugio Mitta, si procede lungo un'esile traccia che entra nel bosco. Una ripida salita, che però evita efficacemente il lungo giro di Musella, avvicina all'imbocco del Vallone di Scerscen ritrovando il sentiero normale; inizialmente con qualche saliscendi, poi con lenta e costante ascesa, si oltrepassano le costruzioni e le discariche delle miniere di amianto percorrendo la stretta gola chiusa fra le pareti verticali delle propaggini del Sasso Nero e del Monte delle Forbici. Si affiancano i pochi sassi perimetrali dell'Alpe Scerscen, abbandonata all'inizio dell'800 per l'avanzata dei ghiacci durante la Piccola Glaciazione, poi un ultimo tratto ripido porta ad una sorta di bocchetta caratterizzata da una palina indicante varie mete: si prende la direzione di sinistra che, fra colate detritiche di sassi multicolori e poche ripide tracce nell'erba, conduce verso la Forcella d'Entova: oltrepassata una palina senza indicazioni a circa 2600 m di quota (bivio per le Grotte dello Scerscen) e un laghetto di fusione si arriva al passo; bellissimo il panorama verso la parete nord del Disgrazia, il gruppo Tremogge-Malenco-Entova, i ruderi dell'abbandonato Rifugio Entova-Scerscen e soprattutto sul sottostante Lago di Entova Superiore (ormai noto in modo del tutto inspiegabile come Lago del Tricheco). Recenti segnali a vernice gialla (pochi ma essenzialmente sufficienti) indirizzano alla non intuitiva via di salita al Sasso Nero; percorsa un'ampia conca di grosso detrito, ci si va ad addossare ad una cupa parete di serpentino nero ed umido, le cui affilate stratificazioni aiutano a raggiungere il capo libero della prima catena. Si prosegue risalendo un canaletto di rocce instabili e bagnate (una recentissima treccia di cordino collegata alla successiva catena non si rivela particolarmente utile) fino a portarsi su di un pulpito soleggiato: ci si sposta quindi lungamente sul larghissimo dosso culminante -attenzione ai ripidi ed impraticabili canaloni che precipitano sui lati - fino alla vetta settentrionale (non precisamente identificata per mancanza di frequentazione). La camminata sulla pianeggiante sommità è lunghissima fra le pietre di ogni dimensione, in direzione della crocetta sulla cima meridionale: poco prima di raggiungerla occorre però attraversare un profondo avvallamento - poche decine di metri - con un'ultima breve catena ed un passo d'arrampicata non agevole per i più bassi di statura. Dalla vetta, almeno inizialmente, occorre seguire con attenzione i piccoli ometti di pietre (escludendo quelli costruiti a scopo ludico) nella discesa fra vallette e piccoli ripiani successivi fino a trovare finalmente una buona segnalazione a bolli rossi o triangoli gialli. [A noi è capitato un breve errore di percorso, non conoscendo la direzione corretta, nel seguire gli ometti più evidenti - lunghe e sottili scaglie di roccia - in direzione sinistra, che in realtà conducono ad un ripidissimo canale che si getta verticale nel sottostante Vallone dello Scerscen.] La segnaletica gradualmente accompagna in un avvallamento dove compaiono tracce di sentiero che, in seguito sempre più marcate, vanno a concludersi presso la stazione a monte di una seggiovia. Attraverso un paesaggio irrimediabilmente rovinato dagli sbancamenti, dalle piste di servizio e dalle attrezzature di innevamento artificiale, non resta che divallare il più rapidamente possibile: seguire il tracciato della pista da sci fino al suo termine è il male minore ed il metodo più efficace. Dall'ultimo piazzale di risalita della seggiovia "Dosso dei Vetti" sono già in vista le baite omonime, dove si riprende la via di andata.
https://www.relive.cc/view/g24959427650
Dal parcheggio si volge a sinistra andando a salire verso l'abitato: nei pressi di una centralina idroelettrica si oltrepassa l'accesso alle gole basse dello Scerscen (http://www.sondrioevalmalenco.it/00_home/golaup.html) e, dopo il tornante, si trova l'inizio del sentiero per il Dosso dei Vetti. E' un'antica mulattiera, ora ormai ridotta per la gran parte a sentiero, che sale ripidamente nel bosco di conifere a frequenti tornanti e gradinate fino a raggiungere una parete rocciosa strapiombante nei pressi delle Baite Fontane; dopo pochi passi si confluisce nel percorso più moderno e si raggiungono i pascoli e l'ex-rifugio del Dosso dei Vetti. Si prosegue in piano lungo la pista forestale di accesso (proveniente da una diramazione dei tracciati di servizio agli impianti sciistici) fino a ritrovare la vecchia mulattiera per Musella (attualmente spianata da gettate di ghiaia compattante per agevolare il passaggio delle MTB). Un ponte attraverso lo Scerscen permette di raggiungere la spianata alluvionale di Campascio che va percorsa fino al suo termine presso la baita isolata più grande; qui, deviando dal percorso principale sulla destra che sale all'Alpe Musella e al Rifugio Mitta, si procede lungo un'esile traccia che entra nel bosco. Una ripida salita, che però evita efficacemente il lungo giro di Musella, avvicina all'imbocco del Vallone di Scerscen ritrovando il sentiero normale; inizialmente con qualche saliscendi, poi con lenta e costante ascesa, si oltrepassano le costruzioni e le discariche delle miniere di amianto percorrendo la stretta gola chiusa fra le pareti verticali delle propaggini del Sasso Nero e del Monte delle Forbici. Si affiancano i pochi sassi perimetrali dell'Alpe Scerscen, abbandonata all'inizio dell'800 per l'avanzata dei ghiacci durante la Piccola Glaciazione, poi un ultimo tratto ripido porta ad una sorta di bocchetta caratterizzata da una palina indicante varie mete: si prende la direzione di sinistra che, fra colate detritiche di sassi multicolori e poche ripide tracce nell'erba, conduce verso la Forcella d'Entova: oltrepassata una palina senza indicazioni a circa 2600 m di quota (bivio per le Grotte dello Scerscen) e un laghetto di fusione si arriva al passo; bellissimo il panorama verso la parete nord del Disgrazia, il gruppo Tremogge-Malenco-Entova, i ruderi dell'abbandonato Rifugio Entova-Scerscen e soprattutto sul sottostante Lago di Entova Superiore (ormai noto in modo del tutto inspiegabile come Lago del Tricheco). Recenti segnali a vernice gialla (pochi ma essenzialmente sufficienti) indirizzano alla non intuitiva via di salita al Sasso Nero; percorsa un'ampia conca di grosso detrito, ci si va ad addossare ad una cupa parete di serpentino nero ed umido, le cui affilate stratificazioni aiutano a raggiungere il capo libero della prima catena. Si prosegue risalendo un canaletto di rocce instabili e bagnate (una recentissima treccia di cordino collegata alla successiva catena non si rivela particolarmente utile) fino a portarsi su di un pulpito soleggiato: ci si sposta quindi lungamente sul larghissimo dosso culminante -attenzione ai ripidi ed impraticabili canaloni che precipitano sui lati - fino alla vetta settentrionale (non precisamente identificata per mancanza di frequentazione). La camminata sulla pianeggiante sommità è lunghissima fra le pietre di ogni dimensione, in direzione della crocetta sulla cima meridionale: poco prima di raggiungerla occorre però attraversare un profondo avvallamento - poche decine di metri - con un'ultima breve catena ed un passo d'arrampicata non agevole per i più bassi di statura. Dalla vetta, almeno inizialmente, occorre seguire con attenzione i piccoli ometti di pietre (escludendo quelli costruiti a scopo ludico) nella discesa fra vallette e piccoli ripiani successivi fino a trovare finalmente una buona segnalazione a bolli rossi o triangoli gialli. [A noi è capitato un breve errore di percorso, non conoscendo la direzione corretta, nel seguire gli ometti più evidenti - lunghe e sottili scaglie di roccia - in direzione sinistra, che in realtà conducono ad un ripidissimo canale che si getta verticale nel sottostante Vallone dello Scerscen.] La segnaletica gradualmente accompagna in un avvallamento dove compaiono tracce di sentiero che, in seguito sempre più marcate, vanno a concludersi presso la stazione a monte di una seggiovia. Attraverso un paesaggio irrimediabilmente rovinato dagli sbancamenti, dalle piste di servizio e dalle attrezzature di innevamento artificiale, non resta che divallare il più rapidamente possibile: seguire il tracciato della pista da sci fino al suo termine è il male minore ed il metodo più efficace. Dall'ultimo piazzale di risalita della seggiovia "Dosso dei Vetti" sono già in vista le baite omonime, dove si riprende la via di andata.
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