Chüebodenhorn, 3070
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Oggi devo portare il Capitano in Bedretto.
E’ incomprensibile come un milanese amante della montagna possa arrivare alla sua veneranda età senza averla mai vista, ma tant’è. E a me, per rimediare, tocca rinunciare ad una giornata di lavoro!
Ho scelto il Chubo soprattutto perché, per le presentazioni, la zona mi sembrava più spettacolare rispetto ad una Val Torta o ad un Poncione di Val Piana; ma anche un po’ perché non volevo, con un’esposizione nord, ritrovarmi a grattare via neve dagli sci come mi è successo sul Chilcalphorn. Salendo al Gerenpass ho la ragionevole certezza di trovare neve ben trasformata e rigelata che, quando “se squaia”, non si attacca.
Mi sforzo, però, di partire presto perché danno gran sole e, vista l’esposizione... Alle 7 e 35 abbiamo “già” gli sci ai piedi con la Valletta della Piansecco quasi tutta per noi: davanti, in alto, nei pressi della capanna, una coppia e un po’ più giù un single che abbiamo visto avviarsi arrivando ad All’Acqua.
Piero se la cava bene nonostante il piede incidentato ancora non completamente a posto, l’allenamento scarso, (solo l’ Arpiglia nel giorno dell’Engadinmarathon) e l’attrezzatura a noleggio, (ha il doppio equipaggiamento, ma tutto all’Aprica); in onorevolissimi quaranta minuti superiamo la Piansecco e ci avviamo verso i pendii che portano al Gerenpass.
La giornata è splendida e un po’ di vento, non fastidioso, ci accompagna rinfrescandoci quel tanto, impedendo agli occhiali di appannarsi e promettendoci neve non troppo molle per dessert.
I pendii, Capitano a parte, li conosciamo tutti; saliti e discesi una dozzina grassa di volte non smettono di affascinarmi, semplici ma non banali, con la loro lineare promessa di salita e fatica, ti portano su, decorati dalle guglie e dai canali del Cassina Baggio, a goder la scena dei giganti bernesi, dalla conca abbagliante del Chüebodengletscher.
E dopo questa digressione poetica che non so da dove ho copiato, andiamo al sodo: Piero rallenta un po’ e mi anticipa che si fermerà al colle, dove lo lascio per continuare solo.
La risalita dei quattrocento metri scarsi, di cui consta la piramide sommitale del Chubo, presenta un ventaglio di esposizioni che partono dal sud quasi pieno e terminano con il breve tratto di cresta nordnordovest. Nella parte centrale del ventaglio, trovare la strada migliore fra un tripudio di massi mal disposti non è sempre agevole e ricordo che in una delle occasioni precedenti, qualche anno fa, anche allora solitaria, incalzato dal maltempo, avevo piantato tutto. Questa volta, però, il single di cui accennavo in partenza ha tracciato bene, superando con determinazione, traversando verso nord, un paio di punti un po’ ostici che hanno invece convinto la coppia partita in testa ad abbandonare gli sci per guadagnare la cima a piedi. Così, passo anch’io. Dopo la seconda virata verso est il pendio, esposto, ora, ovest pieno, si fa più agevole e meno sassoso e, in breve, mi conduce alla cresta. La mia “guida” sta arrampicando le elementari roccette della cima, per cui accelero un po’: essendo mentalmente pigro, la procedura dell’autoscatto mi affatica pesantemente, per cui voglio sfruttare l’amico, prima che scenda, per una foto di vetta che credo di non avere in archivio. Depositati gli sci nel comodo balcone con impagabile vista sul Rotondo, che, da qui, finalmente, appare passabilmente rotondo, aggredisco i pochi metri finali e piombo sulla mia preda.
Non mi sarebbe sfuggita: Piero, così si chiama, come il socio abbondonato, il luganese di vetta, sta placidamente mangiando seduto davanti allo strapiombo che guarda verso la Piansecco. Cortesemente, acconsente alla mia richiesta, scattandomi qualche foto fra le quali ho scelto quella in cui, pronto a sfoderare le pistole, nascondo, come del resto in tutte le altre, (potevi anche dirmelo, Piero!) il Basodino, che, con il Blinnenhorn, coppia di scintillanti gioielli, ruba la scena agli scafati "quattromila" dell'Oberland.
Piero da Lugano dice che scende perché non vuol dar troppo tempo alla neve di smollarsi; lo seguo dopo una manciata di minuti. Neve dura e ricamata di tracce gelate sul versante ovest, poi attraversamento sassi verso sud e neve progressivamente più molle, ma ben sciabile, sul pendio sudovest e poi sud che porta al colle.
Il Capitano mi aspetta piuttosto intabarrato; lo star fermo gli ha fatto soffrire un po' il vento. Ma ti è piaciuto l'ambiente o no? Mmm sì, sì. Ma hai scollinato? LI hai visti i quattromila dell'Oberland? Mmm, bello, bello!
Quando si dice dare soddisfazione!
La discesa dal Gerenpass non è da ascrivere fra le memorabili, anche se per lunghi tratti, si scia bene, su di un bel pastone morbido ma non troppo cedevole. E anche dalla Piansecco in giù, teatro, altre volte, di memorabili sprofondamenti, nonostante l'ora abbastanza avanzata, caliamo a valle senza problemi, verso il fresco abbraccio di due boccali di birra.

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