Bike & Hike in Brescia. Second part with Upupa.
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Dopo i forti temporali del giorno prima oggi il cielo è sereno, l’aria è fresca e io non vedo l’ora di usare la mia “graziosa” bicicletta, dopo un ultima controllata al tallone del piede destro non mi resta che lanciarmi sulla solita strada che porta verso… Iaio.
Come nel giro precedente mi avvicino alla città seguendo la strada meno battuta, la strada che resiste all’antropizzazione avanzante, quella stessa strada dove qualche cascinale oppone resistenza al “dopo di noi”, un “dopo di noi” inteso come la città che si espande oltre la tangenziale.
Prima di oltrepassare il viadotto che porta verso il Q.re Lamarmora passo ancora una volta a lato dell’inceneritore, una luce speciale lo fa somigliare ad una centrale nucleare ed io spingo sui pedali per scappare, scappare da questo luogo che un po mi fa pensare a Chernobyl… dietro di me un altro “falso” ciclista mi tallona. Per tutta Via Malta ingaggio una sfida a colpi di sorpassi e contro sorpassi con l’ignoto infame che vorrebbe rubarmi lo scettro di “Bitossi Ad Honorem”, l’arrivo al semaforo mi vede vincente ma i polmoni dopo solo 3 km gridano già vendetta.
A differenza del 2 Giugno, oggi è una giornata lavorativa e le macchine sfrecciano come bolidi a Imola, fare il Gian Burrasca in questa situazione vorrebbe dire finire sull’ultima pagina di Bresciaoggi, dove la sezione necrologi è lì a ricordarti che ci vuole un attimo a guadagnarsi un Monoloculo.
Passo comunque veloce i semafori e altrettanto velocemente imbocco Via Matteotti dopo aver ingaggiato una sfida stile O.k. Corral all’altezza di Piazza della Repubblica, da qua al Q.re del Carmine sembra un altro mondo, saranno forse i sensi unici, sarà che di negozi ed affini in questa zona proprio non si abbonda, ma in quattro e quattr’otto mi ritrovo con la mia “biga” davanti a Iaio, oggi fortunatamente aperto e con il suo dehor già illuminato dal sole.
E’ abbastanza presto e l’idea di bere un Pirlo a stomaco vuoto m’impone una riflessione, intanto parcheggio il mio ferrovecchio. La porta è aperta… ciao Beppe, che ci fai in giro a quest’ora ? Beppe è un caro amico, Beppe è gran conoscitore di Brescia e mi invita a fare un giro a piedi su al Castello. Azz, mi tocca bere un Chinotto.
Scendiamo per un affollata Via S. Faustino, sfioriamo P.za Broletto ed entriamo in P.za Loggia, dopo una foto alla misteriosa Chiesetta di S. Rita ora puntiamo verso i vicoletti che portano al Castello, per chi viene da “fuori” è tutto ben segnalato. Usciamo dalla zona più abitata e guadagniamo la salita che porta all’ingresso del Castello, uno, due, tre passi, poi un volatile sfiora la mia testolina e plana nel giardinetto… ferma Beppe, qua c’è un Upupa che aspetta di essere fotografata.
L’Upupa è comunque un uccello schivo, e tra un passo e l’altro guadagna una zona piuttosto protetta dalla vista, ma è sempre lì, a quattro passi da me. Dov’è cazzo è la macchina fotografica? E lo Smartphone? Ho due oggetti tecnologici per le mani, ma vigliacca la miseria se mi decido ad estrarne almeno uno, quello più a portata di mano. Dai Menek, dehèdet! Impacciato come un pacifista che maneggia una granata riesco ad immortalare (malamente) il volatile mentre guadagna un alto fusto. A voi regalo una schifida foto, ma i nostri occhi hanno ricevuto un bel regalo.
Siamo all’interno delle mura del Castello che è visitabile gratuitamente e cominciamo a scoprirlo angolo per angolo; la costruzione risale al XIII Secolo e occupa la parte sormontante del Monte Cidneo. In giro c’è poca gente, solo qualche bresciano e una ventina di turisti tedeschi, la vista che si gode oggi da quassù è spettacolare e finalmente posso immortalare la città in tutta la sua interezza.
Ora però la sete comincia a farla da padrona e scendiamo spediti al Bar Battaglie, passiamo vicino all’Università, attraversiamo P.za S. Faustino ed eccoci da Iaio dove ora il dehor è semi occupato. Il chinotto andava bene prima ma ora un bel Pirlo di dimensioni bukowskiane non me lo toglie nessuno.
L’orario degli aperitivi attira sempre i “personaggi” che vivono il Carmine, tra questi Piero, un noto (purtroppo) etilista che spesso fa “spettacolo”, un anima vagante comunque integrata e ben voluta nonostante spesso quando ti si attacca come una cozza ti asciughi i cabbasisi come pochi.
Sono al terzo Pirlo e la mente comincia ad essere un po annebbiata, due cazzo di olive e un sacchetto di patatine non possono asciugare certo l’alcool nello stomaco. Iaio, Iaio, urla Piero, dammi un “bianco”. Iaio: to dit de no Piero, rompèm mia i cojoni, va a baita che no mia oia de supurtat.
Questo è uno “scontro” epico che si ripete tutti i giorni, ma Iaio è fedele al motto che non si da bere a chi è già in uno stato pietoso, da quella posizione non si muove. Passano altri “elementi”, meno colpiti dai vari “quintini”, lo scambio di battute sfiora la follia… è tempo di tornare a casa.
Salto sulla sella un po maldestramente, e questo mi costerà una pastiglia di Prostamol per disinfiammare la ghiandola, poi passo ancora per il centro, attraverso Piazza Arnaldo e costeggio Canton Mombello, “storico” carcere cittadino costruito nell’ottocento, da lì entri rubagalline ed esci che sei un Riina qualunque. Vado oltre Piazza Cremona e mi incasino nelle fitte viette anche se ho capito in che zona sono, Palazzo di Giustizia, e che cazzo, se mi fermano in queste condizioni mi multano per stato d’ebbrezza… non mi resta che velocizzare la rotazione dei pedali e guadagnare il Cavalcavia Kennedy che fatico a risalire.
Sono di nuovo a Brescia Due e le strade più sicure sono quelle percorse all’andata, sfidando un insolito istinto suicida decide di percorrere una trafficatissima Via S. Zeno per ritornare a casa. Riesco a raggiungere il Palatenda e mi fermo nei pressi della grande rotonda dove si incrociano varie strade… dai ce l’ho fatta, gli automobilisti hanno avuto pietà di me e adesso son più rilassato, la strada ora è un po più sicura ma con un po di attenzione si va. Ma si va dove? La vescica reclama, mollo la biga e mi lancio tra le frasche, fanculo ai passanti, oggi festeggiano anche i rovi.
Leggero, leggero volo sopra Folzano.
Nota 1): Eric… alla meta.
META.
Volteggio con la bici ed io mi sento asceta,
mi vedono sfrecciare e gridano Cometa,
ragazzi state calmi son solo un pentatleta.
Meta,
oltre i bei palazzi esiste ‘na pineta,
la gente si rinfresca camminando a zeta,
guardoni col mantello si spippan a man completa.
Meta,
da Iaio ci s’incontra e la gente si disseta,
il Pirlo è assai goloso se te lo serve Greta,
la mente un po annebbiata mi fa sentir poeta.
Se vado verso il centro la Loggia è un po “segreta”, e in fondo mi domando: ‘ndo cazzo è la mia Meta?
A’ la prochaine! Menek
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