Tra le nuvole di S.Bernardino
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Più che un gruppo di escursionisti oggi sembriamo una spedizione del National Geographic, raggiungendo il numero di ventisette sfollati dalla pianura, macchine fotografiche, zaini technicolor con minacciose ciaspole appese.
Siamo in territorio elvetico, a San Bernardino dove il maltempo ha abbassato le tapparelle impedendoci di vedere il panorama.
Dopo un primo strappo in salita le tracce del sentiero diventano rare come smeraldi rossi, fino a perdersi quasi completamente ad un bivio; mentre il gruppo procede diritto per un caminetto ghiacciato io e Pino, un altro adepto del comitato per l'abolizione delle ciaspole, optiamo per la destra cercando di aggirare il panettone innevato che si erge davanti a noi.
Superato un albero così solitario che evoca poteri magici , ritroviamo gli altri al pianoro soprastante dove inizia una piccola distesa di pino mugo.
La visibilità è prossima allo zero, lo sforzo per gli occhi per cercare qualche dettaglio è continuo, senza riferimenti spaziali (e dire che esiste la bussola) sono privo della facoltà di distinguere le distanze, muovendo un passo dopo l'altro solo nel contatto con la neve trovo una sorta di sicurezza.
La traccia scompare e riappare dispettosa, siamo un gruppo di fantasmi padani con giacche dai colori vivaci che si trovano letteralmente a camminare tra le nuvole. Spero solo di non incontrare San Pietro che beve il caffè con Bonolis!
Ammettiamolo, siamo strani a volte, potrei essere a casa su di una poltrona ad accarezzare il gatto e invece cammino in compagnia di freddo, nebbia e nevischio insieme ad altri individui felici di essere qui... forse quassù si vive la vita come un vento che muove i sensi, scoprendo il vero volto dei sogni.
Penetriamo la foschia in fila indiana, come una lenta nave di pirati nelle nebbie di mari sconosciuti e scuri, con il morale sott'acqua per il maltempo, senza parlare.
In certi momenti, come recitano le severe pagine del Talmud, una parola vale una moneta il silenzio due.
Ci vorrebbero poteri da X-men per riuscire a vedere l'aguzza cuspide del Piz Uccello, invece bisogna accendere la lampadina dell'immaginazione nel più puro senso leopardiano, fingere di vedere l'orizzonte e le sagome delle montagne apparire dietro il cespuglio opaco della nebbia.
L'ampia vallata sotto una coperta di neve ospita una superficie modellata da ghiacciai antichissimi.
Improvvisamente sul fondo compare l'ospizio, etereo come un tempio postatomico abbandonato in un film anime di Miyazaki, rifugio di mutanti nei giorni di tormenta.
L'ospizio, aperto nel 1825, ospitava i "rottieri", coloro che si occupavano dello sgombero della neve. Nei mesi invernali quando la coltre bianca era alta diversi metri, una tremolante luce alla finestra significava per i passanti la speranza di pane nero, formaggio e vin brulè.
Torniamo alla nostra epoca e alla nostra epica.
La discesa chiude l'anello del percorso sul dito anulare della valle tagliando geometricamente i sinuosi tornanti della strada che nei mesi estivi conduce al passo.
Il sipario di nuvole si apre per un istante, come un vecchio attore di teatro immobile al centro del palco della valle, entra in scena il Piz Uccello...per così poco che non riesco nemmeno a riprenderlo!
Mario è stato più veloce di me, lo ringrazio per le foto.
Evito la fonte termale di acqua ferrosa e punto dritto al pub dove spengo la sete con una birra, e stempero la nebbia rimastami addosso con un caffè.
Sera.
Casa.
Un tempo l'uomo cercava di seguire le orbite delle stelle alla ricerca della luce della conoscenza, ora con molta meno enfasi seguendo i programmi di Raisport accedo a due verità fondamentali:
la prima, Innerhofer ha vinto la medaglia di bronzo nella discesa libera a Garmisch.
la seconda, ecco dov'era il sole oggi!
soundtrack:
Miles Davis "So What"
http://www.youtube.com/watch?v=DEC8nqT6Rrk
Siamo in territorio elvetico, a San Bernardino dove il maltempo ha abbassato le tapparelle impedendoci di vedere il panorama.
Dopo un primo strappo in salita le tracce del sentiero diventano rare come smeraldi rossi, fino a perdersi quasi completamente ad un bivio; mentre il gruppo procede diritto per un caminetto ghiacciato io e Pino, un altro adepto del comitato per l'abolizione delle ciaspole, optiamo per la destra cercando di aggirare il panettone innevato che si erge davanti a noi.
Superato un albero così solitario che evoca poteri magici , ritroviamo gli altri al pianoro soprastante dove inizia una piccola distesa di pino mugo.
La visibilità è prossima allo zero, lo sforzo per gli occhi per cercare qualche dettaglio è continuo, senza riferimenti spaziali (e dire che esiste la bussola) sono privo della facoltà di distinguere le distanze, muovendo un passo dopo l'altro solo nel contatto con la neve trovo una sorta di sicurezza.
La traccia scompare e riappare dispettosa, siamo un gruppo di fantasmi padani con giacche dai colori vivaci che si trovano letteralmente a camminare tra le nuvole. Spero solo di non incontrare San Pietro che beve il caffè con Bonolis!
Ammettiamolo, siamo strani a volte, potrei essere a casa su di una poltrona ad accarezzare il gatto e invece cammino in compagnia di freddo, nebbia e nevischio insieme ad altri individui felici di essere qui... forse quassù si vive la vita come un vento che muove i sensi, scoprendo il vero volto dei sogni.
Penetriamo la foschia in fila indiana, come una lenta nave di pirati nelle nebbie di mari sconosciuti e scuri, con il morale sott'acqua per il maltempo, senza parlare.
In certi momenti, come recitano le severe pagine del Talmud, una parola vale una moneta il silenzio due.
Ci vorrebbero poteri da X-men per riuscire a vedere l'aguzza cuspide del Piz Uccello, invece bisogna accendere la lampadina dell'immaginazione nel più puro senso leopardiano, fingere di vedere l'orizzonte e le sagome delle montagne apparire dietro il cespuglio opaco della nebbia.
L'ampia vallata sotto una coperta di neve ospita una superficie modellata da ghiacciai antichissimi.
Improvvisamente sul fondo compare l'ospizio, etereo come un tempio postatomico abbandonato in un film anime di Miyazaki, rifugio di mutanti nei giorni di tormenta.
L'ospizio, aperto nel 1825, ospitava i "rottieri", coloro che si occupavano dello sgombero della neve. Nei mesi invernali quando la coltre bianca era alta diversi metri, una tremolante luce alla finestra significava per i passanti la speranza di pane nero, formaggio e vin brulè.
Torniamo alla nostra epoca e alla nostra epica.
La discesa chiude l'anello del percorso sul dito anulare della valle tagliando geometricamente i sinuosi tornanti della strada che nei mesi estivi conduce al passo.
Il sipario di nuvole si apre per un istante, come un vecchio attore di teatro immobile al centro del palco della valle, entra in scena il Piz Uccello...per così poco che non riesco nemmeno a riprenderlo!
Mario è stato più veloce di me, lo ringrazio per le foto.
Evito la fonte termale di acqua ferrosa e punto dritto al pub dove spengo la sete con una birra, e stempero la nebbia rimastami addosso con un caffè.
Sera.
Casa.
Un tempo l'uomo cercava di seguire le orbite delle stelle alla ricerca della luce della conoscenza, ora con molta meno enfasi seguendo i programmi di Raisport accedo a due verità fondamentali:
la prima, Innerhofer ha vinto la medaglia di bronzo nella discesa libera a Garmisch.
la seconda, ecco dov'era il sole oggi!
soundtrack:
Miles Davis "So What"
http://www.youtube.com/watch?v=DEC8nqT6Rrk
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