Come è aspra la Cima d'Aspra (ma quel che è aspro è anche bello)
|
||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Fino a ieri sera ha nevicato abbondantemente, la meteo è un po' incerta e c'è pericolo valanghe: non ho voglia semplicemente di girare per i boschi, ma mi "accontento" della Cima d'Aspra, un percorso semplice e senza pericoli.
Quando parto da casa la giornata si conforma pienamente a questo quadro, è tutto grigio e c'è un bel nebbione; ma appena passo il Ceneri il cielo si apre in una giornata risplendente di luce e colori. Meglio, mi grodrò la gita; ma c'è un ma: non fa freddo e con il sole la neve si smolla rapidamente specie su di un pendio che è tutto a Sud.
Parto da Gnosca calzando subito le ciaspole, ma scopro subito una traccia già battuta; dopo poco mi raggiunge uno del posto che mi dice che sono già saliti ieri battendo tutta la traccia fino a Naseri. Saliamo insieme, lui a piedi e io con le ciaspole; all'inizio la neve non è tanta, poi aumenta progressivamente, all'arrivo alla chiesetta di naseri ci saranno circa 60 cm. Il pianoro è coperto da un lenzuolo candido senza alcuna traccia, di qui in poi devo battere fino in cima e sono ancora 800 metri di dislivello.
Superate le baite attacco la salita verso l'Alpe Sessaldora e, purtroppo, il malefico sole ha già fatto la sua opera; c'è oltre mezzo metro di neve mollissima e pesante, che, a contatto con le racchette, le trasforma in blocchi di cemento! Avanzo in modo penoso, scivolanto continuamente e cercando ogni due passi di togliere la neve; impiego un ora fino ai ruderi dello stabbio, meno di 200 metri di dislivello. Così non ce la farò mai.
Appena sopra ecco la salvezza, inizia il bosco di conifere; lascio il sentiero, che continua per un malefico pendio aperto, e mi infilo nel bosco; la neve è un po' meno e, soprattutto, è più asciutta e permette un'andatura decente. Ritrovo il sentiero e continuo verso l'Alpe Sessaldora su di un ripido pendio; nel bosco più o meno si avanza, appena si esce ci si trova in mezzo a cumuli di neve inconsistente. Ecco cinquanta metri sopra di me, come un miraggio, l'Alpe: appena sotto, questo punto lo conosco bene, il sentiero esce dal bosco e mi trovo su di un pendio carico di neve pesante che non sembra finire mai (sono appena venti metri in realtà).
Almeno l'Alpe è in un posto splendido, a balcone sul fondovalle; mancano solo 280 metri alla cima, ma sono quasi tutti allo scoperto e si annunciano faticossimi. Ma ormai ho deciso che non mi fermerò fino alla vetta. Scavo una bella trincea attorno alle baite e attacco il ripido pendio sovrastante, cercando di tenermi fra gli alberi dove c'è un po' meno di neve. All'uscita mi trovo sullo schienone che porta all'Alpe d'Aspra, il senteriro sale seguendo una bella radura - il tipo che ho incontrato mi ha spiegato che qui tagliavano i larici per costruire le baite; il posto è semplicemente fantastico, o meglio lo sarebbe se non ci fosse il problema di muoversi...la neve è pesantissima e profonda e si attacca continuamente, ogni passo è uno sforzo e sembra di non avanzare mai. Uscito dal bosco, come un miraggio, vedo la croce della vetta; ma prima devo superare il pendio dell'Alpe, carico di oltre un metro di neve.
Finalmente la pendenza diminiuisce, sul crinale c'è anche molta meno neve e, per incanto, le mie racchette ritrovano un peso ragionevole. Il cocuzzolo sommitale è ripido, ma non c'è molta neve, ritrovo il piacere di muovermi le racchette. Poco prima delle 13 sono in vetta; cinque ore e mezza per una salita che ho già fatto d'estate in meno di due ore, cosa vuol dire battere neve.
Sarà perché l'ho conquistato così faticosamente, ma il posto è semplicemente fantastico, complice la neve appena caduta che riveste come una corazza le montagne e il sole abbagliante; di fronte a me, il Gaggio ha preso l'allure di una montagna himalayana, più oltre Cima dell'Uomo, Piotta, Torrone Alto e Claro, tutti scintillanti di neve. E che dire della vista a picco sul fondovalle innevato, salendo non ci si rende conto del dislivello, ma qui lo si valuta chiaramente.
E' ora di scendere. La neve è talmente pesante che devo seguire la traccia di salita, a Naseri finalmente posso togliere le ciaspole, scivolo più rapidamente a valle fino a Gnosca.
Questo itinerario è consigliabilissimo con la ciaspole: è interamente marcato in bianco e rosso e il percorso è tutto sommato comodo, non ci sono assolutamente pericoli. Inoltre, data l'esposizione a sud la neve si assesta rapidamente e, perciò, non c'è di solito troppo da battere (se non siete così sconsiderati da andarci subito dopo una grande nevicata). Da Sessaldora in poi l'ambiente è fantastico e, nonostante la sua apparente modestia, la cima offre un quadro molto panoramico. Se non ve la sentite di salire direttamente il cocuzzolo terminale, all'Alpe d'Aspra basta seguire il sentiero che va a sinistra a una sella e poi risalire la facile cresta per la cima.
Quando parto da casa la giornata si conforma pienamente a questo quadro, è tutto grigio e c'è un bel nebbione; ma appena passo il Ceneri il cielo si apre in una giornata risplendente di luce e colori. Meglio, mi grodrò la gita; ma c'è un ma: non fa freddo e con il sole la neve si smolla rapidamente specie su di un pendio che è tutto a Sud.
Parto da Gnosca calzando subito le ciaspole, ma scopro subito una traccia già battuta; dopo poco mi raggiunge uno del posto che mi dice che sono già saliti ieri battendo tutta la traccia fino a Naseri. Saliamo insieme, lui a piedi e io con le ciaspole; all'inizio la neve non è tanta, poi aumenta progressivamente, all'arrivo alla chiesetta di naseri ci saranno circa 60 cm. Il pianoro è coperto da un lenzuolo candido senza alcuna traccia, di qui in poi devo battere fino in cima e sono ancora 800 metri di dislivello.
Superate le baite attacco la salita verso l'Alpe Sessaldora e, purtroppo, il malefico sole ha già fatto la sua opera; c'è oltre mezzo metro di neve mollissima e pesante, che, a contatto con le racchette, le trasforma in blocchi di cemento! Avanzo in modo penoso, scivolanto continuamente e cercando ogni due passi di togliere la neve; impiego un ora fino ai ruderi dello stabbio, meno di 200 metri di dislivello. Così non ce la farò mai.
Appena sopra ecco la salvezza, inizia il bosco di conifere; lascio il sentiero, che continua per un malefico pendio aperto, e mi infilo nel bosco; la neve è un po' meno e, soprattutto, è più asciutta e permette un'andatura decente. Ritrovo il sentiero e continuo verso l'Alpe Sessaldora su di un ripido pendio; nel bosco più o meno si avanza, appena si esce ci si trova in mezzo a cumuli di neve inconsistente. Ecco cinquanta metri sopra di me, come un miraggio, l'Alpe: appena sotto, questo punto lo conosco bene, il sentiero esce dal bosco e mi trovo su di un pendio carico di neve pesante che non sembra finire mai (sono appena venti metri in realtà).
Almeno l'Alpe è in un posto splendido, a balcone sul fondovalle; mancano solo 280 metri alla cima, ma sono quasi tutti allo scoperto e si annunciano faticossimi. Ma ormai ho deciso che non mi fermerò fino alla vetta. Scavo una bella trincea attorno alle baite e attacco il ripido pendio sovrastante, cercando di tenermi fra gli alberi dove c'è un po' meno di neve. All'uscita mi trovo sullo schienone che porta all'Alpe d'Aspra, il senteriro sale seguendo una bella radura - il tipo che ho incontrato mi ha spiegato che qui tagliavano i larici per costruire le baite; il posto è semplicemente fantastico, o meglio lo sarebbe se non ci fosse il problema di muoversi...la neve è pesantissima e profonda e si attacca continuamente, ogni passo è uno sforzo e sembra di non avanzare mai. Uscito dal bosco, come un miraggio, vedo la croce della vetta; ma prima devo superare il pendio dell'Alpe, carico di oltre un metro di neve.
Finalmente la pendenza diminiuisce, sul crinale c'è anche molta meno neve e, per incanto, le mie racchette ritrovano un peso ragionevole. Il cocuzzolo sommitale è ripido, ma non c'è molta neve, ritrovo il piacere di muovermi le racchette. Poco prima delle 13 sono in vetta; cinque ore e mezza per una salita che ho già fatto d'estate in meno di due ore, cosa vuol dire battere neve.
Sarà perché l'ho conquistato così faticosamente, ma il posto è semplicemente fantastico, complice la neve appena caduta che riveste come una corazza le montagne e il sole abbagliante; di fronte a me, il Gaggio ha preso l'allure di una montagna himalayana, più oltre Cima dell'Uomo, Piotta, Torrone Alto e Claro, tutti scintillanti di neve. E che dire della vista a picco sul fondovalle innevato, salendo non ci si rende conto del dislivello, ma qui lo si valuta chiaramente.
E' ora di scendere. La neve è talmente pesante che devo seguire la traccia di salita, a Naseri finalmente posso togliere le ciaspole, scivolo più rapidamente a valle fino a Gnosca.
Questo itinerario è consigliabilissimo con la ciaspole: è interamente marcato in bianco e rosso e il percorso è tutto sommato comodo, non ci sono assolutamente pericoli. Inoltre, data l'esposizione a sud la neve si assesta rapidamente e, perciò, non c'è di solito troppo da battere (se non siete così sconsiderati da andarci subito dopo una grande nevicata). Da Sessaldora in poi l'ambiente è fantastico e, nonostante la sua apparente modestia, la cima offre un quadro molto panoramico. Se non ve la sentite di salire direttamente il cocuzzolo terminale, all'Alpe d'Aspra basta seguire il sentiero che va a sinistra a una sella e poi risalire la facile cresta per la cima.
Tourengänger:
blepori

Communities: Hikr in italiano, Ticino Selvaggio
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (8)