MONTE TIBERIO, SCALA FENICIA, MONTE SOLARO, CROCETTA DI CETRELLA E SENTIERO DEI FORTINI
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Si, mi rendo conto... è un resoconto lungo e denso, le foto sono tante!!
Ma la bellezza era tanta e andava raccontata nell'insieme.
Capri, 30 ottobre 2022
Arrivati a Capri da Sorrento con il primo traghetto del mattino, abbiamo in programma una visita non convenzionale dell'Isola. Innanzitutto siamo a piedi e non abbiamo intenzione di prendere mezzi, abbiamo con noi tutto quello che sono i nostri bagagli sulle spalle, nello zaino. Di certo la mondanità della piazzetta e degli hotel di lusso non è per noi. Per finire ci interessa la parte più "selvaggia" e "antica" di Capri, quella che non viene di solito raccontata.
Un profumo di pini marittimi, caffè e agrumi mischiato al sapore di mare ci accolgono già dalla Marina Grande e, nonostante sia mattino presto e il mese di ottobre, ci rallegriamo per il clima mite, quasi d'inizio estate!
Dopo un delizioso caffè e sfogliatella, ci abbandoniamo alla tentazione di una sciccheria: indossiamo il cappello di paglia che ci siamo comprati a Napoli: fà un po' turista e un po' "straniero" ma è l'unico tocco "glam" a cui non possiamo resistere.
Il programma per oggi prevede la salita verso Villa Jovis e Monte Tiberio, uno dei luoghi più suggestivi e ricchi di storia dell'isola.
Il sentiero che porta lassù è molto breve, circa 2 km, ma è già di per sé un’esperienza: si cammina tra vicoletti bianchi, silenziosi dove scorci di mare appaiono all’improvviso tra le case.
Camminiamo rilassati, già calati nella tranquilla atmosfera isolana.
Le rovine della Villa Jovis, residenza imperiale costruita da Tiberio nel I secolo d.C. sulla vetta del monte omonimo a circa 340mt sul livello del mare, sono visitabili acquistando un biglietto lì all'ingresso di € 6,00/cad. e ne vale la pena! È incredibile pensare che proprio lì, sospeso tra cielo e mare, l’imperatore romano abbia trasferito la sua residenza e governato l’Impero per oltre dieci anni, scegliendo la solitudine e l’altezza per proteggersi dai complotti di Roma. Le rovine, nel silenzio e nella solitudine della visita, sembravano raccontarci i segreti di un tempo lontano.
Lì vicino si può ammirare anche il cosiddetto Salto di Tiberio, una falesia a picco sul mare alta circa 297metri, dove si dice che l'imperatore facesse gettare i condannati direttamente in acqua.
Ci siamo quindi affacciati sul Belvedere, che è poi la vetta del Monte Tiberio, dove la vista sul Golfo di Napoli è così ampia da togliere il fiato. Un luogo ed una atmosfera nel complesso davvero potente: storia, mito e natura selvaggia si mescolano.
Terminata la visita, sempre camminando per circa 3 km di sali e scendi tra vicoletti con scorci di mare e scogliere siamo arrivati ai Giardini di Augusto; si tratta di giardini terrazzati voluti da Friedrich Alfred Krupp all’inizio del ‘900, un industriale tedesco innamorato dell’isola. Dai giardini si gode di una delle viste più iconiche di Capri: i Faraglioni si stagliano netti contro il mare, e sotto si snoda la sinuosa Via Krupp, una discesa a mare purtroppo chiusa per dissesto. Avrei tanto voluto percorrerla, ma anche solo scorgerla dall’alto è stato un piccolo incanto.
Abbiamo quindi proseguito per un rigenerante bagno sulla spiaggia della Marina Piccola.
Erano quasi le cinque quando siamo arrivati a visitare l'iconica Piazzetta. Il sole cominciava a calare lentamente e lì ci siamo lasciati tentare da un aperitivo al tavolino di un bar con vista sull'isola e sulla "dolce vita" che scorreva pigra. Il cocktail aveva il gusto di una giornata perfetta in quell’atmosfera sospesa che solo Capri, a fine stagione, riesce a regalare. Un’isola viva, che anche in autunno sa di estate, ma con il ritmo lento e intimo di chi si gode la bellezza senza fretta.
Una cena a base di pesce alla Marina Grande è stata la degna conclusione di questa prima giornata isolana.
Capri, 31 ottobre 2022
Dopo una semplice e deliziosa colazione nel giardino del nostro B&B, Sole e Luna, servita sotto alberi di arance, limoni e corbezzoli, ci sentivamo già in forma e carichi per una nuova "avventura".
Zaini in spalla, siamo partiti alla volta della Scala Fenicia. Questo sentiero antico, scolpito nella roccia, collega Capri con Anacapri, e un tempo era l’unica via di accesso tra i due centri. Si dice che sia stata costruita dai Fenici, ma più probabilmente fu opera dei coloni greci. In ogni caso, salire quei gradini è come attraversare i secoli: ogni passo porta con sé il peso e la forza delle generazioni che li hanno percorsi prima di noi. La salita è ripida ma affascinante. A metà strada ci siamo fermati a guardare il porto giù in basso, piccolo e azzurro, incorniciato da fichi d’india e pini e i panorami lungo la salita su tutto il golfo di Napoli e l'isola non sono certo mancati.
Inoltre durante la salita si incrociano anche alcune curiosità come la Cappella si Sant'Antonio da Padova, un luogo di culto del XVII secolo, noto anche come "cappella dei marinai", punto di riferimento per i marinai che navigavano di notte ma anche diverse Croci incise nella roccia, realizzate nel XVII secolo dai vescovi di Capri come protezione contro le cadute di massi. Siamo quindi arrivati ad Anacapri entrando per la famosa Porta della Differenza, un'antica porta che segnava il confine tra Capri e Anacapri. In totale la scala Fenicia è lunga circa 1,7km per 921 gradini e copre un dislivello di circa 300mt. Il nostro percorso è quindi terminato circa 700 mt dopo la Porta della Differenza, in Piazza Vittoria, cuore pulsante di Anacapri, dove si trova la stazione di partenza della seggiovia per il Monte Solaro. E qui ci siamo lasciati convincere a salire per sperimentare un'esperienza un po' particolare: per circa 15 minuti le sedie volano leggere a ritmo lento sopra le case, gli uliveti, i terrazzamenti e si ha tutto il tempo per assaporare il panorama. Arrivati lassù, 589 metri sul livello del mare, un favoloso panorama si apre davanti agli occhi: Capri, Napoli, la Costiera, le isole lontane. Abbiamo respirato a pieni polmoni. Ma il meglio doveva ancora venire.
Abbiamo imboccato il sentiero che attraversa la cresta del monte fino all’Eremo di Santa Maria a Cetrella, un luogo che pare sospeso nel tempo. L’eremo, costruito nel XVI secolo, era un rifugio per i frati e i pastori, ma anche un punto spirituale importante per i marinai, che da lì pregavano la Madonna per avere protezione in mare. Le pareti bianche, il silenzio sacro, le campane arrugginite dal sale… è un posto magico!
Proseguendo oltre l’eremo, siamo arrivati a Punta Cetrella, un balcone naturale a picco sul mare e tutto intorno il verde brillante dei cespugli di lentisco, l’alloro, il corbezzolo e gli agrumi. I sentieri tutti ben segnalati e semplici ci hanno lasciato tutto il tempo per guardarci in giro.
Dalla Vetta di Punta Cetrella, la discesa è su una carrareccia che porta direttamente in paese e da lì abbiamo proseguito il nostro cammino fino alla Villa Damecuta, un altro angolo di storia romana. Qui, si trovano i resti di una delle dodici ville imperiali volute da Tiberio a Capri. Meno nota di Villa Jovis, Damecuta è un luogo più selvatico, immerso nella vegetazione, dove si percepisce ancora il legame profondo tra l’uomo e la natura. Le rovine si mescolano al paesaggio, e ogni pietra sembra raccontare di epoche lontane, di venti antichi, di storie sussurrate tra le rocce.
Ed è da lì che inizia uno dei sentieri più incredibili dell’isola: il Sentiero dei Fortini. Una lunga camminata che costeggia la parte occidentale di Anacapri, tra rocce, mare, ginestre e pini. Il nome viene dai fortini borbonici che punteggiano il percorso, costruiti tra il XVIII e il XIX secolo per difendere l’isola dalle incursioni marittime. Oggi sono punti panoramici spettacolari, alcuni affacciati su piccole calette segrete, raggiungibili solo a piedi o dal mare. Abbiamo camminato per ore, in silenzio e meraviglia, con il sole che scendeva piano, colorando tutto di arancio e rosa. A tratti il sentiero è faticoso, in salita e su scogli a picco sul mare, un saliscendi continuo e così ad un tratto mi è arrivata una mia pensata: A Capri il metro di misura non è la linea retta, ma l’ipotenusa. Sì, perché qui non esiste niente di pianeggiante. Ogni passo è una scelta tra salire o scendere, mai stare fermi, mai scivolare via in orizzontale. Le strade, anche quando sembrano dritte, in realtà ondulano come onde di pietra, seguono il profilo dell’isola, si piegano, si contorcono, si insinuano nella roccia come vene di un corpo antico. È come se il territorio stesso ti costringesse a meritarti la bellezza, a conquistarla passo dopo passo. Non ti regala nulla, Capri. Ma quando ti dà qualcosa, lo fa con generosità: panorami, colori così intensi da sembrare irreali, profumi e quella sensazione profonda di essere parte di un luogo che non è solo bello… è vivo. Forse è per questo che, alla fine della giornata, la stanchezza ha un gusto diverso. Le gambe pesanti, i muscoli indolenziti, sono come le prove tangibili che hai vissuto davvero. E io, camminando su queste ipotenuse capresi, ho capito una cosa: non c’è niente di più appagante di guadagnarsi la meraviglia.
Quando siamo arrivati al Faro di Punta Carena, il tramonto era un’esplosione di luce sull’acqua. Lì, tra rocce calde e onde leggere, non abbiamo resistito: ci siamo tuffati in mare. Si, è il 31 ottobre, ma l’acqua è ancora tiepida e nuotare con il sole che si spegne sull’orizzonte è stato come entrare in un sogno. Capri ci ha mostrato la sua anima più vera — selvaggia, profonda, romantica. E mentre il faro cominciava a illuminarsi , abbiamo pensato che in fondo, ci sono luoghi che non si visitano… si vivono.
E questo, per noi, è stato uno di quelli.

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