Sentiero Rilke - Carso triestino


Publiziert von siso , 9. Mai 2010 um 15:50.

Region: Welt » Italien » Friaul-Julisch Venetien
Tour Datum: 7 Mai 2010
Wandern Schwierigkeit: T1 - Wandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Zeitbedarf: 1:30
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Autostrada A4 Venezia – Trieste, uscita Sistiana
Unterkunftmöglichkeiten:Villaggio Turistico Camping Mare Pineta, Baia Sistiana (Duino-Aurisina).
Kartennummer:Cartoguida Costiera da Barcolla al Timavo, Ed. Riserva Naturale Marina di Miramare; “Carso Triestino – Carta topografica per escursionisti” – 1:25000, Trieste, 2004, Transalpina.

Passeggiata naturalistica sul golfo di Trieste, a picco sul mare, che collega Sistiana a Duino. Il sentiero prende il nome dal poeta praghese Rainer Maria Rilke (1875-1926) che, ospite al Castello di Duino dal 1911 al 1912, come già lo era stato Dante prima di lui, vi compose le sue celeberrime “Elegie Duinesi”.

 

Inizio dell’escursione: ore 13:45

Fine dell’escursione: ore 15:15

Temperatura alla partenza: 18°C

Temperatura al rientro: 20°C


                 Il punto giallo indica la zona del Sentiero Rilke



Si tratta di un percorso pedonale perfettamente attrezzato (barriere di protezione), di nessuna difficoltà, lungo circa due km, che segue il ciglione carsico proprio in corrispondenza delle falesie a picco sul mare per circa un’ottantina di metri. È stato creato dai Duinati, che desideravano un veloce collegamento con la vicina baia di Sistiana.

Il sentiero inizia allo slargo presso l’AIAT (Agenzia di Informazione e Accoglienza Turistica) di Sistiana, all’imbocco della strada che porta a Sistiana Mare. Si costeggia la ripida scogliera passando dapprima alle spalle del campeggio per poi inoltrarsi tra bosco e pietre.

Il paesaggio è spettacolare! È l’unico tratto di costa alta e rocciosa che si trova tra il Conero (Marche) e la Slovenia. L’unico neo è costituito dal cattivo olezzo che sale dal depuratore di Sistiana, oggi in avaria.

                                                 Riserva Naturale delle Falesie di Duino

La Signora Barbara, una guida naturalistica, ci accompagna elargendo spiegazioni in grande quantità. Incontriamo postazioni belliche costruite durante la prima guerra mondiale per controllare i movimenti navali nel Golfo di Trieste.

Il presidio era affidato alle truppe da sbarco della Kriegsmarine austro ungarica.

Oggigiorno lungo le coste possiamo osservare lunghe file parallele di allevamenti di cozze in sospensione (mitilicoltura).

Dopo pochi minuti di cammino ci rendiamo subito conto che qui la temperatura è decisamente superiore a quella delle zone limitrofe. Per la prima volta in questa settimana uggiosa, assaporiamo il caldo sole mediterraneo. La guida ci dice che anche in pieno inverno, su questo sentiero si gode di un clima mite. Si è parzialmente protetti anche dalla Bora.

In pochi minuti raggiungiamo il Rifugio Rilke. Nulla a che fare con i rifugi alpini; in realtà è un bar molto frequentato dagli escursionisti, che in estate, riarsi dalla calura che si sente sul sentiero, cercano una bibita fresca.

In questa zona, una spettacolare griza permette un’incantevole visione sul mare, dal Golfo di Sistiana, alle coste dell’Istria, fino alla foce dell’Isonzo.

L’Isonzo oggi disegna nell’Adriatico una lunga striscia serpeggiante di color marrone. Le precipitazioni dei giorni scorsi hanno convogliato grandi quantità di sabbia che si depositano molto lentamente, a centinaia di metri dalla foce.

Proseguiamo nel tipico ambiente carsico. Le fantastiche strutture geomorfologiche mi attirano molto: mi fermerei per ore ad ammirarle, a fotografarle e a scoprire la vegetazione tipica. L’habitat è ideale anche per un rettile simile alla lucertola, che è assurto a simbolo della riserva: l’Algiroide magnifico (Algyroides nigropunctatus). Caratteristici di questo rettile sono gli sgargianti colori della gola e del ventre, rispettivamente azzurra e arancione. Il dorso invece è marrone scuro, per mimetizzarsi con l’ambiente.

Grazie ad un colpo di fortuna, malgrado le voci entusiaste dei miei discenti, sono riuscito a fotografarlo con una certa calma; sembrava volersi mettere in posa.

                                Algiroide magnifico (Algyroides nigropunctatus)

Sulle Falesie di Duino cresce anche una pianta unica al mondo: la Centaurea kartschiana.

 

Scattiamo numerose foto al Castello di Duino. Le prime pietre di questo edificio furono poste addirittura nel III secolo dopo Cristo, come avamposto romano. Nel 1300 iniziò la costruzione del castello vero e proprio, che dal 1600 diventò un vero e proprio polo culturale europeo, con illustri ospiti del calibro di Johann Stauss e Franz Liszt, Francesco Ferdinando d’Austria e Massimiliano d’Asburgo, e in tempi più recenti Mark Twain, Paul Valéry, Gabriele d’Annunzio e, ovviamente, Rainer Maria Rilke.

Anche Eugène Ionesco e Karl Popper hanno varcato la soglia di questo castello.

 

Siamo quasi alla fine del sentiero Rilke, ma prima di raggiungere le Latterie Carsiche volgiamo lo sguardo verso un’interessante struttura: il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico. Questo particolare istituto accoglie studenti provenienti da ogni parte del mondo, con l’obiettivo di promuovere la comprensione e la cooperazione internazionali attraverso l’educazione.

 

Nell’ultimo tratto il sentiero si allontana dal ciglione carsico per entrare in un fitto bosco fino a raggiungere le Latterie Carsiche, punto di ritrovo con il nostro autista.

 

Ambiente fisico

La Riserva include un’area di costa alta calcarea costituita da calcari fossili del Cretacico (da 140,5 a 65,5 Mio di anni fa), caratterizzata da falesie calcaree con relativa inacessibilità al mare e brevi tratti di macereti calcarei mediterranei. In essa è compreso anche il braccio di mare antistante alle scogliere e costeggia la parte sommitale di una cava abbandonata. La particolare posizione dell’altipiano carsico favorisce un clima vario, con presenze di specie animali e vegetali centroeuropee, illirico – balcaniche e mediterranee. La temperatura media è di 10°C. Le piogge sono frequenti soprattutto nei mesi di giugno ed ottobre. Si tratta quindi di un territorio dal clima continentale, caratterizzato da inverni rigidi ed estati calde.

 

Fauna

Il simbolo della Riserva è Algiroide magnifico (Algyroides nigropunctatus): rettile simile ad una lucertola, che si riconosce con facilità perché il maschio, in primavera, ha il sottogola di un bel colore azzurro vivo e il ventre rosso. Vive tra le rocce lungo la costa dei Balcani e delle isole ioniche dalla Grecia fino al Carso, dove raggiunge il suo limite nord–occidentale di distribuzione.

 

Nella Riserva è localizzata la zona più occidentale relativa alla distribuzione naturale di Serpente gatto (Telescopus fallax fallax), recentemente catturato proprio al Castello di Duino. Può trascinare le vittime (lucertole, ramarri) fuori dai loro rifugi ma anche acchiapparle all'esterno, seguendole cautamente da dietro (forse per questo motivo è detto Serpente gatto). Le lucertole, una volta afferrate tra le mandibole, vengono trattenute mentre il veleno comincia a fare effetto. Non è pericoloso per l'uomo perché la bocca troppo piccola non permette che le zanne siano usate con efficacia.

Anche nel raro caso in cui l'ofide riesca a fare entrare in azione il veleno nell'organismo di un uomo, questo se la caverà al massimo con un leggero malessere abbinato al gonfiore della zona interessata, sintomi che in ogni caso persistono al massimo per qualche ora.

Tra gli uccelli nidificanti sulle rocce ci sono il Passero solitario (Monticola solitarius), l’Occhiocotto (Sylvia melanocephala), che si trova qui al limite settentrionale del suo areale di distribuzione e il Falco pellegrino (Falco peregrinus).

Nelle stesse acque della zona di Sistiana è stata più volte avvistata anche Stenella striata  (Stenella coeruleoalba), un piccolo delfino dalla lunghezza massima di due metri.

Nel febbraio del 2009 è stata fotografata nel Golfo di Trieste una megattera (Megaptera novaeangliae): la balena per antonomasia dell'Oceano Atlantico, la più amata e inseguita dai turisti. Sembrava in buona salute. L'unica cosa sicura è che si era allontanata dal branco per poi, chissà come, ritrovarsi a scorrazzare al di qua di Gibilterra. Forse si era semplicemente persa rincorrendo un branco di pesci.

La presenza di Gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris) è accertata grazie ad alcuni investimenti stradali.

 

Flora

La pianta più importante è senza dubbio la Centaurea kartschiana per la quale le falesie di Duino sono l’unica stazione al mondo (pianta endemica). Vive sulle rupi sia su quelle vicino al mare esposta agli spruzzi marini sia su quelle più elevate. È alta fino a 40-50 cm e fiorisce da giugno fino ad agosto.

Lo Scotano (Cotinus coggygria) è un arbusto che in autunno ravviva l’ambiente con la sua bella colorazione rossa.

 

La guida ci ha mostrato una pianta neofita, invasiva, l’Ailanto (Ailanthus altissima). È una specie arborea orginaria dell’Asia (Cina e Molucche) appartenente alla famiglia delle Simaroubaceae. Si è diffuso all'epoca delle grandi morie dei bachi da seta, per un tentativo d'allevare un bombice (baco) che si nutre delle sue foglie e produce un materiale simile alla seta.

Il tentativo fu poi abbandonato perché il rendimento non appariva soddisfacente.

 

La Roverella (Quercus pubescens) e il Carpino bianco (Carpinus betulus) fanno parte del bosco tipico del Carso. Sotto il dominio austriaco la riserva è stata quasi completamente disboscata per ricavarne pascolo. In seguito, quando aumentò la richiesta di legname, decisero di rimboschire con una specie che non esisteva nella riserva: il Pino nero (Pinus nigra).

La presenza di questa conifera ha favorito l’arrivo di un nuovo uccello: il Picchio nero (Dryocopus martius), il più grande dei picchi europei.

 

Fenomeni carsici

La parola "Carso" (Kars) deriva da Karra che significa pietra, ma ha originato nel corso dei tempi diversi altri suoi derivati, oltre ad aver dato il nome al territorio ubicato sul confine fra l'Italia e la ex Jugoslavia dove sono stati effettuati i primi sistematici studi sul carsismo.

Sulla superficie terrestre sono presenti con abbondanza rocce carbonatiche (i calcari e le dolomie costituiscono circa un quarto delle terre emerse), tutte più o meno carsificabili e costituite per la quasi totalità da calcio carbonato, o calcite (CaCO3) e da dolomite CaMg(CO3)2.

La calcite è un composto a bassissima solubilità nell’acqua; ma in presenza di anidride carbonica (CO2) l’acqua diviene acida, più aggressiva e “scioglie” il carbonato di calcio formando bicarbonato di calcio, secondo la seguente reazione:

 

                                  CaCO3 + H2O + CO2     ------->      Ca(HCO3)2

 

Il contenuto di CO2 nell'acqua è inversamente proporzionale alla temperatura, quindi aumenta al diminuire della stessa.

Le rocce dell’altipiano carsico hanno una velocità di dissoluzione che varia da 0,01 mm/anno a 0,03 mm/anno. La carsificabilità dipende da diversi fattori, primo fra tutti la purezza del calcare. La capacità corrosiva dell’acqua nei confronti del calcio carbonato è dunque molto variabile: si va dall’acqua pura, che può sciogliere 16 mg di CaCO3 per litro, all’acqua meteorica che si è notevolmente inacidita attraversando porzioni di terreno vegetale e che può disciogliere fino a 500 mg di calcare per litro.

La vegetazione che colonizza le superfici rocciose è costituita da alghe, licheni e muschi e svolge un ruolo attivo nella morfogenesi grazie alla produzione di anidride carbonica e di acidi organici (biocarsismo).

I fenomeni carsici vengono divisi in epigei, che avvengono in superficie, e ipogei, che si sviluppano sottoterra.

Le rocce che affiorano in superficie appaiono segnate da centinaia di piccoli solchi detti scannellature (Rillenkarren), da fessure dette crepacci, da graffi, da fori, da vaschette (Napfkarren) di forma tondeggiante o allungata, dal caratteristico fondo piatto. Questo insieme di forme curiose, che fanno assomigliare la roccia ad un paesaggio lunare in miniatura, prende il nome di “campo solcato” o “campo carreggiato” (Karrenfeld).

Altri fenomeni di superficie sono le doline (cavità di forma circolare con uno o più punti di assorbimento idrico) e le polje che sono dei bacini chiusi di dimensioni chilometriche con versanti ripidi e fondo appiattito ad opera del carsismo. Nelle cosiddette valli cieche vi è un corso d'acqua che poi improvvisamente viene inghiottito da una cavità e si perde nel sottosuolo.

Sottoterra invece si formano le grotte, ossia dei vuoti all’interno della roccia. Le grotte possono essere delle vere e proprie gallerie scavate da fiumi sotterranei, oppure dei pozzi larghi e molto profondi, che fungono da inghiottitoi delle acque superficiali.

Il calcare “rubato” in superficie si deposita in grotta, formando le concrezioni: le stalattiti, che pendono dalla volta; le stalagmiti, che si innalzano dal pavimento; le colonne – alte decine di metri – derivate dalla fusione di una stalattite con una stalagmite.

Le scannellature (Rillenkarren) sono piccoli solchi rettilinei lunghi circa 5 - 50 cm, larghi 1 - 4 cm e profondi 0,5 – 50 cm. Hanno sezione trasversale arrotondata e si rinvengono sempre riunite in complessi in cui le scannellature sono tra loro separate da crestine aguzze. Le scannellature hanno la direzione della massima pendenza della superficie.

La genesi di queste strutture è in relazione al comportamento idrodinamico e chimico dell’acqua di pioggia sulla superficie rocciosa nuda. L’inclinazione della superficie e la presenza di irregolarità fa sì che l’acqua non scorra in veli, in strati laminari, bensì in filetti di corrente.

Le vaschette di corrosione (Napfkarren) sono piccole conche di forma tondeggiante, ellissoide, o irregolare, con diametro variabile da pochi cm ad alcuni m. La profondità è inferiore rispetto al diametro, a differenza dei fori in cui la profondità è maggiore del diametro. In esse l’acqua ristagna. Il fondo della vaschetta è generalmente orizzontale, anche se può presentare un solco emissario che funge da troppo pieno e scarica l’acqua in eccesso. Le vaschette attive hanno un colore più scuro della roccia circostante: bruno, nero o rossiccio. L’origine delle vaschette è legata al fitocarsismo (o biocarsismo), per azione di alghe endofitiche. I depositi organici e l’acqua creano le condizioni per l’insediamento di alghe che attaccano la roccia direttamente; inoltre, con la respirazione producono anidride carbonica che acidifica l’acqua.

 

Le risorgive del Timavo

A pochi chilometri dal Sentiero Rilke, tra Duino e Monfalcone, ci concediamo una tappa per ammirare le risorgive del fiume Timavo.

Il fiume Timavo segna il confine tra due zone ambientali diverse: quella calcarea a falesia del Carso e quella lagunare di Monfalcone.

La particolarità di questo fiume sta nel suo corso, che si svolge per un lungo tratto sotto terra. Nasce a sud del monte Nevoso (Snežnik), nella Slovenia occidentale, e percorre con il nome Timavo superiore, o Reka, un tratto iniziale di 37 km. A 5 km da Trieste precipita nella grotta di S. Canziano e prosegue il suo corso ipogeo per circa 40 km, per tornare alla luce a S. Giovanni di Duino sotto forma di ricche sorgenti, le cui acque danno origine ad un unico corso d'acqua lungo appena 1250 m, che sbocca poi nel golfo di Trieste. È il fiume più corto d'Europa, ma ha una notevole portata.

Lo spettacolo inconsueto del suo inabissarsi e del suo risorgere misteriosamente dalle rocce ha scatenato le fantasie degli uomini, spingendoli a ideare le spiegazioni più disparate sin dall'antichità.

Ma il primo a formulare un'ipotesi su questa questione, per molto tempo rimasta inspiegata, fu il naturalista Cluverio, che nel 1610 ipotizzò l'esistenza di un solo fiume, che dopo essersi inabissato riemergeva dividendosi poi in tre bocche che sfociavano nel Mar Adriatico.

A chiarire più dettagliatamente il mistero che circondava questo fiume è stato, alla fine degli anni Trenta, Eugenio Boegan, padre della speleologia moderna, che ha fatto notare come il problema fosse ben più complesso: il Timavo d'estate restituisce molta più acqua di quanta il Reka, che inghiottito dalle grotte di S. Canziano riaffiora prendendo il nome di Timavo, ne riversi nel suo inabissarsi. Lo speleologo intuì che non c'era un collegamento diretto tra S. Canziano e S. Giovanni in Tuba, bensì 37 Km di gallerie e caverne collegate a grandi bacini che "amministrano" l'acqua da conservare o restituire al Timavo a seconda dei periodi.

È stato poi dimostrato come in certe situazioni lo scarso apporto d'acqua del Reka venga compensato dalle risorgive del bacino carsico ipogeo e dagli spandimenti dell'Isonzo e dai laghi carsici di Doberdò e Pietrarossa.

Ancora oggi, nonostante le varie esplorazioni subacquee abbiano dimostrato che le sue acque provengono da sessanta e più metri di profondità sotto il livello del mare, le uniche tre finestre da cui lo si può osservare sono il fondo dell'abisso dei Serpenti a Divaccia, il fondo dell'abisso di Trebiciano e infine il Pozzo dei Colombi.

Nelle vicinanze è visibile un monumento alla I Guerra Mondiale che sulle colline del Monte Hermada (a 2 km) ebbe i suoi momenti più tragici.

I primi insediamenti alle risorgive del Timavo risalgono al periodo del Neolitico, come lo rivelano studi effettuati di recente. Il primo insediamento di rilievo è quello dei Veneti i quali, cacciati dagli Euganei, fondarono qui il primo centro religioso di questo popolo.

Successivamente l'area fu occupata dai Romani che, nel 129 d.C., annessero i Veneti e nel braccio terminale del Timavo costruirono un porto con sede doganale e i magazzini portuali; un faro rappresentava simbolicamente il confine tra est e ovest.

Questo porto era situato in un punto strategico vicino alla via "Gemini sud", realizzata sull'antico tracciato delle strade che collegavano i castellieri. Il porto del Timavo, punto di partenza per le rotte per l'Istria, è stato di fondamentale importanza fino alla metà del 1400; da questo periodo e fino alla fine del 1700 ha avuto una funzione minore e di tipo prettamente locale, mentre dall'inizio del 1800 ha riassunto nuovamente un ruolo strategico soprattutto di tipo militare.

Il Timavo è il fiume carsico per eccellenza, che si inabissa improvvisamente e altrettanto misteriosamente riappare sgorgando in superficie con una gran portata d'acqua a poca distanza dal mare. Ciò lo rese famoso sin dall'antichità, tanto che il poeta Virgilio lo cita nell'Eneide e nelle Bucoliche (egloga VIII).

I versi sono stati incisi sulla roccia in un monumento visibile dalla strada sovrastante.

 

Antenor potuit mediis elapsus Achivis

Illyricos penetrare sinus atque intuma tutus

Regna Liburnorum et fontem superare Timavi,

Unde per ora novem vasto cum murmure montis

it mare proruptum et pelago premit arva sonanti.

 

Antenore, scampato agli Achei, potè pure entrare nel golfo illirico, spingersi senza pericolo in territorio liburnico sin oltre le sorgenti del Timavo che simile a un mare impetuoso erompe dalla montagna per nove bocche con alto frastuono, e inonda i campi di un'acqua risonante.

Eneide, I, vv.242-246

Partecipanti: Angela, III E e siso


Tourengänger: siso
Communities: Hikr in italiano


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Kommentare (2)


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gbal hat gesagt: Nuovamente....
Gesendet am 12. Mai 2010 um 22:15
....non posso che rinnovare i miei complimenti sia per la dotta ed esauriente descrizione di quanto visitato sia per lo stile di esposizione che rende tutto ciò estremamente interessante. Bravo Siso.
Giulio

siso hat gesagt: RE:Nuovamente....
Gesendet am 12. Mai 2010 um 22:58
Grazie Giulio,
ti dimostri attento osservatore! Quando l'argomento mi interessa (il Carso mi intriga molto) dedico volentieri del tempo per scrivere il rapporto dell'escursione e per riviverla con le fotografie: mi dà soddisfazione.

A presto,
siso.


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