Cima Dàssola
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Inusuale anello - anche un po' esplorativo - che permette di "sorvolare" con lo sguardo tutta la profonda Val Fabiòlo, percorrendone il filo di cresta orientale fino a convergere nel normale sentiero segnalato per il miglior punto panoramico della Bassa Valtellina. La Cima Dàssola, che è identificabile da chiunque percorra la Valtellina in direzione di Sondrio come picco roccioso posto sopra l'abitato di Campo Tartano, vive da sempre difficoltà toponomastiche: troviamo infatti numerose varianti quali "Scima de Dàsula", "Cima di Dàssola", "Cima d'Assola", "Cima Zocca"... Forse si arriverà ad un po' di chiarezza ora che si avvia ad una nuova notorietà grazie alla deviazione segnalata che si distacca dal percorso dell'Alta Via della Valtartano; nella traccia GPS si riporta invece la salita - dal Baitone di Dàssola alla cima - lungo il vecchio sentiero che si ritrova ancora leggermente segnalato. Percorso a tratti molto incerto, ma intuitivo, quello lungo la cresta fra la Bocchetta di Alfaedo e Baitone di Dàssola.
Subito dopo il parcheggio si abbandona la strada principale di Alfaedo per salire a sinistra lungo un vicolo stretto fra le case: al confine coi prati si troverà la prima indicazione di una gara di corsa in montagna. Seguendo le frecce gialle si risale comodamente all'interno del bosco fino a raggiungere i prati e le poche baite di Ronco; qui si abbandonano le indicazioni e si affronta la ripida mulattiera gradinata che si porta a scavalcare la dorsale per scendere poi in Val Fabiolo. Il percorso è a tratti esposto, ma sempre protetto da un corrimano a valle. Raggiunta l'apertura - più una valletta che un vero valico - identificata localmente come Bocchetta di Alfaedo (versante orientale) o Pass de la Muta (versante di Val Fabiolo) occorre trascurare il visibile sentiero con bollatura rossa che volge nettamente a sinistra per inerpicarsi sopra un piccolo tabernacolo: in breve le poco evidenti tracce si trasformano in un discreto, anche se scarsamente frequentato, passaggio. Il sentierino si mantiene dove possibile sul comodo filo della dorsale, fra roccette, cespugli e pochi alberi spesso fulminati durante i temporali; talora appoggia sui due versanti perdendosi un poco nell'erba delle radure. Un poco più impegnativo orientarsi nella parte alta, dove si percorre un'ampia abetaia priva di sottobosco e della benché minima traccia di passaggio umano (molte le tracce dei camosci); facendo attenzione si può trovare però un po' di aiuto cercando di identificare - anche se molto radi - antichi segni blu di lavori forestali. Ulteriori conferme, da ultimo, si ricavano da un piazzale di carbonai e dai resti basali di una baita. La luce che improvvisamente si accentua filtrando fra i tronchi annuncia l'uscita sui vasti pascoli di Dàssola, dove si incrociano le segnalazioni dell'Alta Via della Valtartano presso un piccolo gruppo
di rustici con cappelletta votiva (Baitone di Dàssola); da qui, seguendo vaghissime tracce nell'erba, alla baita più alta. Le tracce proseguono - quasi invisibili - in piano: appena entrati nuovamente nel bosco è necessario fare riferimento ad un muro a secco, dove si nota un primo bollo di vernice rosso scuro. I segnali sono visibili sui tronchi degli alberi e guidano la risalita di una valletta ricoperta di rododendri; al suo termine una nuova radura (baita con adiacente tronco di larice fulminato) precede il raggiungimento di un sottile crinale a confine con la media Valtellina (belle inquadrature panoramiche su Màsino e Bernina): da qui un sentiero - anche con tratti di adattamento artificiale - conduce fino ad una conca sotto la verticale delle rocce di vetta. Si prosegue - vista l'impraticabilità del versante - compiendo un ampio giro verso sinistra in senso orario sui dossi sassosi a margine della conca fino a raggiungere un grosso ometto di pietre. Da questo si sale ad attraversare una pietraia instabile in direzione di una breve cengia alla base di un lastrone di roccia: pochi passi e si raggiunge la cresta erbosa e sottile che conduce alla croce della Cima Dàssola.
Per la discesa è preferibile, per comodità e brevità, seguire la bollatura dell'Alta Via. Tornati al Baitone, si prosegue verso sinistra raggiungendo la Casera Dàssola e percorrendo un ampio giro, illogico e mal segnalato, utile però per andare a visitare un larice plurisecolare al margine di una radura. Ripresa la "retta via" si scende rapidamente una zona umida fino ad attraversare un vallone franoso lungo una briglia artificiale; da qui un lungo traverso pianeggiante accompagna fino alla picchiata della "Scalota", ripida e ravvicinata sequenza di tornanti sommersi da fogliame di faggio. In località "Curnelecc" si confluisce nella sconnessa traccia sterrata che dalla Casera Piazzo scende fino a Somvalle. Per abbreviare, la si abbandona allo sbucare sui prati, presso una baita isolata, dove si trova un sentierino più diretto. Al centro della conca erbosa che separa da Campo Tartano, si imbocca un sentierino nei prati che, presso una cappella votiva, si trasforma in una mulattiera selciata che gradualmente scende al livello delle cascate del Rio Dàssola. Qui il fondovalle, totalmente alterato nei decenni da successive frane-alluvioni (l'ultima cospicua nel 2008), segue strade di cantiere ormai ricoperte di cespugli, per poi tornare originale e bellissimo presso le baite di Spunda.
Rientrati nel bosco e attraversate alcune paleofrane ormai ben mimetizzate, si trova sulla destra il bivio per Alfaedo e la mulattiera - recentemente ben restaurata - comincia a salire molto ripidamente lungo un antico percorso spesso intagliato nella roccia e protetto a valle. [In questa zona, fino a parecchi anni fa, si poteva notare sulle chiome dei numerosi Pini silvestri inavvicinabili sullo strapiombo un'abbondante presenza di vischio]. In breve si giunge sui prati della Motta-Muta con le sue poche baite. Da qui il sentiero si impenna ulteriormente e, su terreno arido e assolato, raggiunge un crinale roccioso in vista della Valtellina; seguendo le tracce fra gli affioramenti rocciosi l'ambiente cambia completamente e ci si trova in una conca verde ed erbosa circondata da un muro a secco con al centro una curiosa baita cilindrica: Cà Redunda al Prà Bramusòi. Si prosegue in salita per pochi minuti e ci si trova a percorrere un corridoio fra due alture, che culmina nella Bocchetta di Alfaedo, dove si ritrova il percorso di andata.
NOTA. Molti anni fa (non ricordo: fra 15 e 20) era percorribile un espostissimo sentiero attrezzato che permetteva di evitare parzialmente la discesa in Val Fabiolo: distaccandosi dalla mulattiera principale nei pressi del Rio Dàssola, tornava a confluirvi all'altezza dei tornanti fra Motta e Cà Redunda. Già allora era semifranato e le catene erano tese all'altezza dei piedi in traversata su lisce e ripide piode cosparse di detrito. In questa escursione una pur attenta ricerca non ha dato indicazioni.
https://www.relive.cc/view/g35374722581
Subito dopo il parcheggio si abbandona la strada principale di Alfaedo per salire a sinistra lungo un vicolo stretto fra le case: al confine coi prati si troverà la prima indicazione di una gara di corsa in montagna. Seguendo le frecce gialle si risale comodamente all'interno del bosco fino a raggiungere i prati e le poche baite di Ronco; qui si abbandonano le indicazioni e si affronta la ripida mulattiera gradinata che si porta a scavalcare la dorsale per scendere poi in Val Fabiolo. Il percorso è a tratti esposto, ma sempre protetto da un corrimano a valle. Raggiunta l'apertura - più una valletta che un vero valico - identificata localmente come Bocchetta di Alfaedo (versante orientale) o Pass de la Muta (versante di Val Fabiolo) occorre trascurare il visibile sentiero con bollatura rossa che volge nettamente a sinistra per inerpicarsi sopra un piccolo tabernacolo: in breve le poco evidenti tracce si trasformano in un discreto, anche se scarsamente frequentato, passaggio. Il sentierino si mantiene dove possibile sul comodo filo della dorsale, fra roccette, cespugli e pochi alberi spesso fulminati durante i temporali; talora appoggia sui due versanti perdendosi un poco nell'erba delle radure. Un poco più impegnativo orientarsi nella parte alta, dove si percorre un'ampia abetaia priva di sottobosco e della benché minima traccia di passaggio umano (molte le tracce dei camosci); facendo attenzione si può trovare però un po' di aiuto cercando di identificare - anche se molto radi - antichi segni blu di lavori forestali. Ulteriori conferme, da ultimo, si ricavano da un piazzale di carbonai e dai resti basali di una baita. La luce che improvvisamente si accentua filtrando fra i tronchi annuncia l'uscita sui vasti pascoli di Dàssola, dove si incrociano le segnalazioni dell'Alta Via della Valtartano presso un piccolo gruppo
di rustici con cappelletta votiva (Baitone di Dàssola); da qui, seguendo vaghissime tracce nell'erba, alla baita più alta. Le tracce proseguono - quasi invisibili - in piano: appena entrati nuovamente nel bosco è necessario fare riferimento ad un muro a secco, dove si nota un primo bollo di vernice rosso scuro. I segnali sono visibili sui tronchi degli alberi e guidano la risalita di una valletta ricoperta di rododendri; al suo termine una nuova radura (baita con adiacente tronco di larice fulminato) precede il raggiungimento di un sottile crinale a confine con la media Valtellina (belle inquadrature panoramiche su Màsino e Bernina): da qui un sentiero - anche con tratti di adattamento artificiale - conduce fino ad una conca sotto la verticale delle rocce di vetta. Si prosegue - vista l'impraticabilità del versante - compiendo un ampio giro verso sinistra in senso orario sui dossi sassosi a margine della conca fino a raggiungere un grosso ometto di pietre. Da questo si sale ad attraversare una pietraia instabile in direzione di una breve cengia alla base di un lastrone di roccia: pochi passi e si raggiunge la cresta erbosa e sottile che conduce alla croce della Cima Dàssola.
Per la discesa è preferibile, per comodità e brevità, seguire la bollatura dell'Alta Via. Tornati al Baitone, si prosegue verso sinistra raggiungendo la Casera Dàssola e percorrendo un ampio giro, illogico e mal segnalato, utile però per andare a visitare un larice plurisecolare al margine di una radura. Ripresa la "retta via" si scende rapidamente una zona umida fino ad attraversare un vallone franoso lungo una briglia artificiale; da qui un lungo traverso pianeggiante accompagna fino alla picchiata della "Scalota", ripida e ravvicinata sequenza di tornanti sommersi da fogliame di faggio. In località "Curnelecc" si confluisce nella sconnessa traccia sterrata che dalla Casera Piazzo scende fino a Somvalle. Per abbreviare, la si abbandona allo sbucare sui prati, presso una baita isolata, dove si trova un sentierino più diretto. Al centro della conca erbosa che separa da Campo Tartano, si imbocca un sentierino nei prati che, presso una cappella votiva, si trasforma in una mulattiera selciata che gradualmente scende al livello delle cascate del Rio Dàssola. Qui il fondovalle, totalmente alterato nei decenni da successive frane-alluvioni (l'ultima cospicua nel 2008), segue strade di cantiere ormai ricoperte di cespugli, per poi tornare originale e bellissimo presso le baite di Spunda.
Rientrati nel bosco e attraversate alcune paleofrane ormai ben mimetizzate, si trova sulla destra il bivio per Alfaedo e la mulattiera - recentemente ben restaurata - comincia a salire molto ripidamente lungo un antico percorso spesso intagliato nella roccia e protetto a valle. [In questa zona, fino a parecchi anni fa, si poteva notare sulle chiome dei numerosi Pini silvestri inavvicinabili sullo strapiombo un'abbondante presenza di vischio]. In breve si giunge sui prati della Motta-Muta con le sue poche baite. Da qui il sentiero si impenna ulteriormente e, su terreno arido e assolato, raggiunge un crinale roccioso in vista della Valtellina; seguendo le tracce fra gli affioramenti rocciosi l'ambiente cambia completamente e ci si trova in una conca verde ed erbosa circondata da un muro a secco con al centro una curiosa baita cilindrica: Cà Redunda al Prà Bramusòi. Si prosegue in salita per pochi minuti e ci si trova a percorrere un corridoio fra due alture, che culmina nella Bocchetta di Alfaedo, dove si ritrova il percorso di andata.
NOTA. Molti anni fa (non ricordo: fra 15 e 20) era percorribile un espostissimo sentiero attrezzato che permetteva di evitare parzialmente la discesa in Val Fabiolo: distaccandosi dalla mulattiera principale nei pressi del Rio Dàssola, tornava a confluirvi all'altezza dei tornanti fra Motta e Cà Redunda. Già allora era semifranato e le catene erano tese all'altezza dei piedi in traversata su lisce e ripide piode cosparse di detrito. In questa escursione una pur attenta ricerca non ha dato indicazioni.
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