Mirare, puntare, esplorare... Punta Molvina!
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Notti. Notti che sembrano Mille in una Notte, notti agitate, notti sostanzialmente abuliche che poi scopri essere notti articolate... e allora le notti si fanno incubo.
Contrattura. Contrattura figlia di una notte immobile, lì fermo e stampato sul materasso in una posizione che neanche Houdini saprebbe imitare.
Notti. Contrattura. Poi solo Pronto Soccorso e farmaci... ma potenti!
Sabato ora di pranzo, dintorni di Villafranca Veronese, le tagliatelle con i carciofi sono nel piatto, sul tavolo vedo altri colori vegetali, formaggi, niente pane e molta fantasia; non manca certo la frutta, e il Kiwi come sempre svetta su tutti e si distingue per attrazione anche quando si mischia tra la fine pasticceria. E intanto si fa sera...
Ciao Ale, ciao Ire, noi stiamo partendo, ci troviamo a Pescantina per le 18:45, poi facciamo un'unica macchinata?
La macchina è di Alex, ci saliamo e l'impatto col sedile non è tra i più felici per via del freddo, è solo questione di un attimo, è solo questione di trovare il tempo zero per caricare l'ironia a pallettoni. Poi comincia il valzer della stupidera e si sorride. Rilassiamo i visi, stendiamo le rughe e protraiamo le labbra, l'immagine icona dei Rolling Stones ci fa un baffo se pensiamo anche alla lingua penzolante. Ma se proprio non possiamo paragonarci agli amici della "Brown Sugar", facciamo in modo almeno di assomigliare al sorriso contrito di Ornella Vanoni, che in quanto a labbra...
Sorridiamo perchè il sedile non è più freddo, sorridiamo e la fisionomia facciale non sbaglia. Chissà però come sarebbe stato se il freddo avrebbe continuato la sua opera imperterrita di "lavoro sui fianchi". Probabilmente avremmo scoperto che non si ride col culo quando il sedile è freddo!
Tra un tornante e l'altro siamo al Passo delle Fittanze, le macchine sono sparse ovunque e la Luna piena ha chiamato a se intere legioni di camminatori notturni pronti a confluire nelle infinite malghe o rifugi aperti per l'occasione. "Ehi, voi, da questa parte, il tè è pronto, non disperdiamoci che poi si fa tardi". Sembra quasi una minaccia. Ma a parlare è un tipo un po agitato e dallo sguardo severo che ha organizzato una "spedizione punitiva" al rifugio Castelberto. Noi siamo "cani sciolti", quindi per noi niente tè e avanti al chiar di Luna verso il Corno d'Aquilio che non raggiungeremo mai perchè siamo partiti troppo tardi, la nostra prenotazione al Rifugio Lessinia è fissata per le 21.30 per una lezione di poesia culinaria e non abbiamo nessuna intenzione di mancare l'importante appuntamento.
Domenica ore 8:00, ci alziamo dal letto con due ore di ritardo rispetto a quanto stabilito il giorno prima, i farmaci antidolorifici assunti nei giorni precedenti mi hanno fatto ("fatto" è il caso di dirlo) uno strano effetto allucinogeno e non ho dormito tutta la notte. Mi sento sfiancato, vagamente assopito e con la testa che gira più delle ruote della Yamaha M1 di Valentino Rossi. Nonostante questo status quo sento comunque che la montagna mi sta chiamando, sento al contempo il bisogno di smaltire, faticando, l'infame intruglio formato da Meperidina, Tramadolo e Fentanyl. E' un "viaggio" continuo, e quello stradale ci porta in 2h al parcheggio sito al Ponte S. Michele.
Ore 11:30, ad un orario quasi folle per fare "escursionismo di ricerca", io e Sara cominciamo a muovere i primi passi lungo la sterrata che ci porta verso la Malga Prà delle Noci, raggiunta la quale, imbocchiamo il sentiero 219 direzione Bocchetta di Nansesa. E' una comoda salita, priva di difficoltà tecniche e con evidente bollatura, il nostro fitto chiacchiericcio non solo ci accompagna sino alla Bocchetta, ma non viene nemmeno disturbato dal trillo dei cellulari, visto che qua, in queste zone dimenticate dai più, la ricezione è quasi impossibile.
Siamo alla Bocchetta. Ora comincia la "vera" salita alla Punta Molvina.
Partiamo, e senza nessuna titubanza apparente seguiamo una traccia che pian piano tende a sparire, è una traccia che segue il versante sud est (lato sinistro) della cresta, ad occhio non percorribile, mentre noi calpestiamo un traverso "paglionato" per nulla rassicurante. Con Sara incrocio spesso gli sguardi, cerco di capire le sue (o le mie) difficoltà, ma nulla, Sara segue le mie orme senza fermarsi un attimo, ha fiducia nei sui mezzi e sembra che ne riponga nei miei. Fondamentalmente è una cosciente incosciente. E questa probabilmente è la sua arma vincente per questo terreno a lei sinora poco avvezzo.
Contrattura. Contrattura figlia di una notte immobile, lì fermo e stampato sul materasso in una posizione che neanche Houdini saprebbe imitare.
Notti. Contrattura. Poi solo Pronto Soccorso e farmaci... ma potenti!
Sabato ora di pranzo, dintorni di Villafranca Veronese, le tagliatelle con i carciofi sono nel piatto, sul tavolo vedo altri colori vegetali, formaggi, niente pane e molta fantasia; non manca certo la frutta, e il Kiwi come sempre svetta su tutti e si distingue per attrazione anche quando si mischia tra la fine pasticceria. E intanto si fa sera...
Ciao Ale, ciao Ire, noi stiamo partendo, ci troviamo a Pescantina per le 18:45, poi facciamo un'unica macchinata?
La macchina è di Alex, ci saliamo e l'impatto col sedile non è tra i più felici per via del freddo, è solo questione di un attimo, è solo questione di trovare il tempo zero per caricare l'ironia a pallettoni. Poi comincia il valzer della stupidera e si sorride. Rilassiamo i visi, stendiamo le rughe e protraiamo le labbra, l'immagine icona dei Rolling Stones ci fa un baffo se pensiamo anche alla lingua penzolante. Ma se proprio non possiamo paragonarci agli amici della "Brown Sugar", facciamo in modo almeno di assomigliare al sorriso contrito di Ornella Vanoni, che in quanto a labbra...
Sorridiamo perchè il sedile non è più freddo, sorridiamo e la fisionomia facciale non sbaglia. Chissà però come sarebbe stato se il freddo avrebbe continuato la sua opera imperterrita di "lavoro sui fianchi". Probabilmente avremmo scoperto che non si ride col culo quando il sedile è freddo!
Tra un tornante e l'altro siamo al Passo delle Fittanze, le macchine sono sparse ovunque e la Luna piena ha chiamato a se intere legioni di camminatori notturni pronti a confluire nelle infinite malghe o rifugi aperti per l'occasione. "Ehi, voi, da questa parte, il tè è pronto, non disperdiamoci che poi si fa tardi". Sembra quasi una minaccia. Ma a parlare è un tipo un po agitato e dallo sguardo severo che ha organizzato una "spedizione punitiva" al rifugio Castelberto. Noi siamo "cani sciolti", quindi per noi niente tè e avanti al chiar di Luna verso il Corno d'Aquilio che non raggiungeremo mai perchè siamo partiti troppo tardi, la nostra prenotazione al Rifugio Lessinia è fissata per le 21.30 per una lezione di poesia culinaria e non abbiamo nessuna intenzione di mancare l'importante appuntamento.
Domenica ore 8:00, ci alziamo dal letto con due ore di ritardo rispetto a quanto stabilito il giorno prima, i farmaci antidolorifici assunti nei giorni precedenti mi hanno fatto ("fatto" è il caso di dirlo) uno strano effetto allucinogeno e non ho dormito tutta la notte. Mi sento sfiancato, vagamente assopito e con la testa che gira più delle ruote della Yamaha M1 di Valentino Rossi. Nonostante questo status quo sento comunque che la montagna mi sta chiamando, sento al contempo il bisogno di smaltire, faticando, l'infame intruglio formato da Meperidina, Tramadolo e Fentanyl. E' un "viaggio" continuo, e quello stradale ci porta in 2h al parcheggio sito al Ponte S. Michele.
Ore 11:30, ad un orario quasi folle per fare "escursionismo di ricerca", io e Sara cominciamo a muovere i primi passi lungo la sterrata che ci porta verso la Malga Prà delle Noci, raggiunta la quale, imbocchiamo il sentiero 219 direzione Bocchetta di Nansesa. E' una comoda salita, priva di difficoltà tecniche e con evidente bollatura, il nostro fitto chiacchiericcio non solo ci accompagna sino alla Bocchetta, ma non viene nemmeno disturbato dal trillo dei cellulari, visto che qua, in queste zone dimenticate dai più, la ricezione è quasi impossibile.
Siamo alla Bocchetta. Ora comincia la "vera" salita alla Punta Molvina.
Partiamo, e senza nessuna titubanza apparente seguiamo una traccia che pian piano tende a sparire, è una traccia che segue il versante sud est (lato sinistro) della cresta, ad occhio non percorribile, mentre noi calpestiamo un traverso "paglionato" per nulla rassicurante. Con Sara incrocio spesso gli sguardi, cerco di capire le sue (o le mie) difficoltà, ma nulla, Sara segue le mie orme senza fermarsi un attimo, ha fiducia nei sui mezzi e sembra che ne riponga nei miei. Fondamentalmente è una cosciente incosciente. E questa probabilmente è la sua arma vincente per questo terreno a lei sinora poco avvezzo.
Dopo aver attraversato una zona fitta di arbusti e piccoli alberelli dove bisogna farsi largo usando le mani, intercettiamo una stretta (non troppo) ma comoda dorsalina, in larga parte erbosa, ma con qualche roccia che spunta qua e la a mo di faraglione. A questo punto abbandoniamo il nostro traversino e pieghiamo verso la dorsale che termina sotto la Punta Molvina.
Saliamo rimanendo sempre piuttosto vicini l'uno all'altra , oltre ad una pendenza sostenuta bisogna leggere il terreno, bisogna capire come proseguire senza doversi complicare la vita. Ad un certo punto lasciamo la dorsalina e ci portiamo al centro del valloncello erboso, stiamo attenti a non scivolare e poi zigzagando ci portiamo verso la cresta est della Punta, è un tratto molto ripido e qua l'uso delle mani è indispensabile per aiutare la progressione. E quando dico uso delle mani...dico che bisogna aggrapparsi all'erba. Una volta guadagnata la cresta il gioco è quasi fatto. Affrontiamo solo un paio di zone esposte oltrepassando qualche roccetta e poi ecco la Punta Molvina, con il suo "ometto" a "difesa" di questo piccolo baluardo. Bellissimo! "Cinque alto" con Sara e giù fotografie. 3h15.
Essendo partiti tardi il tempo per goderci la vetta non è poi molto, ci resta solo l'attimo fuggente del pranzo consumato alla "boia d'un Giuda", una domanda che si fa tarlo fra i nostri pensieri, e poi... ecco un raro Biancone volteggiare sopra le nostre teste. Un regalo nel regalo che ci emoziona non poco.
Dopo aver salutato Molvina, una signora Punta tra attaccanti inconcludenti, cominciamo la nostra discesa, che va affrontata ancora con attenzione, perchè qua tutto sembra uguale, ma quell'uguale che è ingannatore. E anche noi ne rimaniamo fregati quando ci abbassiamo di 100 metri rispetto al nostro traversino erboso che per l'occasione si è trasformato in fantasma. Ma con calma quasi olimpica abbiamo ritrovato la via di salita, una traccia dove le "bagole ovali" dei camosci sono l'unico segnale del passaggio di un essere vivente.
Una volta ritornati alla Bocchetta la discesa è di nuovo tranquilla, tranne quando per distrazione abbiamo percorso un sentiero che ci avrebbe portato chissà dove; ma anche qua abbiamo risolto senza grandi patemi ed in pochi minuti siamo ritornati sul sentiero 219 che ci ha depositati prima alla Malga Prà delle Noci, e poi ancora su strada sterrata, oramai illuminata dalla Luna piena, di nuovo alla nostra auto che solitaria presidia il parcheggio.
Sono le 18:25, ed il tarlo che aveva colpito la nostra mente sulla Punta Molvina non ci ha mai abbandonato... Di cosa parlerà il prossimo libro di Bruno Vespa?
No, ragazzi, è importante saperlo. Perchè forse è anche per questo che io non dormo la notte...
p.s.
Giro dedicato al tenero Romeo...
A' la prochaine! Menek e Sara, la nuova adepta del ravanage (?).
Essendo partiti tardi il tempo per goderci la vetta non è poi molto, ci resta solo l'attimo fuggente del pranzo consumato alla "boia d'un Giuda", una domanda che si fa tarlo fra i nostri pensieri, e poi... ecco un raro Biancone volteggiare sopra le nostre teste. Un regalo nel regalo che ci emoziona non poco.
Dopo aver salutato Molvina, una signora Punta tra attaccanti inconcludenti, cominciamo la nostra discesa, che va affrontata ancora con attenzione, perchè qua tutto sembra uguale, ma quell'uguale che è ingannatore. E anche noi ne rimaniamo fregati quando ci abbassiamo di 100 metri rispetto al nostro traversino erboso che per l'occasione si è trasformato in fantasma. Ma con calma quasi olimpica abbiamo ritrovato la via di salita, una traccia dove le "bagole ovali" dei camosci sono l'unico segnale del passaggio di un essere vivente.
Una volta ritornati alla Bocchetta la discesa è di nuovo tranquilla, tranne quando per distrazione abbiamo percorso un sentiero che ci avrebbe portato chissà dove; ma anche qua abbiamo risolto senza grandi patemi ed in pochi minuti siamo ritornati sul sentiero 219 che ci ha depositati prima alla Malga Prà delle Noci, e poi ancora su strada sterrata, oramai illuminata dalla Luna piena, di nuovo alla nostra auto che solitaria presidia il parcheggio.
Sono le 18:25, ed il tarlo che aveva colpito la nostra mente sulla Punta Molvina non ci ha mai abbandonato... Di cosa parlerà il prossimo libro di Bruno Vespa?
No, ragazzi, è importante saperlo. Perchè forse è anche per questo che io non dormo la notte...
p.s.
Giro dedicato al tenero Romeo...
A' la prochaine! Menek e Sara, la nuova adepta del ravanage (?).
Tourengänger:
Menek
Communities: Alpinismo Cabaret!, Hikr in italiano, Mountain at lunchtime " nà par muntagn o par bricch in dal mument del mangià "
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Kommentare (8)