Passo de Balniscio (2353 m)
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Escursione nella Valle Spluga in una giornata con condizioni meteorologiche da cartolina. Il Passo de Balniscio o Passo del Baldiscio è il collegamento montano sul confine Italo-Svizzero, tra i comuni di Madesimo e Mesocco. Come tutte le vie di montagna, la strada del Balniscio nei secoli passati era molto frequentata per motivi commerciali, di pascolo e di passaggio dalla Val di San Giacomo alla Mesolcina, oltreché, nel Novecento, per il contrabbando.
Il toponimo Balniscio viene fatto risalire da alcuni linguisti ad alnisc (alno), secondo altri studiosi a balteus, cioè balza, zona scoscesa e ripida.
Madesimo è il comune italiano più lontano dal mare (dista circa 294 chilometri dal Mar Ligure).
Inizio dell’escursione: ore 7:30
Fine dell’escursione: ore 14:30
Pressione atmosferica, ore 9.00: 1027 hPa
Temperatura alla partenza: 13°C
Isoterma di 0°C, ore 9.00: 4500 m
Temperatura al rientro: 22,5°C
Alba: 6:31
Tramonto: 20:17
La sveglia suona alle 4:00. Arrivo a Isola (1268 m), frazione di Madesimo (Valle San Giacomo), alle 7:10, dopo aver valicato il Passo dello Spluga. Lasciata l’auto sull’ampio parcheggio gratuito, sulla sponda nord del Lago di Isola (1239 m), presso il Bar Edicola, mi avvio verso il centro del bel nucleo che conta 133 case, 24 famiglie e 43 abitanti.
Il paesino, la cui originale toponomastica è dovuta al fatto che anticamente sorse su una vera e propria isola circondata da terreni paludosi, è caratteristico e grazioso ma penalizzato dalla presenza dell’ingombrante centrale idroelettrica, a ridosso delle abitazioni.
Purtroppo il navigatore non riceve alcun segnale radio dai satelliti artificiali: dovrò rinunciare all’abituale tracciato GPS, che mi permette di stabilire l’esatto percorso, la distanza, la differenza di quota e il profilo altimetrico.
Alle 7:30 imbocco la via Baldiscio, a seguire, di fronte alla chiesa dedicata ai Santi Martino e Giorgio, il sentiero C19 che attraverso la Val Febbraro conduce al Passo di Balniscio. La prima parte di salita si svolge su prati e dossi, alla destra della sciovia, dismessa da una ventina d’anni, su un percorso per racchette da neve delimitato da paline viola.
Dopo mezz’ora di cammino all’ombra mattutina, pervengo ad un terrazzo, in concomitanza con la levata del sole. Le ombre delle piante acquistano nettezza proporzionalmente al prender forza del sole. Mi trovo in un luogo incantevole dominato dal verde tenue dei larici, dal cielo limpidissimo e da un’aria fresca e pura, che da sola merita la gita. Limito la mia descrizione a queste brevi note, in quanto tutti gli escursionisti sanno di che cosa parlo; sono sensazioni che solo l’alba in montagna può regalare.
Lancio frequenti sguardi alla testata della valle, dominata da una catena montuosa che mi prende subito: da sinistra il Monte Bardan (2812 m), la Cima de Barna (2862 m) e il Monte Balniscio (2851 m). Raggiunta la sterrata in prossimità del ponte a quota 1488 m, di fronte a Stabisotto, continuo sempre alla sinistra del Torrente Febbraro su un’ampia carrareccia, percorribile anche con auto normali.
È un luogo ideale per un picnic e per passare qualche ora nella natura incontaminata. Chi, come il sottoscritto, percorre per la prima volta questa valle non può immaginare che tra la notte del 6 e il 7 agosto 1999, alle 5 del mattino, qui si compì una tragedia che causò la morte di tre giovanissime scout: Martina di 11 anni, Anna di 12 e Giulia di 13 anni. Erano tutte di Verona: sono state travolte dalle acque del torrente mentre dormivano in campeggio. Il gruppo aveva alcune tende in riva al torrente, ma aveva costruito tre palafitte sul corso d’acqua. Sembravano anche ben fatte ma gli abitanti del posto più volte avevano detto agli scout che dormirci sopra era pericoloso. All’alba un’onda di piena dopo un temporale, forse dovuta a una frana, ha spazzato via tutto.
Sotto accusa con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo sono finite sei persone che, secondo i risultati dell’inchiesta condotta dalla Procura valtellinese, non avrebbero messo in atto tutte le precauzioni del caso andando, inoltre, a scegliere una zona particolarmente a rischio.
Una delle principali attrattive della valle è sicuramente la Cascata di Borghetto, che precipita fragorosamente, a scaglioni, per un centinaio di metri dal terrazzo che ospita Borghetto. La pista carrabile termina a circa 1600 m di quota, dove un paio di slarghi permettono di parcheggiare l’auto a coloro che hanno voluto risparmiare un’ora di cammino. Per percorrere la stradina con l’auto occorre pagare un pedaggio di 3,5 €, il cui tagliando è acquistabile alla cassa automatica, vicino al parco giochi di Isola.
Un ponticello mi porta al di là del torrente, dove mi aspetta un sentiero che sale ripido nel bosco di conifere per circa 1 km, fino all’alpeggio di Borghetto Sotto (1891 m), caratterizzato da baite di pietra ben riattate. Un’esile croce lignea è posta sul margine del pianoro, a pochi metri dalla fontana.
La torbiera della fontana ha rilevato che ci sono tracce di frequentazione umana già intorno a 6000 anni fa, peraltro senza animali domestici. Ma la rilevazione principale è che c’erano “alpigiani” in questo luogo almeno 3000 anni orsono, alla transizione tra l’Età del Bronzo e quella del Ferro.
Ricerche iniziate nel 1988 hanno posto in luce una decina di siti archeologici di vari momenti della preistoria, dall’8° - 7° millennio a.C. (età mesolitica) alla cristianizzazione di circa mille anni fa. Le tracce preistoriche raggiungono i 2420 m di quota sotto il Fil de la Lata, presso lo spartiacque alpino. Molti dei minuscoli siti sono indicati soltanto da oggetti di pietra scheggiata, ma al Lavazzée è stata posta in luce un’antichissima “baita” di blocchi di pietra (di circa 2000 anni fa), e qui vicino è nota un’area di combustione del Bronzo Finale (1000 a.C.).
Continuo il cammino sull’ultimo tratto della sterrata, percorribile anche con auto normali. Dopo 500 m pervengo a Borghetto Alto (1986 m), più piccolo del nucleo precedente, ma altrettanto scenografico e vitale per la presenza di un alpeggio con vacche, alpigiani, pastori e cani da pastore. Dalla fontana di quest’alpe sgorga un’acqua freschissima.
Sull’altro versante della valle vedo il Pian dei Cavalli, un altro luogo ricco di storia. Su questa piattaforma carsica circolavano Uomini dell’Età della Pietra a cominciare da almeno 10'000 anni fa, terminata la glaciazione. Qui sono state scoperte alcune delle più antiche tracce dell’uomo delle Alpi.
Il sentiero continua in contropendenza fino alla deviazione (ca. 2155 m), che permette di compiere un anello in direzione del Pian dei Cavalli. Superata l’erta successiva di circa 800 m lineari pervengo al bacino ove giace il Lago Grande (2303 m), una perla contornata a Nord da profili arditi come quelli del Piz di Pian o Pizzi dei Piani (3158 m e 3149 m).
I sedimenti di fondo del Lago Grande hanno rivelato che nei periodi più caldi e secchi dell’Olocene (postglaciale) il bosco di larice e pino cembro arrivò a sfiorare la quota di 2300 m (attualmente il limite è a circa 1900 m). A partire dal 5500 a.C. l’abete rosso cominciò, per motivi climatici, a rimpiazzare il pino cembro.
Oltrepassato il lago, un ultimo sforzo di 500 m mi permette di guadagnare su facile pendio l’idilliaco Laghetto del Mot a poche decine di metri dal Passo de Balniscio (2353 m). Dopo tre ore e trenta minuti di piacevole cammino posso affermare: geschafft!

Laghetto del Mot, presso il Passo de Balniscio
Soffia una brezza tesa di circa 15 km/h, che mi induce a trovare un riparo sul lato occidentale. Anche su questo valico, per motivi di antichi diritti di pascolo, la linea di confine fra Svizzera e Italia non corrisponde allo spartiacque, ma è posta a 900 m circa più a Ovest, dopo un piano paludoso denominato Serraglia. La decisione venne presa nel contesto del Congresso di Vienna (1.11.1814 – 9.6.1815), risoluzione che non soddisfece il governo elvetico.
Delle marche bianco-blu indicano il percorso da seguire per raggiungere la Cima de Barna (2861 m), montagna che ho più volte fotografato dalle cime della Mesolcina e che mi attira molto…
Straordinaria giornata in una valle che non conoscevo e che mi ha entusiasmato. L’escursione sarebbe ancora più interessante compiendo l’intera traversata del valico con partenza da Pian San Giacomo e ritorno da Isola con la corriera pubblica via Passo dello Spluga.
Tempo totale: 7 h
Salita: 3 h 30 min
Tempi parziali
Isola (1268 m) – Borghetto Sotto (1897 m): 1 h 50 min
Borghetto Sotto (1897 m) – Passo de Balniscio (2353 m): 1 h 40 min
Passo de Balniscio (2353 m) – Isola (1283 m): 3 h
Dislivello in salita: 1070 m
Sviluppo complessivo: 16,6 km
Difficoltà: T2
Coordinate Passo de Balniscio: 740.032 / 144.417
Copertura della rete cellulare: molte zone d’ombra.

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