È da tanto tempo che vorrei fare una due giorni d’inverno in un rifugio incustodito, ma ho paura del freddo, di non riuscire ad accendere il fuoco e così via. I miei ricordi tornano sempre al febbraio 2014, quando, in occasione del Tris Rotondo, dormii in tenda a 2400 metri... un’esperienza decisamente poco piacevole! Finalmente trovo un socio con cui provare di nuovo, ma stavolta in una struttura al chiuso, con la possibilità di accendere il fuoco ed un sacco a pelo da bivacco come si deve! L’obbiettivo ovviamente non è il rifugio in sé, ma una cima. Il rifugio permette di fare quello che in inverno, senza gli sci, sarebbe impossibile da fare in giornata. E la meta è l’Adula, la regina del Ticino, che ho sempre snobbato perché troppo frequentata, ma d’inverno le cose sono ben diverse! Così si parte. Qualche scambio di pensieri con Angelo circa l’accesso alla capanna (l’Adula CAS) e alla fine optiamo per la salita dalla Val Soi, sfruttando il fatto che quest’anno non c’è neve sotto i 2000, altrimenti il ripidissimo versante sotto il Passo di Piotta sarebbe assolutamente infattibile. Senza neve invece è un tranquillissimo T2.
Partiamo da Dangio a mattina inoltrata… oggi non c’è bisogno di alzarsi all’alba, si deve solo arrivare in capanna e prepararsi per la notte. Siamo ben carichi, anche se non abbiamo portato corde, imbrago e materiale per fare sicurezza, solo ciaspole, ramponi e piccozza. Finita la strada sterrata, il sentiero si inerpica con un’infinità di tornanti (in discesa ne conterò 77) fino alla capanna. Sono curioso di vedere cosa troviamo dentro! Entriamo e la prima cosa su cui butto l’occhio è il termometro nell’ingresso che segna 2°. Fa più caldo fuori, mi sa! Dentro c’è una cucina economica ed una a gas. Subito Angelo, esperto in materia, si mette alla ricerca di legna fine per accendere il fuoco. Essendoci poca neve attorno, ci sono arbusti da cui poter prendere rametti secchi e paglia, che, insieme a carta di giornale e ad un ceppo ridotto in pezzetti più piccoli, sono ideali per iniziare il fuoco. Accendiamo, ma il tiraggio non c’è, tutto il fumo rientra nella stanza. Proviamo a muovere la serranda nel condotto che porta alla canna fumaria, ma niente da fare. Rinunciamo. Fortunatamente c’è la cucina a gas. Incominciamo a fare tè a rotazione per scaldarci un po’ ed aumentare un po’ la temperatura dell’ambiente, che nel frattempo è salita a 8-9°. Con un piatto di penne “al tonno di Dangio e peperoncino dell’Adula”, crema densa di porcini, speck fritto e torta di pane alle arance caramellate, mi scaldo per bene, sono contento! Andiamo a dormire sui materassi che abbiamo preventivamente portato in cucina (mi ricordo di averlo letto su HIKR, forse da Ewuska..), il mio sacco a pelo è perfetto, stavolta dormo con piacere, anche se mi sveglio due o tre volte, ma per me in rifugio è la norma, anche d’estate…
Alle 6 e mezza ci alziamo, la sera prima abbiamo deciso di partire con la luce del sole. La salita alla capanna Adula UTOE è critica, vogliamo farla con la luce. Prepariamo tutto, lasciando giù le cose che non servono, e partiamo. Sono le 8, il sole è sorto da un po’. Calziamo i ramponi fin dalla capanna. La neve è perfetta, dura come piace a me. Il pendio è ripido, tiro fuori la picca. Ad un certo punto ci accorgiamo di essere troppo alti, dobbiamo svoltare a destra. C’è un traverso un po’ critico da affrontare. Siamo alla UTOE. Calziamo le ciaspole. Io sbaglio strada e mi vado a infognare su un terreno insidioso, perdo una ciaspola... capisco che non è giornata. Proseguiamo sulla retta via, Angelo sempre davanti a me. Seguiamo la bella morena, ora con su i ramponi che non ci toglieremo più. Fortunatamente il passaggio critico è spelato e si vede perfettamente il sentiero estivo che si può seguire senza problemi. Proseguiamo ora su un piattone. Soffia un vento forte, a raffiche, ma non è quello a infastidirmi. La neve a tratti è trasformata e portante, a tratti è crostosa e fa sprofondare… l’avanzamento è quindi assai lento, nè io nè Angel oggi siamo particolarmente veloci, quindi quando il mio socio mi fa notare che non riusciremo mai a fare l’Adula, tornando alla macchina in tempo, gli propongo una meta di ripiego, ma comunque interessante: una forcella a cui fino al 2005 era stato attribuito il nome di Adulajoch. Il panorama non sarà quello della vetta, ma il nostro sguardo può spaziare sulla Läntatal e sulle cime grigionesi. E la nostra fame di bellezza può essere saziata…
In discesa siamo veloci, nel tratto ripido tra le due capanne ora seguiamo fedelmente il sentiero estivo. Fortunatamente la neve ha un po’ mollato, mi sento quasi a mio agio, io che non sono più abituato a discese su terreni insidiosi come una volta… Siamo in capanna. Riassettiamo il tutto e portiamo via le nostre cose. La discesa è ancora lunga, in totale sarà quasi 2400 metri di dislivello… Dobbiamo accendere la frontale, ma siamo sullo sterrato quando la luce del sole scompare del tutto.
È andata così. Forse avremmo dovuto andare alla capanna Adula UTOE, forse avremmo dovuto partire più presto, ma eravamo comunque lenti, troppo lenti, e la nostra meta era lontana 850 metri in linea d’aria. Però la cosa importante, almeno per me, è aver provato questa nuova esperienza del rifugio invernale, aver visto che “si può fare”… forse le condizioni in cui si trova non saranno sempre così, ma non è una cosa impossibile. Alla prossima, allora!
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