Pizzo di Prata
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Il Pizzo di Prata, una cima su cui ci sono più leggende che report: tra persone perse e mai più trovate, capre carnivore, vespe da terra assassine e il fatto di trovare su Hikr solo i report di gente dello spessore di
Danicomo e
Zaza, mi fanno approcciare questa montagna con un certo timore.
Da tempo nel mirino, una volta giunti sul posto la giornata non sembra proprio quella ideale per un itinerario del genere .... o forse si? ... sta di fatto che alla fine vivremo anche noi la nostra piccola grande avventura.
Sbrigate le faccende per avere accesso alla strada che sale a Pradella, parcheggiamo e, una volta individuato il sentiero (non subito facilmente individuabile), partiamo di buon passo nel ripido bosco. La traccia a terra è abbastanza visibile (tranne qualche breve tratto) ma alcuni bolli rossi aiutano a confermare la direzione.
Incontriamo due cacciatori, che saputa della nostra meta, sono un po' scettici sulla possibilità di salirla con questa nebbia. Noi li tranquillizziamo dicendo che andiamo solo a vedere e poi decideremo il da farsi ... ma in fondo sappiamo bene che non sarà un semplice sopralluogo.
Giunti alla Croce di Matra una buona sosta è d'obbligo prima di continuare sulla traccia che prosegue grosso modo seguendo la dorsale, a tratti sul lato meridionale, a tratti su quello settentrionale. Abbiamo solo un attimo di incertezza quando la traccia ritorna su una breccia rocciosa proprio sulla dorsale ma siccome siamo ancora bassi rispetto al primo punto chiave della salita (quello di quota 2000) proseguiamo e infatti poco dopo ritroviamo il sentiero.
Troviamo anche un terzo cacciatore che in semi-dialetto ci spiega la strada, apprezziamo il gesto ma alla fine ne sappiamo quanto prima ...anzi, siamo solo più confusi. L'unica cosa che capiamo con certezza che siamo pochi metri sotto al punto chiave di quota 2000, dove bisogna abbandonare nettamente la dorsale e iniziare a traversare. Comunque un ometto e delle frecce gialle indicano bene la direzione.
Inizia così la famigerata traversata .... o almeno lo era una volta!
Ora il percorso si sviluppa su una traccia sempre (o quasi) ben visibile sul terreno e alcuni bolli rossi e altrettanti omini (anche se radi) danno conferma di essere sul percorso giusto, quindi se non ne trovate ... state sbagliando! I punti critici a livello di orientamento sono pochi e basta un po' di attenzione per trovare la giusta soluzione mentre a livello più tecnico non ci sono particolari difficoltà (ma ovviamente non è una passeggiata).
Va posta solo maggiore attenzione a fine traversata quando si entra in un primo canalone che non è quello giusto di salita. Il Canalone del Portone rimane quello successivo che si raggiunge oltrepassando una piccola dorsale erbosa oppure scendendo nel primo canalone (per una ventina di metri) fin quando questo non confluisce nel Canalone del Portone.
Da qui (quota 2050 circa) fino al Portone (quota 2240) il percorso è facile a livello di orientamento (basta stare nel canale) ma presenta qualche tratto dove bisogna arrampicare (II grado) e un tratto con catene, oltre all'attenzione a non smuovere sassi.
Usciti al Portone per noi oggi le cose si fanno più complicate: se fino ad ora la nebbia tutto sommato non ha influenzato l'orientamento, nella parte alta il discorso cambia. All'inizio la traccia sul terreno risulta ancora visibile ma poi sembra svanire. Fino a quota 2450 riusciamo ad imbroccare qualche ometto e qualche bollo rosso (anche se dobbiamo continuamente fermarci per capire che direzione prendere) poi forse manchiamo una svolta e perdiamo una ventina di minuti per provare a ritrovare la giusta via.
Con un po' di intuito riusciamo a capire dove potrebbe continuare ed infatti, dopo un traverso su prati, ritroviamo i bolli rossi che ci portano nei pressi dei tre torrioni (citati in alcune relazioni) che intravediamo nella nebbia. Il percorso segue ora la cresta, standone poco sotto sul versante meridionale senza più difficoltà di orientamento ... ormai c'è profumo di vetta nell'aria ... acceleriamo il passo, arrivando così all'ultimo canalino sassoso da dove si intravede la croce di vetta.
Gli ultimi metri sono davvero emozionanti, di quelli che assapori con gusto ... siamo in vetta!!!
In cima la nebbia ci concede uno dei due momenti della giornata più "aperti" e riusciamo ad intravedere qualcosina: forse la giornata non è stata proprio quella ideale per un itinerario del genere .... o forse si? ... sta di fatto che alla fine abbiamo vissuto anche noi la nostra piccola grande avventura
N.B.: Probabilmente "al giorno d'oggi" il Pizzo di Prata non presenta più le stesse difficoltà di un tempo (ero molto indeciso su quale difficoltà di escursionismo indicare), sta di fatto che rimane sempre un itinerario da non sottovalutare. Il rapporto sviluppo/dislivello è notevole, considerando anche il fatto che quasi due chilometri (tra andata e ritorno) sono effettuati lungo il traverso, in cui di fatto si guadagna poco dislivello.


Da tempo nel mirino, una volta giunti sul posto la giornata non sembra proprio quella ideale per un itinerario del genere .... o forse si? ... sta di fatto che alla fine vivremo anche noi la nostra piccola grande avventura.
Sbrigate le faccende per avere accesso alla strada che sale a Pradella, parcheggiamo e, una volta individuato il sentiero (non subito facilmente individuabile), partiamo di buon passo nel ripido bosco. La traccia a terra è abbastanza visibile (tranne qualche breve tratto) ma alcuni bolli rossi aiutano a confermare la direzione.
Incontriamo due cacciatori, che saputa della nostra meta, sono un po' scettici sulla possibilità di salirla con questa nebbia. Noi li tranquillizziamo dicendo che andiamo solo a vedere e poi decideremo il da farsi ... ma in fondo sappiamo bene che non sarà un semplice sopralluogo.
Giunti alla Croce di Matra una buona sosta è d'obbligo prima di continuare sulla traccia che prosegue grosso modo seguendo la dorsale, a tratti sul lato meridionale, a tratti su quello settentrionale. Abbiamo solo un attimo di incertezza quando la traccia ritorna su una breccia rocciosa proprio sulla dorsale ma siccome siamo ancora bassi rispetto al primo punto chiave della salita (quello di quota 2000) proseguiamo e infatti poco dopo ritroviamo il sentiero.
Troviamo anche un terzo cacciatore che in semi-dialetto ci spiega la strada, apprezziamo il gesto ma alla fine ne sappiamo quanto prima ...anzi, siamo solo più confusi. L'unica cosa che capiamo con certezza che siamo pochi metri sotto al punto chiave di quota 2000, dove bisogna abbandonare nettamente la dorsale e iniziare a traversare. Comunque un ometto e delle frecce gialle indicano bene la direzione.
Inizia così la famigerata traversata .... o almeno lo era una volta!
Ora il percorso si sviluppa su una traccia sempre (o quasi) ben visibile sul terreno e alcuni bolli rossi e altrettanti omini (anche se radi) danno conferma di essere sul percorso giusto, quindi se non ne trovate ... state sbagliando! I punti critici a livello di orientamento sono pochi e basta un po' di attenzione per trovare la giusta soluzione mentre a livello più tecnico non ci sono particolari difficoltà (ma ovviamente non è una passeggiata).
Va posta solo maggiore attenzione a fine traversata quando si entra in un primo canalone che non è quello giusto di salita. Il Canalone del Portone rimane quello successivo che si raggiunge oltrepassando una piccola dorsale erbosa oppure scendendo nel primo canalone (per una ventina di metri) fin quando questo non confluisce nel Canalone del Portone.
Da qui (quota 2050 circa) fino al Portone (quota 2240) il percorso è facile a livello di orientamento (basta stare nel canale) ma presenta qualche tratto dove bisogna arrampicare (II grado) e un tratto con catene, oltre all'attenzione a non smuovere sassi.
Usciti al Portone per noi oggi le cose si fanno più complicate: se fino ad ora la nebbia tutto sommato non ha influenzato l'orientamento, nella parte alta il discorso cambia. All'inizio la traccia sul terreno risulta ancora visibile ma poi sembra svanire. Fino a quota 2450 riusciamo ad imbroccare qualche ometto e qualche bollo rosso (anche se dobbiamo continuamente fermarci per capire che direzione prendere) poi forse manchiamo una svolta e perdiamo una ventina di minuti per provare a ritrovare la giusta via.
Con un po' di intuito riusciamo a capire dove potrebbe continuare ed infatti, dopo un traverso su prati, ritroviamo i bolli rossi che ci portano nei pressi dei tre torrioni (citati in alcune relazioni) che intravediamo nella nebbia. Il percorso segue ora la cresta, standone poco sotto sul versante meridionale senza più difficoltà di orientamento ... ormai c'è profumo di vetta nell'aria ... acceleriamo il passo, arrivando così all'ultimo canalino sassoso da dove si intravede la croce di vetta.
Gli ultimi metri sono davvero emozionanti, di quelli che assapori con gusto ... siamo in vetta!!!
In cima la nebbia ci concede uno dei due momenti della giornata più "aperti" e riusciamo ad intravedere qualcosina: forse la giornata non è stata proprio quella ideale per un itinerario del genere .... o forse si? ... sta di fatto che alla fine abbiamo vissuto anche noi la nostra piccola grande avventura
N.B.: Probabilmente "al giorno d'oggi" il Pizzo di Prata non presenta più le stesse difficoltà di un tempo (ero molto indeciso su quale difficoltà di escursionismo indicare), sta di fatto che rimane sempre un itinerario da non sottovalutare. Il rapporto sviluppo/dislivello è notevole, considerando anche il fatto che quasi due chilometri (tra andata e ritorno) sono effettuati lungo il traverso, in cui di fatto si guadagna poco dislivello.
Tourengänger:
Andrea!

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Kommentare (15)