Valtorta - Bocchetta Alta Tre Signori


Publiziert von daniered , 28. August 2017 um 23:43.

Region: Welt » Italien » Lombardei
Tour Datum:17 August 2017
Wandern Schwierigkeit: T2 - Bergwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Zeitbedarf: 2:45
Aufstieg: 1350 m
Abstieg: 50 m
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Bergamo - San Pellegrino - Piazza Brembana - Cassiglio - Valtorta
Kartennummer:Kompass, Lecco/Val Brembana

Video: Valtorta - Bocchetta Alta Tre Signori

Le vacanze di agosto sono sempre l'occasione perfetta per andare a esplorare angoli delle Orobie che il traffico domenicale renderebbe altrimenti inaccessibili, a meno di voler trascorrere più tempo imbottigliati in coda che sui sentieri ;) Scartata la val Seriana (ma solo perché non trovo più la cartina nel disordine di casa), l'occhio cade sull'alta Val Brembana, che non ho mai avuto modo di esplorare neppure col binocolo.
 
Dopo un breve studio degli orari dei pullman, il progetto iniziale sarebbe di compiere un giro "a trapezio", salendo al rif. Grassi da Valtorta, traversando sino al rif. Benigni e poi scendendo a Ornica, dove puntare tutte le fiches sul bus delle 18:31.
 
Anche se lo scoprirò diverse ore più tardi, il progetto naufraga già durante la mattinata, quando passo almeno un'ora in coda lungo la provinciale, ad ammirare le bellezze architettoniche di Zogno e di San Giovanni Bianco. Oltretutto, passato ciascuno dei due paesotti, non avrò neppure un'idea del perché si sia rimasti in coda così a lungo, visto che non ci sono intralci apparenti. Per di più, preso dalla foga di recuperare il tempo perduto, sorvolo di gran carriera il centro di Valtorta e mi ritrovo al parcheggio degli impianti sciistici. Lì però rifletto sul fatto che il pullman della sera non andrà oltre il paesino e che non è il caso di spararsi quei 5-6 km di strada asfaltata alle 7 di sera. Se non altro, la salita in macchina è stata utile per individuare un cartello segnavia, che indirizza al rif. Grassi per un fantomatico sentiero del ferro (o qualcosa di simile), numero 104/A. Ridiscendo allora a razzo in paese, parcheggio nell'ampio spiazzo sterrato che sta sotto il centro informazioni e, senza neppure provare a cercare il punto di attacco del sentiero "normale" (il 104), poco prima dello scoccare del mezzogiorno, tento l'improbabile impresa di andare a prendere il bus delle 18:31 a Ornica. E' superfluo dire che il Pizzo dei Tre Signori è avvolto da una cappa caliginosa che non promette nulla di buono.
 
Dopo un km abbondante di asfalto, che se non altro fa guadagnare i 1.100 m di quota, abbandono la strada e inizio a seguire il segnavia 104/A. La traccia è piacevole, perché percorre nel fresco del bosco il ripido fianco della valle fluviale che poco sotto passa proprio dal centro di Valtorta. Forse anche sin troppo piacevole, perché non guadagna un metro di dislivello e anzi ne perde una cinquantina, al momento di scavalcare con un solido ponte il fragoroso ruscello. La traccia passa sulla sinistra orografica, raggiunge una biforcazione a Y, si inoltra per un centinaio di metri nella vallecola di destra e scavalca di nuovo il ruscello, ripassando sull'altro lato. Sembra a questo punto indirizzarsi nel solco di sinistra (che dovrebbe essere quello di Foppabona), ma è solo una finta, perché dopo una breve rampetta fa una brusca inversione a U e si caccia definitivamente a destra, per risalire il solco che non abbandonerà più sino alla fine. Per qualche minuto si rimane a mezzacosta, per poi scendere a intercettare il torrente, che verrà guadato almeno tre volte, sempre al fresco del bosco. Il guadagno di quota è molto graduale e, senza troppo affanno, si arriva finalmente alla confluenza sul sentiero "normale", il 104.
 
Dalla partenza da Valtorta, ho impiegato circa un'ora; da quando ho abbandonato l'asfalto, circa 40 minuti. Considerato che il cartello all'inizio del 104/A dava 90 minuti per questo bivio e 180 per il rif. Grassi, rischio di dovermi ammazzare di bianchini al Bar Sport di Ornica, in attesa del pullman  :) In realtà, come poi scoprirò sulla mia pelle, la segnaletica nelle Orobie non presenta vie di mezzo: senza una logica apparente, alcuni tempi possono riferirsi al ritmo del pacioso camminatore della domenica, con tanto di sporta per il pic-nic da 10 kg sotto braccio; altri sembrano invece essere stati posizionati da un iron man, per di più dopato :)
 
Comunque, appena si inizia a calcare il 104, è già il momento di riattraversare il torrente (ripassando sulla destra orografica), per affrontare in salita l'ultimo tratto di bosco. Non prima, però, di avere allungato lo sguardo verso le pozze d'acqua sulla destra, dove una coppietta sta amoreggiando su un ampio masso levigato dal passaggio delle acque. Transito troppo rapido per potere lanciare uno sguardo più attento, per cui mi resterà per sempre il dubbio che la coppia non stesse semplicemente baciandosi e che addirittura potesse essere costituita da due ragazze ...
 
Appena uscito dal bosco (si dovrebbe essere attorno ai 1.400 m di quota), vengo immediatamente stroncato dall'afa ferragostana e il successivo pratone ingiallito, che il sentiero risale "dritto per dritto", 
sembra più ripido del Mortirolo. A confortare l'escursionista, c'è però il fatto che, sulla sinistra, si intravede il costone che si dovrà scavalcare (che non pare poi così lontano) e si intuisce il percorso del sentiero (che sembra molto più breve di quanto sarà). Con la lingua fuori, scavalco la Baita Lavez (1.511) e mi addentro nella stretta testata della valle, dove si guada per l'ultima volta quello che qui è poco più che un ruscelletto.
 
Sembra di poter toccare con mano il crinale, ma il fatto che poco più avanti una combriccola in discesa si scansi per "dare la precedenza a chi sale" mi fa capire che sarà ancora lunga e faticosa. Complice anche un lunghissimo traverso, che quasi mi riporta sino ai Piani di Bobbio, ci vorranno alla fine quasi 50 minuti dalla confluenza sul 104, per raggiungere il dorso del costolone, a una quota che potrebbe essere di circa 1.850 m.
 
La speranza è che si tratti già del crinale che dà sulla val Biandino, ma il caseggiato che si intravede dietro l'angolo è troppo deperito, per poter essere già il rif. Grassi. E, infatti, come poi rivelerà la carta Kompass, dovrebbe essere il cosiddetto "Caserone", quotato 1.859 m. Il costolone che ho appena scavalcato sale ripido alle sue spalle e sembra confluire sulla cresta principale delle Orobie, ma la cappa nebbiosa che avvolge il Pizzo è così fitta che non ci metterei la mano sul fuoco. Il problema più serio, però, è che del rif. Grassi non c'è proprio alcuna traccia, anche aguzzando lo sguardo verso occidente.
 
Mi concedo allora una breve sosta ristoratrice e riparto dopo qualche minuto, rassegnato al fatto che ci sarà da camminare almeno per un paio di km, prima di arrivarci. Il tempo di aggirare un paio di promontori erbosi e, finalmente, il casermone del rif. Grassi appare all'orizzonte, dove la cresta principale fa una brusca curva a 90° e ricava così una sorta d'insenatura. A essere onesti, non posso dire che l'ambiente mi entusiasmi, perché il crinale si snoda sonnolento a chiudermi tutto l'orizzonte ed è completamente tappezzato d'erba un po' ingiallita, su fino alla linea di cresta. Non c'è un albero neppure a pagarlo e dal prato non affiora neanche una vena rocciosa che sia degna di tal nome. Sembra insomma di stare a fare una scampagnata tra colline un po' spelacchiate e, quando mi sembra di intravvedere il tracciato del sentiero 101 un centinaio di metri più in su, non ho molte remore a rinunciare alla tappa al rif. Grassi (che avrò modo di rivisitare più comodamente dalla val Biandino) e a sparare su dritto per il prato.
 
Anche in questo caso, il dislivello si rivela superiore al previsto (almeno 150 m di ravanamento su per il pendio), ma dopo circa 2h15 dalla partenza, posso finalmente immortalare il primo segnavia "101", sul sentiero dei Solivi. Calcando le orme di alcuni escursionisti-fotografi a caccia di ungulati, in breve pervengo al pian delle Parole, dove si dirama verso sinistra la traccia che conduce al rifugio FALC, sotto il pomposo nome di "Dorsale Orobica Lecchese". Io invece continuo a seguire il "101", diretto verso il pizzo dei Tre Signori. Ora la piramide terminale è quasi visibile per intero, perché la cappa di umidità si è alzata di quota e si è trasformata in spessi cumuli, un po' bianchi e un po' minacciosamente grigi, che coprono quasi tutto il cielo.
 
Ancora qualche centinaio di metri e raggiungo un cippo, che dovrebbe segnare il confine tra gli allora stati del Veneto e di Milano. La data in cui dovrebbe essere stata conficcata la pietra è il lontano 1770, ma le scritte sono di un nero così vivace che non possono essere vecchie di 2 secoli e mezzo. Più facile che siano state recentemente ricalcate con l'Uni-Posca o che l'intero cippo sia stato da poco ottenuto con una stampante 3D, a immagine e somiglianza dell'originale.
 
Poco oltre, la cresta si fa aguzza come una lama e la traccia deve passare dapprima a destra (aiutata da alcune funi) e poi a sinistra (calcando le placche inclinate verso la val Biandino). Si perde qualche decina di metri sino a una depressione e, con un ultimo strappo più violento, si risale a zig zag sino alla Bocchetta Alta, dove si stacca ancor più ripido il sentiero che conduce al Caminetto e alla cima del Pizzo dei Tre Signori. Sono passate circa 2h35 da quando mi sono messo in marcia a Valtorta (il camminatore medio deve probabilmente considerare tra le 3h30-3h45) e qui termina la prima parte del mio giro "a trapezio". Ho percorso solo un lato, ma il grosso del dislivello è stato coperto (circa 1.350 su 1.700 m) e l'ultima tratta la farà il pullman al posto mio :) Rimane comunque un bel po' di strada da fare e allora mi fermo a ricaricare le batterie, mangiando il mio pranzo al sacco, mentre dei camosci(?) fanno altrettanto alle mie spalle, brucando l'erba un po' ingiallita.

Video: Valtorta - Bocchetta Alta Tre Signori

Link alla Tappa successiva: Bocchetta Alta Tre Signori - Rif. Benigni (Sentiero Orobie Occidentali 101/4)

Tourengänger: daniered


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