Avventura in Val Viascola - Valli del Luinese
|
||||||||||||||
![]() |
![]() |
Dopo tanto tempo finalmente è possibile ritornare in montagna ma il Piemonte mi è precluso per decreto.
Opto allora per quella che probabilmente è l'unica zona all'interno della mia provincia dove trovare costruzioni in piode perse nella foresta: la Val Viascola, o Viaschina secondo alcuni. Qui, oltre al noto Monteviasco, caratteristico borgo di pietra raggiungibile solo a piedi (da quando la funivia è fuori servizio...), la Carta Svizzera riporta anche degli alpi abbandonati che contano pochissime visite e che rispondono ai nomi di Rattaiola e Piancarossa, entrambi già documentati su questo sito da illustri "colleghi": Poncione per il primo (qui), froloccone per il secondo (qui).
La mia intenzione era di trovare il modo di mettere assieme questi alpi, più Ca' del Sass (il nome prometteva bene...), nei pressi di Curiglia, cercando i vecchi sentieri di collegamento, sentieri che solo in parte sono rappresentati sulle mappe.
In particolare mi interessava il percorso diretto Piancarossa - Fontanella, sentiero ignorato dalla cartografia consultata ma la cui esistenza era prevedibile in virtù del fatto che gli alpeggi una volta erano tutti collegati. Un'occhiata all'archivio di foto storiche sul sito di swisstopo si è rivelata utile per fugare eventuali dubbi: qui si vede che nel 1945 il sentiero esisteva ed era anche ben marcato dal transito degli animali. Non rimaneva quindi che andare a vedere di persona come si presenta 75 anni dopo...
Ne uscirà un giro più impegnativo e più interessante del previsto, in ambiente selvaggio e imboscato, con pochi punti di riferimento, che mi ha ricordato la valle del Fenecchio.
Purtroppo l'analogia è valida anche per quanto riguarda gli aspidi e le zecche...
Incisioni rupestri
Da segnalare un bel masso con incisioni in cui mi sono imbattuto casualmente nei pressi dall'Alpone di Curiglia: il Masso delle Croci, qui documentato dal Gruppo Archeologico Luinese (ma lo scoprirò in seguito).
Le incisioni in zona sono numerose, come si può vedere da lungo elenco presente sul sito citato.
La cartina della casa editrice Ingenia (esposta al parcheggio della funivia di Monteviasco) ne riporta l'ubicazione ma senza i nomi.
II più noto e accessibile tra i massi con incisioni della zona è il Masso di Piero, situato lungo la strada asfaltata nei pressi del parcheggio della funivia.
Il percorso
Parto da Curiglia seguendo inizialmente le indicazioni per Ca' del Sass (sent. 108A). Attirato da un primo rudere sulla sinistra, abbandono la mulattiera e salgo in una zona di terrazzamenti fino ad incontrare delle grandi baite abbandonate realizzate a ridosso della roccia, di notevoli dimensioni e in condizioni relativamente buone.
Giunto alla base della parete, in corrispondenza ad un ultimo resto, una traccia sale traversando a sinistra e permette di superare la fascia rocciosa, arrivando al nucleo superiore di Ca' del Sass, in posizione aperta e panoramica, dove qualche baita è stata riattata e altre sono in corso di ristrutturazione.
Seguendo il sentiero segnalato mi dirigo verso l'Alpone, un grosso alpeggio ancora utilizzato. Al colletto nei pressi della piazzola per l'elicottero (1211 m) imbocco un sentiero molto largo ed evidente, non segnalato, che traversa in leggera discesa in direzione Est, addentrandosi nel boscoso versante della Val Viascola. Da notare che le mappe non lo riportano, nonostante sia un sentiero tutt'altro che piccolo.
Giunto nei pressi di una costa, la mia attenzione è attirata da un masso poco sotto di me che sembra concentrare su di sé tutta la luce della faggeta. Mi chiedo se non possa essere un "altare"...
Mi avvicino e in effetti è pieno di incisioni, soprattutto croci e coppelle e la lettera P, che mi permetterà di identificarlo - una volta casa - come il Masso delle Croci, sul sito del Gruppo Archeologico Luinese (1182 m).
Oltre questo punto il percorso diviene più incerto ma una traccia è pur sempre presente e porta ad attraversare un ruscello sepolto sotto le foglie per poi ritrovare qualche segno di vernice e quindi scendere sotto parete, tra i due salti di una cascata, per poi superare un canalino incassato, sempre tra un salto e l'altro. Rimonto il versante opposto tra i rododendri, sono di nuovo nel bosco, ancora un ultimo segno di vernice, poi più nulla. Salire o scendere? Davanti a me dirupi e cascate si lasciano intravedere tra le fronde.
Per attraversare la zona successiva la CNS mostra che il prossimo attraversamento in direzione dell'Alpe Rattaiola dovrebbe essere intorno ai 1300 m di quota. Per trovare terreno accettabile devo però salire fino a sopra i 1400 m di quota. Con il senno di poi penso che sarebbe stato meglio scendere piuttosto che salire. Attraverso sotto roccia la testata di due canali e, seguendo una traccia sul ciglio di un precipizio, mi porto su quella che dovrebbe essere la costa sopra l'Alpe Rattaiola.
Non ho GPS e mi oriento alla vecchia maniera: altimetro, mappa e osservazione di punti di riferimento sull'altro lato della valle.
Scendo la dorsale per circa 300 m e, al limitare dell'abetaia, trovo i ruderi dell'Alpe Rattaiola (1143 m): almeno quattro edifici, di cui uno ha le sembianze di una stalla, e un cantinino con il soffitto a volta, rigorosamente a secco. Sarà che era da tanto che non vivevo una di queste avventure ma l'incontro con questi resti, simili ad altri e recanti l'impronta di una comune civiltà alpina, mi ha emozionato.
Nella foto del 1945 le costruzioni avevano ancora il tetto, realizzato in piode sottilissime, ma in quella del 1958 erano già scoperchiate.
Da Rattaiola un sentiero abbandonato ma ancora riconoscibile scende ad ampie svolte al guado situato a Nord, nei pressi della confluenza tra due torrenti, e traversa in piano (con tratti costruiti) fino all'Alpe Cortetti (1048 m), un grosso nucleo abbandonato sul sentiero ufficiale che collega Curiglia con Viasco e Monteviasco.
Dopo una breve pausa, inizio a risalire la dorsale dell'alpe in cerca del sentiero per Piancarossa, prendendo il primo sentiero che traversa a Est (si tratta di un sentiero più basso rispetto a quello seguito da froloccone e soci, cosa che capirò soltanto in seguito...). Inizialmente il percorso è evidente e privo di difficoltà, poi attraversa un canalino sopra un salto. Segue un tratto franato che si supera passando su un cengia. Arrivo così ad una coppia di ruderi a circa 1130 m di quota (segnati sulla CNS a NE di Piancabella / SE di PIancarossa).
Entro nel vallone a Nord, dove scende una bella cascata. Supero il salto rimanendo nel bosco a destra e attraverso il canale a monte della cascata in corrispondenza ad una ganna. Nel risalire un tratto franoso, faccio un incontro molto ravvicinato con un'aspide che, dopo un primo istante in cui non sembra essersi accorta di me, punta la sua testa verso la mia e mi soffia contro, costringendomi ad un retrofront e successivo aggiramento. Guadagno così la costa che ospita il nucleo inferiore di Piancarossa (1215 m). Pochi metri più in alto, sulla stessa dorsale, c'è il nucleo intermedio e quindi, separato da un avvallamento a Nord, il nucleo superiore, affacciato su verde infinito in cui l'unico colore diverso è il bianco di un ciliegio in fiore. Sorprende la quantità di edifici in un luogo che ora appare circondato da una natura così selvatica.
Mi sposto ancora verso Nord con la speranza di trovare il sentiero del 1945 e in effetti il sentiero c'è, ed è ben visibile, subito oltre un primo canale, segno che di qui arrivavano con le bestie. Il percorso traversa il versante con una serie di dentro-fuori ed è segnalato anche da sporadici tagli, fino ad una costa dove si perde. Qui basta scendere pochi metri e, fuori dal bosco, si cala sui ruderi dell'Alpe Fontanella (1081 m), dove si può notare una costruzione con la caratteristica grà, la grata per essiccare le castagne, e un camino. La carta ed. Ingenia chiama questo alpe Pasquarloro o Pasquartoro. Personalmente nutro seri dubbi su questo nome ma il finale in oro si addice al fatto che l'alpe occupa un orlo, o costa, mentre Fontanella mi sembra ingiustificato. Forse Fontanella era il nome del vicino nucleo quota 1026 m CNS, che è situato nel vallone leggermente più a Est, dove è più facile che ci sia dell'acqua.
Su comodo sentiero segnalato, passando dall'Alpe Polusa arrivo a Monteviasco, dove il tempo pare essersi fermato: il borgo, frequentatissimo dai turisti nei ricordi di passate stagioni, si presenta pressoché deserto. Il problema, mi spiega uno dei pochi abitanti che ancora resistono, non è tanto l'epidemia di coronavirus, quanto la funivia che non funziona più da due anni.
Scendo al parcheggio della funivia in località Ponte di Piero lungo la bella mulattiera e quindi, per rotabile, mi riporto a Curiglia.
Opto allora per quella che probabilmente è l'unica zona all'interno della mia provincia dove trovare costruzioni in piode perse nella foresta: la Val Viascola, o Viaschina secondo alcuni. Qui, oltre al noto Monteviasco, caratteristico borgo di pietra raggiungibile solo a piedi (da quando la funivia è fuori servizio...), la Carta Svizzera riporta anche degli alpi abbandonati che contano pochissime visite e che rispondono ai nomi di Rattaiola e Piancarossa, entrambi già documentati su questo sito da illustri "colleghi": Poncione per il primo (qui), froloccone per il secondo (qui).
La mia intenzione era di trovare il modo di mettere assieme questi alpi, più Ca' del Sass (il nome prometteva bene...), nei pressi di Curiglia, cercando i vecchi sentieri di collegamento, sentieri che solo in parte sono rappresentati sulle mappe.
In particolare mi interessava il percorso diretto Piancarossa - Fontanella, sentiero ignorato dalla cartografia consultata ma la cui esistenza era prevedibile in virtù del fatto che gli alpeggi una volta erano tutti collegati. Un'occhiata all'archivio di foto storiche sul sito di swisstopo si è rivelata utile per fugare eventuali dubbi: qui si vede che nel 1945 il sentiero esisteva ed era anche ben marcato dal transito degli animali. Non rimaneva quindi che andare a vedere di persona come si presenta 75 anni dopo...
Ne uscirà un giro più impegnativo e più interessante del previsto, in ambiente selvaggio e imboscato, con pochi punti di riferimento, che mi ha ricordato la valle del Fenecchio.
Purtroppo l'analogia è valida anche per quanto riguarda gli aspidi e le zecche...
Incisioni rupestri
Da segnalare un bel masso con incisioni in cui mi sono imbattuto casualmente nei pressi dall'Alpone di Curiglia: il Masso delle Croci, qui documentato dal Gruppo Archeologico Luinese (ma lo scoprirò in seguito).
Le incisioni in zona sono numerose, come si può vedere da lungo elenco presente sul sito citato.
La cartina della casa editrice Ingenia (esposta al parcheggio della funivia di Monteviasco) ne riporta l'ubicazione ma senza i nomi.
II più noto e accessibile tra i massi con incisioni della zona è il Masso di Piero, situato lungo la strada asfaltata nei pressi del parcheggio della funivia.
Il percorso
Parto da Curiglia seguendo inizialmente le indicazioni per Ca' del Sass (sent. 108A). Attirato da un primo rudere sulla sinistra, abbandono la mulattiera e salgo in una zona di terrazzamenti fino ad incontrare delle grandi baite abbandonate realizzate a ridosso della roccia, di notevoli dimensioni e in condizioni relativamente buone.
Giunto alla base della parete, in corrispondenza ad un ultimo resto, una traccia sale traversando a sinistra e permette di superare la fascia rocciosa, arrivando al nucleo superiore di Ca' del Sass, in posizione aperta e panoramica, dove qualche baita è stata riattata e altre sono in corso di ristrutturazione.
Seguendo il sentiero segnalato mi dirigo verso l'Alpone, un grosso alpeggio ancora utilizzato. Al colletto nei pressi della piazzola per l'elicottero (1211 m) imbocco un sentiero molto largo ed evidente, non segnalato, che traversa in leggera discesa in direzione Est, addentrandosi nel boscoso versante della Val Viascola. Da notare che le mappe non lo riportano, nonostante sia un sentiero tutt'altro che piccolo.
Giunto nei pressi di una costa, la mia attenzione è attirata da un masso poco sotto di me che sembra concentrare su di sé tutta la luce della faggeta. Mi chiedo se non possa essere un "altare"...
Mi avvicino e in effetti è pieno di incisioni, soprattutto croci e coppelle e la lettera P, che mi permetterà di identificarlo - una volta casa - come il Masso delle Croci, sul sito del Gruppo Archeologico Luinese (1182 m).
Oltre questo punto il percorso diviene più incerto ma una traccia è pur sempre presente e porta ad attraversare un ruscello sepolto sotto le foglie per poi ritrovare qualche segno di vernice e quindi scendere sotto parete, tra i due salti di una cascata, per poi superare un canalino incassato, sempre tra un salto e l'altro. Rimonto il versante opposto tra i rododendri, sono di nuovo nel bosco, ancora un ultimo segno di vernice, poi più nulla. Salire o scendere? Davanti a me dirupi e cascate si lasciano intravedere tra le fronde.
Per attraversare la zona successiva la CNS mostra che il prossimo attraversamento in direzione dell'Alpe Rattaiola dovrebbe essere intorno ai 1300 m di quota. Per trovare terreno accettabile devo però salire fino a sopra i 1400 m di quota. Con il senno di poi penso che sarebbe stato meglio scendere piuttosto che salire. Attraverso sotto roccia la testata di due canali e, seguendo una traccia sul ciglio di un precipizio, mi porto su quella che dovrebbe essere la costa sopra l'Alpe Rattaiola.
Non ho GPS e mi oriento alla vecchia maniera: altimetro, mappa e osservazione di punti di riferimento sull'altro lato della valle.
Scendo la dorsale per circa 300 m e, al limitare dell'abetaia, trovo i ruderi dell'Alpe Rattaiola (1143 m): almeno quattro edifici, di cui uno ha le sembianze di una stalla, e un cantinino con il soffitto a volta, rigorosamente a secco. Sarà che era da tanto che non vivevo una di queste avventure ma l'incontro con questi resti, simili ad altri e recanti l'impronta di una comune civiltà alpina, mi ha emozionato.
Nella foto del 1945 le costruzioni avevano ancora il tetto, realizzato in piode sottilissime, ma in quella del 1958 erano già scoperchiate.
Da Rattaiola un sentiero abbandonato ma ancora riconoscibile scende ad ampie svolte al guado situato a Nord, nei pressi della confluenza tra due torrenti, e traversa in piano (con tratti costruiti) fino all'Alpe Cortetti (1048 m), un grosso nucleo abbandonato sul sentiero ufficiale che collega Curiglia con Viasco e Monteviasco.
Dopo una breve pausa, inizio a risalire la dorsale dell'alpe in cerca del sentiero per Piancarossa, prendendo il primo sentiero che traversa a Est (si tratta di un sentiero più basso rispetto a quello seguito da froloccone e soci, cosa che capirò soltanto in seguito...). Inizialmente il percorso è evidente e privo di difficoltà, poi attraversa un canalino sopra un salto. Segue un tratto franato che si supera passando su un cengia. Arrivo così ad una coppia di ruderi a circa 1130 m di quota (segnati sulla CNS a NE di Piancabella / SE di PIancarossa).
Entro nel vallone a Nord, dove scende una bella cascata. Supero il salto rimanendo nel bosco a destra e attraverso il canale a monte della cascata in corrispondenza ad una ganna. Nel risalire un tratto franoso, faccio un incontro molto ravvicinato con un'aspide che, dopo un primo istante in cui non sembra essersi accorta di me, punta la sua testa verso la mia e mi soffia contro, costringendomi ad un retrofront e successivo aggiramento. Guadagno così la costa che ospita il nucleo inferiore di Piancarossa (1215 m). Pochi metri più in alto, sulla stessa dorsale, c'è il nucleo intermedio e quindi, separato da un avvallamento a Nord, il nucleo superiore, affacciato su verde infinito in cui l'unico colore diverso è il bianco di un ciliegio in fiore. Sorprende la quantità di edifici in un luogo che ora appare circondato da una natura così selvatica.
Mi sposto ancora verso Nord con la speranza di trovare il sentiero del 1945 e in effetti il sentiero c'è, ed è ben visibile, subito oltre un primo canale, segno che di qui arrivavano con le bestie. Il percorso traversa il versante con una serie di dentro-fuori ed è segnalato anche da sporadici tagli, fino ad una costa dove si perde. Qui basta scendere pochi metri e, fuori dal bosco, si cala sui ruderi dell'Alpe Fontanella (1081 m), dove si può notare una costruzione con la caratteristica grà, la grata per essiccare le castagne, e un camino. La carta ed. Ingenia chiama questo alpe Pasquarloro o Pasquartoro. Personalmente nutro seri dubbi su questo nome ma il finale in oro si addice al fatto che l'alpe occupa un orlo, o costa, mentre Fontanella mi sembra ingiustificato. Forse Fontanella era il nome del vicino nucleo quota 1026 m CNS, che è situato nel vallone leggermente più a Est, dove è più facile che ci sia dell'acqua.
Su comodo sentiero segnalato, passando dall'Alpe Polusa arrivo a Monteviasco, dove il tempo pare essersi fermato: il borgo, frequentatissimo dai turisti nei ricordi di passate stagioni, si presenta pressoché deserto. Il problema, mi spiega uno dei pochi abitanti che ancora resistono, non è tanto l'epidemia di coronavirus, quanto la funivia che non funziona più da due anni.
Scendo al parcheggio della funivia in località Ponte di Piero lungo la bella mulattiera e quindi, per rotabile, mi riporto a Curiglia.
Tourengänger:
atal

Communities: Hikr in italiano
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (12)