Storia di un tanuki. E di come imparò a guardare i sassi.
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Galeotto fu WhatsApp.
E doppiamente galeotto fu il gruppo “Camminata Luglio al Tita Secchi + faccina sorridente + cuore con stelline + montagna + cuore verde”.
Un gruppo, va sottolineato, composto da persone convinte che risiedere nella provincia bresciana significhi (secondo qualche validissimo, ma a me sconosciuto, principio di ereditarietà genetica con i camuni) conoscere perfettamente l’altimetria di ogni vetta, la mappatura di tutti i sentieri e, ça va sans dire, gli orari e i menu di ogni rifugio!
E chi, fra tutti i partecipanti all’escursione, ha l’onore di vivere tra i vigneti della franciacorta e quindi, automaticamente, ad un passo dal Tonale ( N.d.A: battuta che, in passato, mi ha regalato diversi insulti)? La risposta è più semplice di quanto immagini, caro lettore…
Comunque.
L’istinto (sotto forma di una vocina nella mia testa che non so se attribuire al grillo parlante o a mia madre) mi suggerisce che sarebbe buona cosa testare la mia forma fisica, prima di finire in preda ai crampi a 200 metri dal parcheggio…
…e rischiando – dio non voglia - di non comparire nei selfie #titasecchi #mountainlovers #noncifermanessuno che appariranno su Instagram e Facebook!
E’ domenica, non so cosa fare e ho già visto le repliche di Sex and The City: quale occasione migliore, dunque, per indossare le mie bellissime scarpe fluo e fare due passi in salita?
Dopo un’attenta analisi, decido di scartare l’Orio Center e l’Outlet Fraciacorta in quanto non mi sembrano mete idonee…
Alzando lo sguardo al cielo in cerca di ispirazione (e di segnali di pioggia che giustifichino il mio inconscio desiderio di boicottare la passeggiata), ricordo che nel mio paese esiste una chiesetta chiamata Madonna del Corno.
Trovandosi ad un’altitudine maggiore di quella del campanile ed essendo circondata dagli alberi, non ho dubbi che rientri a pieno titolo nella categoria “Escursione montane di altissimo livello”.
Chissà… magari, se avrò fortuna, potrò farmi una foto con Reinhold Messner, che di sicuro sceglie questo percorso per i suoi allenamenti!
Il Sacro Fuoco del Decathlon si è impossessato di me: posso partire!
Ho tutto il necessario per sopravvivere a questa affasciante esperienza: motivazione, entusiasmo, cellulare carico collegato ad endomondo, fazzoletti e labello.
“Go!” mi dice la voce della signorina GPS. E io, garibaldinamente, obbedisco.
I primi metri, ancora in pianura e tra le via del paese, mi vedono in compagnia di una signora vestita di neoprene (credo…) e scarpe dondolanti rassoda-glutei che mi suggerisce di fermarmi a mangiare nel ristorante che troverò sul mio cammino.
Con superiorità, chiarisco l’equivoco e spiego che da qui a luglio mi nutrirò solo di cose sane e genuine, che farò almeno sei kilometri di corsa al giorno e che conosco la differenza tra ramponi e zamponi.
Lei mi guarda con sospetto e acidità (di sicuro invidia le mie adidas rosa), alza le spalle e poi prosegue con la sua passeggiata.
Mi sento già di snobbarla, dall’alto della mia vastissima esperienza escursionistica (in fieri, ovviamente).
Capisco che la salita vera e propria sta per iniziare quando un cartello mi avvisa che, proprio in quella direzione, si svolgono la Proai Golem e la Gimondi Bike, due gare molto famose in zona.
Pendenza del 16%, leggo su google (solo per informazione e non per prendere il fiato, sospettoso lettore!).
Ah bhe, se il massimo è 100% allora è facile! Il fatto che la strada si snodi un po’ troppo verticalmente per i miei gusti non mi insospettisce per niente.
Penso ai Led Zeppelin (chissà perché) e inizio a canticchiare sovrappensiero Stairway to Heaven: il mio subconscio ha capito il guaio in cui mi sto per cacciare.
Cinque minuti e cinque curve più tardi ho già levato felpa e pashmina (sì, avevo la pashimia), e sento su di me l’Occhio di Sauron della signora in neoprene che ride delle mie fatiche.
Ma non mi arrendo. Di certo i migliori scalatori del mondo hanno lasciato il loro DNA su questo sentiero… chi sono io per essere da meno?
Su Donna Moderna (o era il Manuale delle Giovani Marmotte) ho letto che, nei momenti di maggior fatica, bisogna distrarre la mente.
Penso che un bel mantra orientale potrebbe essere la distrazione perfetta: eleganza e saggezza in un colpo solo. Per questo, inizio a maledire (in loop e in ordine alfabetico) tutte le amiche e gli amici iscritti al gruppo WhatsApp: nome, cognome e vaffanculo per tutti.
Il trucco funziona e, finalmente, la salita finisce e arrivo al Castello.
Aspettate un momento: castello? C’è un Castello nel mio paese e io non lo sapevo?
Sto per affidarmi nuovamente a wikipedia quando sento delle voci in lontananza: schiamazzi di bambini.
Bambini? Impossibile! Questa è una salita per esperti, per gente allenata, per supercampioni. Che genitori scriteriati: costringere povere e innocenti creature a questo tour de force!
Sto per chiamare il telefono azzurro quando un dubbio mi coglie: i bambini, felici e contenti, saltano e corrono come se fossero a Gardaland. E la sola fatica che percepisco è quella della madre, che vuole a tutti costi infilare una felpa ad entrambi.
In un lampo, decido che nella mia autobiografia “Io e la Montagna” ometterò questo dettaglio. Quindi, gentile e omertoso lettore, chiedo anche a te la massima riservatezza a riguardo.
Il papà dei pargoli sette e ottenni (mi viene riferito) mi spiega che sono a metà strada.
Finalmente una buona notizia.
Ovviamente do per scontato che, da qui alla meta, il sentiero continui a svilupparsi senza pendenze eccessive.
Naturalmente mi sbaglio. E la salita continua. E continua. E continua. E continua.
Ad un certo punto (il mio solo riferimento visivo è dato dai ciottoli che hanno sostituito la terra sotto ai miei piedi) incontro una coppia di anziani, con tanto di scarponi e bastoni. Anche loro scendono allegri e poco sudati. Decido che ometterò anche questo dal mio futuro best seller.
In preda a visioni di cascate di gatorade e piadine alla nutella, svolto un ultima curva e scoppio a ridere: ecco la Madonna del Corno!
La mia mente poco religiosa mi suggerisce diverse origini per questo simpatico nome, ma la soddisfazione di avercela fatta è troppo grande e supera ogni cazzata partorita dalla mia mente stanca e dalle mie gambe ancora più stanche.
La chiesetta è piccola e si affaccia sulle torbiere e sul paese sottostante. Di fronte all’entrata c’è una piccola radura-balcone ombreggiata da alberi: un invito al relax che non posso rifiutare, mi capisci, energico lettore?
Mentre scatto foto alla sola parte di me ancora guardabile (i piedi) sento l’inconfondibile rumore di passi alle mie spalle. Passi veloci. Passi di qualcuno che… corre!
Ma cazzo! Tutti superman oggi?
Mi giro e vedo un ragazzo in completo atletico arancione (solo il completo, sfortunatamente) che sfreccia davanti alla chiesetta e scende verso il sentiero da cui sono arrivata.
Da dove sbuca questo qua? Mi domando. E, nonostante il boato di protesta del mio fisico acciaccato, mi alzo dalla mia comoda postazione e vado a curiosare.
Scopro due cose: il sentiero prosegue in avanti e… in alto. Una ripida scaletta ricavata nel terreno sale fino a perdersi tra la vegetazione, accompagnata dal cartello Proai Golem e da segni colorati che per me non vogliono dire assolutamente nulla.
Scarto l’ipotesi di salire ancora, ma mi incuriosisce scoprire dove conduce il sentiero pianeggiante.
Tap. Tap. Tap. Google viene di nuovo in mio soccorso e leggo che, appena più avanti, c’è una croce gigante che domina la “vallata”.
Effettivamente la croce si vede da casa mia e, mentalmente, mi riprometto di guardare un po’ meglio il circondario d’ora in poi.
Ingenuo lettore. Tu hai già capito come prosegue la storia vero?
No? Allora ti aiuto io, tranquillo.
Dopo aver ripreso fiato ancora una volta, saluto la croce e la chiesetta e torno verso casa. Felice. Con la consapevolezza di avercela fatta e con la serenità di avere il voltaren nell’armadietto delle medicine.
Ma poi mi fermo. E’ ancora presto e le mie gambe non sono in uno stato così pietoso. E tanto ho il voltaren.
Quindi mi volto e riparto verso la croce.
In effetti il sentiero è comodo e pianeggiante, senza bivi e senza arbusti della famiglia dadovecazzosbuca e giurochesemislogounacavigliatiestirpo. Il silenzio è quasi piacevole e non ho più così caldo. Strano a dirsi ma… mi sento bene.
Dopo una piccolissima salita, arrivo ad un spiazzo dove il sentiero si dirama: in avanti procede dritto, pianeggiante e invitante. A destra scende in una fangosa linea di terra rivoltata.
Il mio famigerato senso dell’orientamento (che mi permette di individuare Tezenis in cinque minuti in ogni centro commerciale) mi ordina di andare in avanti. E io mi fido.
Educato e morigerato lettore, ti risparmio il turpiloquio partorito dalla mia bocca nei 5 minuti successivi.
Ti basti sapere che, dopo aver temuto per la mia vita e dopo essermi aggrappata a foglie, rami e cose viscide di non chiara provenienza lungo un misero passaggio largo quanto una mia scarpa, ho scoperto che esisteva un’autostrada a quattro corsie che arrivava nello stesso punto. Il vaffanculo sdegnoso pronunciato dalle mie gentili labbra dovrebbe essersi sentito fino al Tita Secchi.
Dopo aver inveito contro le guide alpine, l’anas ed endomondo (il segnale gps si è perso senza il mio aiuto), mi calmo scattando orribili foto in controluce.
Al ritorno, e in preda al sacro spirito della Montagna, capisco che devo compiere un gesto caritatevole verso l’intera umanità e segnalare l’esistenza di un sentiero comodo al bivio che porta alla croce. Ripercorro a ritroso le tre corsie di sterrato giungendo alla svolta.
E lì il mio sorriso compiaciuto si trasforma in espressione ebete.
Il segnale c’era. Grande e chiaro. Una croce verde e una freccia che indica la destra.
Altro dettaglio da non citare in “Io e la Montagna”.
Sulla via di casa (nei pressi della chiesetta) incrocio un signore che, canticchiando, sta svuotando la vescica.
Bene, penso. Ecco qui uno che ha il mare dentro.
Il mare dentro. In montagna.
Rido per dieci minuti.
Ma l’istinto, questa volta saggiamente, mi suggerisce di non condividere questo pensiero con nessuno.
Nel tuo caso, paziente lettore che mi hai accompagnato fin qui, ho fatto un’eccezione…
E doppiamente galeotto fu il gruppo “Camminata Luglio al Tita Secchi + faccina sorridente + cuore con stelline + montagna + cuore verde”.
Un gruppo, va sottolineato, composto da persone convinte che risiedere nella provincia bresciana significhi (secondo qualche validissimo, ma a me sconosciuto, principio di ereditarietà genetica con i camuni) conoscere perfettamente l’altimetria di ogni vetta, la mappatura di tutti i sentieri e, ça va sans dire, gli orari e i menu di ogni rifugio!
E chi, fra tutti i partecipanti all’escursione, ha l’onore di vivere tra i vigneti della franciacorta e quindi, automaticamente, ad un passo dal Tonale ( N.d.A: battuta che, in passato, mi ha regalato diversi insulti)? La risposta è più semplice di quanto immagini, caro lettore…
Comunque.
L’istinto (sotto forma di una vocina nella mia testa che non so se attribuire al grillo parlante o a mia madre) mi suggerisce che sarebbe buona cosa testare la mia forma fisica, prima di finire in preda ai crampi a 200 metri dal parcheggio…
…e rischiando – dio non voglia - di non comparire nei selfie #titasecchi #mountainlovers #noncifermanessuno che appariranno su Instagram e Facebook!
E’ domenica, non so cosa fare e ho già visto le repliche di Sex and The City: quale occasione migliore, dunque, per indossare le mie bellissime scarpe fluo e fare due passi in salita?
Dopo un’attenta analisi, decido di scartare l’Orio Center e l’Outlet Fraciacorta in quanto non mi sembrano mete idonee…
Alzando lo sguardo al cielo in cerca di ispirazione (e di segnali di pioggia che giustifichino il mio inconscio desiderio di boicottare la passeggiata), ricordo che nel mio paese esiste una chiesetta chiamata Madonna del Corno.
Trovandosi ad un’altitudine maggiore di quella del campanile ed essendo circondata dagli alberi, non ho dubbi che rientri a pieno titolo nella categoria “Escursione montane di altissimo livello”.
Chissà… magari, se avrò fortuna, potrò farmi una foto con Reinhold Messner, che di sicuro sceglie questo percorso per i suoi allenamenti!
Il Sacro Fuoco del Decathlon si è impossessato di me: posso partire!
Ho tutto il necessario per sopravvivere a questa affasciante esperienza: motivazione, entusiasmo, cellulare carico collegato ad endomondo, fazzoletti e labello.
“Go!” mi dice la voce della signorina GPS. E io, garibaldinamente, obbedisco.
I primi metri, ancora in pianura e tra le via del paese, mi vedono in compagnia di una signora vestita di neoprene (credo…) e scarpe dondolanti rassoda-glutei che mi suggerisce di fermarmi a mangiare nel ristorante che troverò sul mio cammino.
Con superiorità, chiarisco l’equivoco e spiego che da qui a luglio mi nutrirò solo di cose sane e genuine, che farò almeno sei kilometri di corsa al giorno e che conosco la differenza tra ramponi e zamponi.
Lei mi guarda con sospetto e acidità (di sicuro invidia le mie adidas rosa), alza le spalle e poi prosegue con la sua passeggiata.
Mi sento già di snobbarla, dall’alto della mia vastissima esperienza escursionistica (in fieri, ovviamente).
Capisco che la salita vera e propria sta per iniziare quando un cartello mi avvisa che, proprio in quella direzione, si svolgono la Proai Golem e la Gimondi Bike, due gare molto famose in zona.
Pendenza del 16%, leggo su google (solo per informazione e non per prendere il fiato, sospettoso lettore!).
Ah bhe, se il massimo è 100% allora è facile! Il fatto che la strada si snodi un po’ troppo verticalmente per i miei gusti non mi insospettisce per niente.
Penso ai Led Zeppelin (chissà perché) e inizio a canticchiare sovrappensiero Stairway to Heaven: il mio subconscio ha capito il guaio in cui mi sto per cacciare.
Cinque minuti e cinque curve più tardi ho già levato felpa e pashmina (sì, avevo la pashimia), e sento su di me l’Occhio di Sauron della signora in neoprene che ride delle mie fatiche.
Ma non mi arrendo. Di certo i migliori scalatori del mondo hanno lasciato il loro DNA su questo sentiero… chi sono io per essere da meno?
Su Donna Moderna (o era il Manuale delle Giovani Marmotte) ho letto che, nei momenti di maggior fatica, bisogna distrarre la mente.
Penso che un bel mantra orientale potrebbe essere la distrazione perfetta: eleganza e saggezza in un colpo solo. Per questo, inizio a maledire (in loop e in ordine alfabetico) tutte le amiche e gli amici iscritti al gruppo WhatsApp: nome, cognome e vaffanculo per tutti.
Il trucco funziona e, finalmente, la salita finisce e arrivo al Castello.
Aspettate un momento: castello? C’è un Castello nel mio paese e io non lo sapevo?
Sto per affidarmi nuovamente a wikipedia quando sento delle voci in lontananza: schiamazzi di bambini.
Bambini? Impossibile! Questa è una salita per esperti, per gente allenata, per supercampioni. Che genitori scriteriati: costringere povere e innocenti creature a questo tour de force!
Sto per chiamare il telefono azzurro quando un dubbio mi coglie: i bambini, felici e contenti, saltano e corrono come se fossero a Gardaland. E la sola fatica che percepisco è quella della madre, che vuole a tutti costi infilare una felpa ad entrambi.
In un lampo, decido che nella mia autobiografia “Io e la Montagna” ometterò questo dettaglio. Quindi, gentile e omertoso lettore, chiedo anche a te la massima riservatezza a riguardo.
Il papà dei pargoli sette e ottenni (mi viene riferito) mi spiega che sono a metà strada.
Finalmente una buona notizia.
Ovviamente do per scontato che, da qui alla meta, il sentiero continui a svilupparsi senza pendenze eccessive.
Naturalmente mi sbaglio. E la salita continua. E continua. E continua. E continua.
Ad un certo punto (il mio solo riferimento visivo è dato dai ciottoli che hanno sostituito la terra sotto ai miei piedi) incontro una coppia di anziani, con tanto di scarponi e bastoni. Anche loro scendono allegri e poco sudati. Decido che ometterò anche questo dal mio futuro best seller.
In preda a visioni di cascate di gatorade e piadine alla nutella, svolto un ultima curva e scoppio a ridere: ecco la Madonna del Corno!
La mia mente poco religiosa mi suggerisce diverse origini per questo simpatico nome, ma la soddisfazione di avercela fatta è troppo grande e supera ogni cazzata partorita dalla mia mente stanca e dalle mie gambe ancora più stanche.
La chiesetta è piccola e si affaccia sulle torbiere e sul paese sottostante. Di fronte all’entrata c’è una piccola radura-balcone ombreggiata da alberi: un invito al relax che non posso rifiutare, mi capisci, energico lettore?
Mentre scatto foto alla sola parte di me ancora guardabile (i piedi) sento l’inconfondibile rumore di passi alle mie spalle. Passi veloci. Passi di qualcuno che… corre!
Ma cazzo! Tutti superman oggi?
Mi giro e vedo un ragazzo in completo atletico arancione (solo il completo, sfortunatamente) che sfreccia davanti alla chiesetta e scende verso il sentiero da cui sono arrivata.
Da dove sbuca questo qua? Mi domando. E, nonostante il boato di protesta del mio fisico acciaccato, mi alzo dalla mia comoda postazione e vado a curiosare.
Scopro due cose: il sentiero prosegue in avanti e… in alto. Una ripida scaletta ricavata nel terreno sale fino a perdersi tra la vegetazione, accompagnata dal cartello Proai Golem e da segni colorati che per me non vogliono dire assolutamente nulla.
Scarto l’ipotesi di salire ancora, ma mi incuriosisce scoprire dove conduce il sentiero pianeggiante.
Tap. Tap. Tap. Google viene di nuovo in mio soccorso e leggo che, appena più avanti, c’è una croce gigante che domina la “vallata”.
Effettivamente la croce si vede da casa mia e, mentalmente, mi riprometto di guardare un po’ meglio il circondario d’ora in poi.
Ingenuo lettore. Tu hai già capito come prosegue la storia vero?
No? Allora ti aiuto io, tranquillo.
Dopo aver ripreso fiato ancora una volta, saluto la croce e la chiesetta e torno verso casa. Felice. Con la consapevolezza di avercela fatta e con la serenità di avere il voltaren nell’armadietto delle medicine.
Ma poi mi fermo. E’ ancora presto e le mie gambe non sono in uno stato così pietoso. E tanto ho il voltaren.
Quindi mi volto e riparto verso la croce.
In effetti il sentiero è comodo e pianeggiante, senza bivi e senza arbusti della famiglia dadovecazzosbuca e giurochesemislogounacavigliatiestirpo. Il silenzio è quasi piacevole e non ho più così caldo. Strano a dirsi ma… mi sento bene.
Dopo una piccolissima salita, arrivo ad un spiazzo dove il sentiero si dirama: in avanti procede dritto, pianeggiante e invitante. A destra scende in una fangosa linea di terra rivoltata.
Il mio famigerato senso dell’orientamento (che mi permette di individuare Tezenis in cinque minuti in ogni centro commerciale) mi ordina di andare in avanti. E io mi fido.
Educato e morigerato lettore, ti risparmio il turpiloquio partorito dalla mia bocca nei 5 minuti successivi.
Ti basti sapere che, dopo aver temuto per la mia vita e dopo essermi aggrappata a foglie, rami e cose viscide di non chiara provenienza lungo un misero passaggio largo quanto una mia scarpa, ho scoperto che esisteva un’autostrada a quattro corsie che arrivava nello stesso punto. Il vaffanculo sdegnoso pronunciato dalle mie gentili labbra dovrebbe essersi sentito fino al Tita Secchi.
Dopo aver inveito contro le guide alpine, l’anas ed endomondo (il segnale gps si è perso senza il mio aiuto), mi calmo scattando orribili foto in controluce.
Al ritorno, e in preda al sacro spirito della Montagna, capisco che devo compiere un gesto caritatevole verso l’intera umanità e segnalare l’esistenza di un sentiero comodo al bivio che porta alla croce. Ripercorro a ritroso le tre corsie di sterrato giungendo alla svolta.
E lì il mio sorriso compiaciuto si trasforma in espressione ebete.
Il segnale c’era. Grande e chiaro. Una croce verde e una freccia che indica la destra.
Altro dettaglio da non citare in “Io e la Montagna”.
Sulla via di casa (nei pressi della chiesetta) incrocio un signore che, canticchiando, sta svuotando la vescica.
Bene, penso. Ecco qui uno che ha il mare dentro.
Il mare dentro. In montagna.
Rido per dieci minuti.
Ma l’istinto, questa volta saggiamente, mi suggerisce di non condividere questo pensiero con nessuno.
Nel tuo caso, paziente lettore che mi hai accompagnato fin qui, ho fatto un’eccezione…
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Communities: Hikr in italiano, Montagne di Casa
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