Grona Zen
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Il trio camera cafè, Luca- Paolo- Luca, è tornato.
Ci siamo riuniti per attaccare il Monte Grona usando le catene del suo lungo piercing, la ferrata del Centenario (CAO).
In questa occasione, da buoni dissacratori della boria da alpinista serioso, abbiamo provato ad applicare gli insegnamenti zen alla salita come via dinamica alla meditazione.
Lo zen unito all'arte della progressione in ferrata potrebbe avere futuro nell'ambiente underground montanaro, se mai fosse elaborato seriamente.
I nostri precetti fondamentali sono tre:
Zen-za fretta
Zen-za ansia da prestazione
Zen-za soccorso alpino
La ferrata del Grona scacchisticamente parlando è perfetta, in quanto provvista di ben quattro torri da superare. La prima mette subito in chiaro la difficoltà della via, da non sottovalutare. Pronti? Via, l'asse y è quello da seguire, direzione cielo. L'attacco è verticale, meglio non illudere nessuno, avranno pensato i tracciatori, il Grona te lo devi sudare.
Mi diverte passare a destra o a sinistra della via segnata dalla catena, cercando di evitarne il contatto. Se si potesse disegnare il mio percorso in alcuni tratti ricorderebbe i graffiti metropolitani spigolosi di Keith Haring.
Molto divertente il tratto di cresta, con ottimi appigli che consentono di dimenticare la ghirlanda ferrosa. Un susseguirsi di guglie, pareti in aderenza e spaccature permettono di soddisfare le più diverse esigenze di arrampicata.
Arriviamo finalmente al passaggio chiave della ferrata, la famigerata terza torre. Dalle descrizioni, è' considerata il punto più difficile a causa di una placca rocciosa strapiombante. Guardo Luca sotto di me e cerco di formulare una frase di incoraggiamento.
Luca forza, immaginati musulmano, in cima al monte Grona, come nel paradiso ti aspettano 72 vergini come ricompensa per la fatica.
Il mio compagno digrigna i denti. I panni dello "shaid", del martire non gli si addicono in effetti.
Sinceramente non trovo questa torre più difficile dalla seconda, tutta la via richiede concentrazione costante. Scendendo nell'intaglio di roccia dopo la sommità dello sperone roccioso, la teoria delle vergini è miseramente decaduta. Concordo con gli altri che anche un camionista bulgaro sarebbe sufficiente, purchè fornito di un semplice materassino gonfiabile e Coca cola gelata per il ristoro.
Guardo la seconda via d'uscita sulla direttissima con un sospiro, per ora le braccia tengono. Lasciamo passare un gruppo di arrampicatori più veloci di noi, guide del Cai Milano in perlustrazione. Zen-za fiato sul collo, è una postilla al primo precetto dell'arte orientale dell'arrampicata.
Alla quarta torre la fatica comincia a farsi sentire, nonostante la progressione Zen-za fretta. Finalmente siamo sicuri del punto raggiunto, nonostante in possesso di una mappa dettagliata della via. Come recita un antico detto buddista "Che strana creatura l’essere umano, brancola nel buio con espressione intelligente".
Il colpo d'occhio sulla placida distesa del lago scaccia le mosche dell'incertezza che ronzano fastidiose nei passaggi più ostici.
Paolo accusa qualche crampo, un brivido mi ghiaccia la schiena; senza il nostro capo cordata mi sentirei molto meno sicuro, come Homer Simpson senza la birra.
La sua profonda e millenaria educazione da monaco Shaolin gli permette di coltrollare il dolore, e di arrivare in cima senza grossi problemi .
Nell'ultimo tratto il mio stile (ne avevo uno?) diventa il "valetudo", lotta totale con la parete. Ogni appiglio è consentito, catena, cavo, chiodi, erba, arbusti, gomitate e chiavi articolari. L'acido lattico mi stringe la mano, "nice to meet you".
Vittoria! Il trio Camera Cafè in versione "hic et nunc" batte monte Grona 1-0.
Dalla cima del Grona il panorama "interlake" è veramente appagante; da un lato il lago di Como e dall'altra il cugino svizzero Lugano che si adagia sulla piana di Porlezza.
Spero che Ueli Steck non legga mai queste righe, tu che ormai sei giunto all'ultima abbi tutta la compassione zen.
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