Doss di Vacch
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Come ben sa chi ci è salito, il Pizzo di Prata presenta un'orografia piuttosto complessa; e, più si sta bassi di quota, più i valloni e le costolature rocciose si intersecano in modo apparentemente caotico. Apparentemente: perché fino a pochi decenni orsono questo versante meridionale del Pizzo era percorso da un reticolo di sentieri che andava a raggiungere le numerose baite sparse in ogni più piccolo ripiano sfruttabile. Ora solo qualcuno degli itinerari più evidenti è ancora battuto dai cacciatori, ma cercando bene qualcosa si trova; e questa ne è la bibbia: https://sites.google.com/site/itineralp/relazioni/pizzo-di-prata-valli-meridionali .
Si tratta quasi sempre di sentieri ormai nascosti nella fitta vegetazione incolta, talora confusi da tracce di ungulati selvatici, ma sempre logici nel loro ricercare il passaggio migliore fra cenge e bancate rocciose. Pur non arrivando all'altezza delle "opere d'arte" dell'ingegneria spontanea dei Melat in Val di Mello, non fa difetto il poter incontrare scalinate, muri a secco, cenge adattate a colpi di scalpello e tutti quei piccoli adattamenti indispensabili ad un minimo di sicurezza nel salire.
Questa escursione è una delle più facili, con traccia sempre ben visibile o logicamente individuabile, e anche ben segnalata a vernice, benché i bolli siano per la gran parte ormai parecchio sbiaditi.
Dal punto di parcheggio si risale la Via Foppa fino ad un incrocio multiplo di strade, sentieri e piste forestali: seguendo le indicazioni si volge a sinistra in salita in direzione della visibile cava di granito ormai dismessa. Il sentiero, ripido e spesso gradinato, interseca varie volte la vecchia pista di servizio ai lavori minerari; portatosi in quota, intraprende un lungo traverso nel rado bosco con belle vedute sulle sottostanti paludi del Pozzo di Riva e del non lontano Lago di Mezzola. Ancora qualche serie di comode gradinate e si raggiunge il piccolo e nascosto terrazzo della Montagnola: le baite, tutte discretamente rimodernate, si allargano nel poco terreno disponibile circondate da fitti castagneti. Si raggiungono le costruzioni più in alto tendendo gradualmente a sinistra; passando a monte di un terreno recintato si esce in un vasto prato, al cui angolo in alto a destra un pertugio nella vegetazione consente l'accesso al sentiero per il Doss di Vacch: ai margini di una pietraia si nota il primo bollo rosso e una sbiaditissima scritta. Gli accumuli di grossi massi si attraversano in salita, con lingue di misera vegetazione a dividerli in tre colate; oltre questa antica frana si entra nel bosco alternando ripide salite a tratti di trasferimento in traverso. Oltrepassata una costolatura, si scende nel solco del torrente Pioggiosa, con il passaggio di una placca di roccia liscia tramite una passerella di tronchi; sull'altro versante inizia la vera salita: una interminabile e ripida sequenza di brevi tornantini, nel bosco e lungo qualche cengia, permette di salire fino ad un improvviso luminoso boschetto di betulle. Dopo pochi passi si affianca una stalla ricavata sotto un masso, già in vista della baita del Doss di Vacch (Alpe Prato delle Vacche, IGM). Impressionanti vedute sul fondovalle di Samolaco, inquadrato nelle aperture di profondi e selvaggi valloni. Ritorno per la via di andata.
Si tratta quasi sempre di sentieri ormai nascosti nella fitta vegetazione incolta, talora confusi da tracce di ungulati selvatici, ma sempre logici nel loro ricercare il passaggio migliore fra cenge e bancate rocciose. Pur non arrivando all'altezza delle "opere d'arte" dell'ingegneria spontanea dei Melat in Val di Mello, non fa difetto il poter incontrare scalinate, muri a secco, cenge adattate a colpi di scalpello e tutti quei piccoli adattamenti indispensabili ad un minimo di sicurezza nel salire.
Questa escursione è una delle più facili, con traccia sempre ben visibile o logicamente individuabile, e anche ben segnalata a vernice, benché i bolli siano per la gran parte ormai parecchio sbiaditi.
Dal punto di parcheggio si risale la Via Foppa fino ad un incrocio multiplo di strade, sentieri e piste forestali: seguendo le indicazioni si volge a sinistra in salita in direzione della visibile cava di granito ormai dismessa. Il sentiero, ripido e spesso gradinato, interseca varie volte la vecchia pista di servizio ai lavori minerari; portatosi in quota, intraprende un lungo traverso nel rado bosco con belle vedute sulle sottostanti paludi del Pozzo di Riva e del non lontano Lago di Mezzola. Ancora qualche serie di comode gradinate e si raggiunge il piccolo e nascosto terrazzo della Montagnola: le baite, tutte discretamente rimodernate, si allargano nel poco terreno disponibile circondate da fitti castagneti. Si raggiungono le costruzioni più in alto tendendo gradualmente a sinistra; passando a monte di un terreno recintato si esce in un vasto prato, al cui angolo in alto a destra un pertugio nella vegetazione consente l'accesso al sentiero per il Doss di Vacch: ai margini di una pietraia si nota il primo bollo rosso e una sbiaditissima scritta. Gli accumuli di grossi massi si attraversano in salita, con lingue di misera vegetazione a dividerli in tre colate; oltre questa antica frana si entra nel bosco alternando ripide salite a tratti di trasferimento in traverso. Oltrepassata una costolatura, si scende nel solco del torrente Pioggiosa, con il passaggio di una placca di roccia liscia tramite una passerella di tronchi; sull'altro versante inizia la vera salita: una interminabile e ripida sequenza di brevi tornantini, nel bosco e lungo qualche cengia, permette di salire fino ad un improvviso luminoso boschetto di betulle. Dopo pochi passi si affianca una stalla ricavata sotto un masso, già in vista della baita del Doss di Vacch (Alpe Prato delle Vacche, IGM). Impressionanti vedute sul fondovalle di Samolaco, inquadrato nelle aperture di profondi e selvaggi valloni. Ritorno per la via di andata.
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