Pizzo Marona dalla Cresta dei Galli - Valgrande
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A volte lo sfondo di una precedente escursione alimenta il desiderio di essere dentro quel paesaggio e di misurarne l'ampiezza con il metro delle nostre forze. Allora la volontà di visitare quei luoghi diventa l’urgenza, nota fin dall'infanzia, di un'esperienza: quella di conoscere le cose per averle toccate.
E così dopo gli alpeggi “bassi” della Val Pobbiè e la Cugnacorta, è arrivato il momento di percorrere la dorsale ovest del Pizzo Marona, la cosiddetta Cresta dei Galli.
Sono in compagnia di Fabrizio / Faber, grande appassionato di Valgrande.
L'andata
Partiamo da Cicogna diretti al ponte di Borlino. Questa volta, alla prima catasta di piante cadute che sbarra la via, abbandoniamo la mulattiera e ci caliamo in un canalino sulla dx, lo attraversiamo e troviamo una scorciatoia che da ultimo scende direttamente al ponte con una gradinata che si presenta frontalmente a chi arriva seguendo la via maestra. Al ritorno scopriremo che la mulattiera è più pericolosa della scorciatoia fatta all'andata perché presenta un passaggio su tratto parzialmente franato, molto scivoloso dopo le recenti piogge, soprattutto per chi lo affronta in discesa.
Giunti ad un caratteristico masso intorno ai 950 m di quota, poco prima che il sentiero segnalato si abbassi al terzo e ultimo guado sul Rio Marona, iniziamo a salire nel bosco sulla sinistra con il conforto di qualche ometto, segni sbiaditi e i resti della vecchia mulattiera, parzialmente visibili sotto l'erba secca. Arriviamo così all'Alpe Ransciola (1091 m, 2:15 da Cicogna), in posizione appartata su un pendio che alterna rocce e bosco, dirimpetto al dosso dove si trova La Soliva Superiore (che da qui non è visibile).
A sinistra dell'alpeggio (O) si vede una traccia che traversa in salita. Il percorso in questa stagione è evidente (ci sono anche diversi ometti e tagli fatti col falcetto a indicare la via) e permette di risalire il ripido versante senza difficoltà, inoltrandosi in un paesaggio in cui è la componente minerale ad attirare sempre più nostra attenzione. Si giunge così all'Alpe Busen o Büsùn (1426 m, circa 40 minuti dall'A.Ransciola; 3 ore da Cicogna), dominato da un caratteristico dolmen naturale che, visto dai ruderi, sembra una sfida alla forza di gravità (e al più elementare buon senso l'avervi costruito sotto...). L'alpeggio, uno dei più interessanti tra quelli visitati per l'ambiente che lo circonda, è stato caricato fino al 1939 (Nino Chiovini - A piedi nudi, una storia di Vallintrasca).
Girovaghiamo tra i "menhir" disseminati sull'ampio spartiacque tra Val Marona e Val Sorda, un luogo che, se non fosse per queste rocce, avrei definito bucolico.
Soprattutto il dolmen è sorprendente perché sembra che non ci sia nulla nelle vicinanze da cui il masso superiore possa essersi staccato.
Ci affacciamo sulla testata della Val Sorda, le cui pareti nascoste sono note per avere ispirato Ivan Guerini ad aprire numerosi itinerari di arrampicata.
Riprendiamo il cammino e ci avviamo (senza sentiero) verso la Cresta dei Galli che - da questa prospettiva - si presenta come una morbida dorsale pianeggiante. Superata la prima elevazione, siamo in vista della cima della Marona, che da qui appare come una cupola erbosa, inconfondibile per il profilo squadrato della cappella che interrompe la diagonale inclinata verso sud. Il seguito della cresta si presenta accidentato, con qualche prevedibile saliscendi. Abbiamo affrontato al massimo singoli passaggi di II grado, ma - non essendoci un percorso definito - la difficoltà dipende molto dalla capacità di indovinare la via più comoda. In questo veniamo aiutati dalle tracce dei camosci, che a tratti si presentano come veri e propri sentieri. Qualche passaggio esposto quasi sul filo di cresta è superabile scendendo di qualche metro sul versante della Val Marona (S). Per superare l'ultimo risalto, che dovrebbe corrispondere alla quota 1930 m sulla tav. IGM "Monte Zeda", abbiamo traversato poco sotto la cresta sul versante della Val Marona affacciandoci su un colletto poco evidente, da dove siamo scesi (erba ripida) per intercettare una cengia che, in piano, finisce sulla sella dove termina il canale percorso dal sentiero "ufficiale" proveniente da Pian di Boit. Segni del sentiero però non ne abbiamo visti. Un'ultima ripida risalita su erba e siamo in cima alla Marona (2051 m, circa 2:30 dall'A. Busen, comprese due brevi soste necessarie per integrare gli zuccheri; circa 6 ore lorde da Cicogna, inclusa la deviazione per immortalare la zona dei menhir).
Il ritorno
Dopo questa bella e faticosa salita, per il rientro optiamo prudentemente per la via normale. Scendiamo al Passo del Diavolo e quindi alla Forcola (1 ora dalla cima), trovando il sentiero segnalato più lungo e meno rilassante del previsto: l'aggiramento del fianco della Cugnacorta presenta tratti parzialmente franati (protetti da catene), oltre ad uno sviluppo naturalmente superiore alla linea di cresta. Forse sarebbe stato più conveniente (e sicuramente più appagante) raggiungere la cima della Cugnacorta e scendere da uno dei percorsi sperimentati nell'ultima visita.
Dalla Forcola a Cicogna il percorso è quello noto (e documentato) ma, in quest'occasione, l'attraversamento del canale della Soliva, senza più neve sul fondo a ridurre il dislivello, ha richiesto più tempo del previsto, rivelandosi come il tratto più delicato dell'escursione: ci si deve calare su rocce appoggiate ma bagnate fino sul fondo (senza catene, quando era l'unico punto in cui sarebbero veramente servite...).
Il resto, come da precedente esperienza (tot. 5 ore abbondanti dalla cima della Marona a Cicogna, compresa qualche breve sosta).
E così dopo gli alpeggi “bassi” della Val Pobbiè e la Cugnacorta, è arrivato il momento di percorrere la dorsale ovest del Pizzo Marona, la cosiddetta Cresta dei Galli.
Sono in compagnia di Fabrizio / Faber, grande appassionato di Valgrande.
L'andata
Partiamo da Cicogna diretti al ponte di Borlino. Questa volta, alla prima catasta di piante cadute che sbarra la via, abbandoniamo la mulattiera e ci caliamo in un canalino sulla dx, lo attraversiamo e troviamo una scorciatoia che da ultimo scende direttamente al ponte con una gradinata che si presenta frontalmente a chi arriva seguendo la via maestra. Al ritorno scopriremo che la mulattiera è più pericolosa della scorciatoia fatta all'andata perché presenta un passaggio su tratto parzialmente franato, molto scivoloso dopo le recenti piogge, soprattutto per chi lo affronta in discesa.
Giunti ad un caratteristico masso intorno ai 950 m di quota, poco prima che il sentiero segnalato si abbassi al terzo e ultimo guado sul Rio Marona, iniziamo a salire nel bosco sulla sinistra con il conforto di qualche ometto, segni sbiaditi e i resti della vecchia mulattiera, parzialmente visibili sotto l'erba secca. Arriviamo così all'Alpe Ransciola (1091 m, 2:15 da Cicogna), in posizione appartata su un pendio che alterna rocce e bosco, dirimpetto al dosso dove si trova La Soliva Superiore (che da qui non è visibile).
A sinistra dell'alpeggio (O) si vede una traccia che traversa in salita. Il percorso in questa stagione è evidente (ci sono anche diversi ometti e tagli fatti col falcetto a indicare la via) e permette di risalire il ripido versante senza difficoltà, inoltrandosi in un paesaggio in cui è la componente minerale ad attirare sempre più nostra attenzione. Si giunge così all'Alpe Busen o Büsùn (1426 m, circa 40 minuti dall'A.Ransciola; 3 ore da Cicogna), dominato da un caratteristico dolmen naturale che, visto dai ruderi, sembra una sfida alla forza di gravità (e al più elementare buon senso l'avervi costruito sotto...). L'alpeggio, uno dei più interessanti tra quelli visitati per l'ambiente che lo circonda, è stato caricato fino al 1939 (Nino Chiovini - A piedi nudi, una storia di Vallintrasca).
Girovaghiamo tra i "menhir" disseminati sull'ampio spartiacque tra Val Marona e Val Sorda, un luogo che, se non fosse per queste rocce, avrei definito bucolico.
Soprattutto il dolmen è sorprendente perché sembra che non ci sia nulla nelle vicinanze da cui il masso superiore possa essersi staccato.
Ci affacciamo sulla testata della Val Sorda, le cui pareti nascoste sono note per avere ispirato Ivan Guerini ad aprire numerosi itinerari di arrampicata.
Riprendiamo il cammino e ci avviamo (senza sentiero) verso la Cresta dei Galli che - da questa prospettiva - si presenta come una morbida dorsale pianeggiante. Superata la prima elevazione, siamo in vista della cima della Marona, che da qui appare come una cupola erbosa, inconfondibile per il profilo squadrato della cappella che interrompe la diagonale inclinata verso sud. Il seguito della cresta si presenta accidentato, con qualche prevedibile saliscendi. Abbiamo affrontato al massimo singoli passaggi di II grado, ma - non essendoci un percorso definito - la difficoltà dipende molto dalla capacità di indovinare la via più comoda. In questo veniamo aiutati dalle tracce dei camosci, che a tratti si presentano come veri e propri sentieri. Qualche passaggio esposto quasi sul filo di cresta è superabile scendendo di qualche metro sul versante della Val Marona (S). Per superare l'ultimo risalto, che dovrebbe corrispondere alla quota 1930 m sulla tav. IGM "Monte Zeda", abbiamo traversato poco sotto la cresta sul versante della Val Marona affacciandoci su un colletto poco evidente, da dove siamo scesi (erba ripida) per intercettare una cengia che, in piano, finisce sulla sella dove termina il canale percorso dal sentiero "ufficiale" proveniente da Pian di Boit. Segni del sentiero però non ne abbiamo visti. Un'ultima ripida risalita su erba e siamo in cima alla Marona (2051 m, circa 2:30 dall'A. Busen, comprese due brevi soste necessarie per integrare gli zuccheri; circa 6 ore lorde da Cicogna, inclusa la deviazione per immortalare la zona dei menhir).
Il ritorno
Dopo questa bella e faticosa salita, per il rientro optiamo prudentemente per la via normale. Scendiamo al Passo del Diavolo e quindi alla Forcola (1 ora dalla cima), trovando il sentiero segnalato più lungo e meno rilassante del previsto: l'aggiramento del fianco della Cugnacorta presenta tratti parzialmente franati (protetti da catene), oltre ad uno sviluppo naturalmente superiore alla linea di cresta. Forse sarebbe stato più conveniente (e sicuramente più appagante) raggiungere la cima della Cugnacorta e scendere da uno dei percorsi sperimentati nell'ultima visita.
Dalla Forcola a Cicogna il percorso è quello noto (e documentato) ma, in quest'occasione, l'attraversamento del canale della Soliva, senza più neve sul fondo a ridurre il dislivello, ha richiesto più tempo del previsto, rivelandosi come il tratto più delicato dell'escursione: ci si deve calare su rocce appoggiate ma bagnate fino sul fondo (senza catene, quando era l'unico punto in cui sarebbero veramente servite...).
Il resto, come da precedente esperienza (tot. 5 ore abbondanti dalla cima della Marona a Cicogna, compresa qualche breve sosta).
Tourengänger:
atal

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