A 200 metri dal Monte Vigna Vaga
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La meta è il Monte Vigna Vaga (2332 m), nella “mia” Val di Scalve, che sto lentamente cercando di scoprire: ci andai per la prima volta nel 1982, ma, da quando ho incominciato a fare alpinismo, non ho fatto che un paio di vette, in valle.
Parto da Colere. Ho letto che è vietato risalire le piste e che c’è un sentiero apposta per gli scialpinisti (mi assimilo a loro, nonostante sia un ciaspolatore!), sostanzialmente la sterrata che va a Malga Polzone. Tuttavia, appena parcheggiata la macchina alla partenza della seggiovia, vedo degli scialpinisti partire proprio salendo lungo la pista. A questo punto, calzo le ciaspole e li seguo (scoprirò solo più tardi che la pista è chiusa), ma ad un bivio sbaglio e mi ritrovo senza volerlo molto più alto di quanto pensavo, un centinaio di metri sopra Malga Polzone. Nessun problema: anche se la sempre approssimativa mappa della Kompass che ho caricato sul mio GPS non mi aiuta granché invece di seguire la via scialpinistica che sale da Malga Polzone verso la Valle Conchetta mi addentro “a vista” tra alberi e vallette. È divertente procedere. La neve è inaspettatamente piacevole: si sprofonda, ma non troppo, e soprattutto non è crostosa! Qua e là sfrutto anche qualche zona di rigelo notturno che sostiene il mio peso. Finalmente, eccomi nella valle che porta al Passo di Fontanamora. Più velocemente di quanto potessi pensare, mi trovo sotto la mia vetta, che però è nascosta, poco chiara. Il GPS mi dice che è da qualche parte in direzione NW. C’è da risalire un pendio un po’ ripido, ma apparentemente non pericoloso in caso di scivolamento. Non ci sono strapiombi sotto. È attorno a mezzogiorno. Incomincio a salire, la pendenza aumenta, tiro fuori la piccozza. La neve, scaldata dal sole, diventa improvvisamente molto insidiosa. Inoltre, le croste di rigelo, prima portanti, ora si sbriciolano appena le tocco. Punto a delle roccette, sopra di me, che mi danno sicurezza per la mia progressione. Le raggiungo. Nel frattempo incominciano ad arrivare dall’alto scariche di detriti nevosi di un paio di centimetri di diametro e, contemporaneamente, sento il manto sotto le mie ciaspole diventare instabile. Sopra neve bagnata, sotto un fondo più duro. Per la prima volta nella mia vita ho timore di provocare una valanga. Resto tranquillo e concentrato, come sempre. Rinuncio alla mia meta, distante 200 metri in linea d’aria ed una trentina di metri di dislivello e scendo, fronte alla parete. Arrivato alla base, guardo su tutto il materiale scaricato nel corso della mia salita. Attorno, nessun segno di valanghe, ma meglio così. L’ambiente, per il resto, spettacolare, molto alpestre. Sono alla macchina prestissimo, ma la neve, diventata primaverile, non permetteva di restare in quota più a lungo.

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