Pizzo della Croce, 1491
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Nevica, nevica. Roba fine e gelata, ma dai e dai, anche su Como, un venti centimetri sono arrivati.
Vado a vedere com'è la situazione sulle montagne di casa. La sensazione è che, in assenza di fondo precedente, siano ancora poco sciabili, ma un "controllino" è una buona scusa per tirar fuori gli attrezzi.
San Primo o Generoso?
"Se vai, passa dall'Erminia a prendere uova e burro".
Generoso.
E' un po' tardino e nevica ancora, ma ormai c'è luce fin quasi ad un quarto alle sei e le previsioni promettono le prime schiarite.
E, in effetti, quando, dalla Bolla, mi avvio, tagliando il bosco di faggi, per il ben noto sentiero, un accenno di schiarita c'è. La neve è sui trenta abbondanti, polverosa e leggera; una larga traccia che sembra essere quella di una tavola in discesa mi permette di salire senza problemi per le solette, ma, a fianco, i bastoncini affondano e picchiano sul fondo sassoso del sentiero.
Sbuco ad Orimento e della schiarita si son perse le tracce. Nevica e, superato il rifugio, con il rarefarsi dei punti di riferimento, il bianco prende il sopravvento.
Taglio in diagonale il pendio dirigendomi verso l'Alpe Bol... dove dovrebbe esserci l'Alpe Bol: non si vede nulla. Solo gli aberi si stagliano ogni tanto a farmi da scuri segnavia nel bianco più totale.
Quasi fatico a tenere l'equilibrio nella neve alta.
Sotto l'Alpe Bol decido di lasciar perdere e ripiego verso Orimento, dove imbocco la larga cresta che porta al Crocione. Anche qui risalgo dapprima la vaga traccia lasciata dallo snowboarder, ma poi, per lo più, devo battere affondando fino al ginocchio. Fa freddo ma sono ugualmente sudato fradicio e la neve, che scende copiosa, completa l'opera dall'alto. Tengo d'occhio gli alberi alla mia sinistra per avere un riferimento nel bianco abbacinante e l'erba che ancora spunta dal manto pur alto, per garantirmi terreno sicuro ed evitare di sprofondare in qualche riale o qualche vecchia trincea. L'atmosfera irreale dilata anche la sensazione del tempo e vengo perfino sfiorato dall'assurdo sospetto di essere fuori strada, ma, alla fine, nella nebbia, si materializza la sagoma scura del Capannino.
Lo aggiro e affronto l'ultimo tratto di cresta che porta in vetta. Normalmente brevissimo, oggi è una piccola guerra: con sprofondamenti fin quasi all'inguine, nella neve portata dal vento e le punte degli sci che si infilano sotto le irregolari zolle erbose. Ma sono davvero poche decine di metri e, sia pure procedendo sempre alla cieca, dopo pochi minuti vedo comparire la croce di vetta.
Mi cambio e ritorno al Capannino dove, improvviso regalo di fine giornata, la nebbia si alza, lasciandomi perfetta visibilità sull'intero pendio di discesa.
E' vera powder, ma la mancanza di fondo si fa sentire ed il frequente inciampo in piante e zolle invita a non lasciarsi troppo prendere dall'entusiasmo. In basso, invece, sul pascolo ben tagliato è grande, quantunque assai breve, sciata. Certo che qui l'impianto di risalita non guastava: pista sempre disponibile per sciate sicure. Feriali, pomeridiane, serali e notturne. Ahimè, ci hanno abbandonato!
Andrò a dare un'occhiata al San Primo.
Vado a vedere com'è la situazione sulle montagne di casa. La sensazione è che, in assenza di fondo precedente, siano ancora poco sciabili, ma un "controllino" è una buona scusa per tirar fuori gli attrezzi.
San Primo o Generoso?
"Se vai, passa dall'Erminia a prendere uova e burro".
Generoso.
E' un po' tardino e nevica ancora, ma ormai c'è luce fin quasi ad un quarto alle sei e le previsioni promettono le prime schiarite.
E, in effetti, quando, dalla Bolla, mi avvio, tagliando il bosco di faggi, per il ben noto sentiero, un accenno di schiarita c'è. La neve è sui trenta abbondanti, polverosa e leggera; una larga traccia che sembra essere quella di una tavola in discesa mi permette di salire senza problemi per le solette, ma, a fianco, i bastoncini affondano e picchiano sul fondo sassoso del sentiero.
Sbuco ad Orimento e della schiarita si son perse le tracce. Nevica e, superato il rifugio, con il rarefarsi dei punti di riferimento, il bianco prende il sopravvento.
Taglio in diagonale il pendio dirigendomi verso l'Alpe Bol... dove dovrebbe esserci l'Alpe Bol: non si vede nulla. Solo gli aberi si stagliano ogni tanto a farmi da scuri segnavia nel bianco più totale.
Quasi fatico a tenere l'equilibrio nella neve alta.
Sotto l'Alpe Bol decido di lasciar perdere e ripiego verso Orimento, dove imbocco la larga cresta che porta al Crocione. Anche qui risalgo dapprima la vaga traccia lasciata dallo snowboarder, ma poi, per lo più, devo battere affondando fino al ginocchio. Fa freddo ma sono ugualmente sudato fradicio e la neve, che scende copiosa, completa l'opera dall'alto. Tengo d'occhio gli alberi alla mia sinistra per avere un riferimento nel bianco abbacinante e l'erba che ancora spunta dal manto pur alto, per garantirmi terreno sicuro ed evitare di sprofondare in qualche riale o qualche vecchia trincea. L'atmosfera irreale dilata anche la sensazione del tempo e vengo perfino sfiorato dall'assurdo sospetto di essere fuori strada, ma, alla fine, nella nebbia, si materializza la sagoma scura del Capannino.
Lo aggiro e affronto l'ultimo tratto di cresta che porta in vetta. Normalmente brevissimo, oggi è una piccola guerra: con sprofondamenti fin quasi all'inguine, nella neve portata dal vento e le punte degli sci che si infilano sotto le irregolari zolle erbose. Ma sono davvero poche decine di metri e, sia pure procedendo sempre alla cieca, dopo pochi minuti vedo comparire la croce di vetta.
Mi cambio e ritorno al Capannino dove, improvviso regalo di fine giornata, la nebbia si alza, lasciandomi perfetta visibilità sull'intero pendio di discesa.
E' vera powder, ma la mancanza di fondo si fa sentire ed il frequente inciampo in piante e zolle invita a non lasciarsi troppo prendere dall'entusiasmo. In basso, invece, sul pascolo ben tagliato è grande, quantunque assai breve, sciata. Certo che qui l'impianto di risalita non guastava: pista sempre disponibile per sciate sicure. Feriali, pomeridiane, serali e notturne. Ahimè, ci hanno abbandonato!
Andrò a dare un'occhiata al San Primo.
Tourengänger:
Nevi Kibo

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