La miniera di quarzo di Cadarese e altri misteri... - Valle Antigorio
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Tra le tante cose poco note della Valle Antigorio, c'è una miniera di quarzo abbandonata in prossimità della palestra di roccia di Cadarese, nella parte inferiore di un complesso versante che nasconde diversi segreti.
Per raggiungere la miniera, si percorre una cengia che sembra diventare esilissima fino a sparire nella parete, se la si osserva dalla strada che percorre il fondovalle tra Piedilago e Cadarese. In realtà la cengia si rivelerà più comoda del previsto ma la vera sorpresa sarà la miniera stessa: a dispetto dell'assenza di notizie a riguardo, si presenta estesa, con diverse ampie gallerie (visitabili a proprio rischio e pericolo...) e almeno cinque ingressi. Quello superiore, con la sua forma a caverna, suggerisce l'esistenza di un complesso ipogeo naturale preesistente, ipotesi da verificare ma che sembra confermata anche dalla presenza di un inghiottitoio visibile più in alto.
Una labile traccia risale il ripido pendio sopra la miniera fino alla parte più alta del sentiero segnalato che serve la palestra di roccia di Cadarese e permette di compiere un breve ma interessante anello, adatto a giornate in cui il meteo non promette nulla di buono per il pomeriggio.
Sopra il punto più alto del sentiero della palestra di roccia, un bel sentiero con tratti costruiti (non segnalato) risale il versante, alternando terrazzi boscosi e fasce di roccia. Sul primo di questi terrazzi c’è una cava di serizzo abbandonata, interessante esempio di cava coltivata con metodi preindustriali.
Le faggete di questo versante venivano sfruttate per raccogliere le foglie che costituivano l’imbottitura dei materassi. Ed è proprio sotto un mare di foglie che si trovano i gradini che salgono al più alto dei pianori, alla base di una parete rocciosa, dove il sentiero ha termine a circa 1150 m. All’estremità Sud della parete, sul bordo del canale che incide il versante, un ometto segnala l’unico punto in cui la roccia, altrimenti liscia, presenta qualche appiglio, in corrispondenza ad un vecchio cavetto molto malandato che porta a prendere in considerazione la possibilità di proseguire nella salita...
E così, a distanza di una settimana, con condizioni meteo più stabili, ritorneremo per superare il passaggio del cavetto senza però trovare altri segni di passaggio più in alto.
Alla fine di queste esplorazioni, rimane da scoprire il nome della miniera, a cosa servisse il quarzo, e perché sia stato costruito un sentiero che, apparentemente, non porta da nessuna parte...
Il giro della miniera
Sono con Ferruccio. Partiti da Cadarese, attraversiamo il Toce sul ponte carrabile ad uso agricolo posto a valle delle Terme di Premia e svoltiamo a destra (Sud) su strada asfaltata. In fondo al prato sulla sinistra (Est) si scorge un grosso masso, quasi al limitare del bosco. Giunti alle sue spalle, anziché proseguire lungo il percorso evidente che entra nel bosco a sinistra (Nord), da cui arriveremo al ritorno (è il sentiero della palestra di arrampicata), si piega a destra (Sud), inizialmente senza traccia, e si entra nel bosco, trovando dopo pochi metri i primi gradini del sentiero della miniera. Il percorso risale una cengia verso Sud. Nei tratti più esposti sono presenti dei cordini ma il calpestio è relativamente ampio e consente comunque di passare agevolmente. Giunti al primo ingresso, entriamo ad esplorare la miniera. All'interno si incontrano subito i binari arrugginiti di una decauville. Appare evidente che la parte scavata corrisponde ad una vena di quarzo posta tra due strati di serizzo.
A dispetto dell'ingresso, non proprio incoraggiante, la galleria si presenta spaziosa, con il soffitto alto e il fondo regolare.
Ad una sorta di bivio dove sono stati abbandonati dei carrelli, scendiamo a sinistra e, passati sotto una sorta di architrave di legno, arriviamo sulle sponde di un laghetto sotterraneo dove la galleria ha termine. Ritornati al bivio, proseguiamo nel ramo di destra fino al suo termine. Si nota un curioso effetto argentato sulla volta della galleria, dato da una miriade di piccole gocce d'acqua appese allo strato di limo che riveste la roccia.
Usciamo da dove siamo entrati e proseguiamo verso Sud su tracce fino ad affacciarci sulla selvaggia forra del Rio d'Autin, nei pressi di un grande rudere. Alle spalle del rudere, c'è il grande ingresso alto della miniera. Qui si giunge anche dalla zona antistante la prima galleria, seguendo un sentiero (gradini) che porta alla base di una parete per poi costeggiarla verso Sud.
La parete presenta anche tre ingressi laterali. A sinistra del primo di questi ingressi, un segno rosso su un tronco indirizza verso una vaga traccia che sale poggiando verso Nord e, con qualche passaggio delicato, permette di raggiungere una bella faggeta tra rocce arrotondate.
Superato un canalino dal fondo coperto di foglie, si incontrano dei segni rossi che portano sulla cengia dove ci sono le vie di arrampicata. Prima di iniziare la discesa, proviamo a risalire il canalino, incontrando subito dei bei tratti gradinati. Proseguiamo toccando una serie di pianori, fino a quello più alto, alla base di una parete. La costeggiamo integralmente da Nord a Sud, dove si incontra un grosso ometto, nel punto in cui ci si affaccia sul canale che incide il versante.
Sopra il segnavia, penzola un logoro cavetto, che porta l'attenzione sull'unico tratto della parete con qualche appiglio. Le previsioni meteo per il pomeriggio non sono buone e quindi decidiamo di rimandare l'esplorazione ad una giornata più adatta.
Ritornati ai segni rossi, percorriamo in discesa la cengia con le vie di arrampicata verso Nord fino al suo termine, incontrando dei bei tratti con gradini e tacche nella roccia. Il sentiero volge quindi a sinistra (Sud) e scende un ripido conoide fino a portarsi sul prato di fondovalle, alle spalle del grande masso incontrato all'inizio del giro.
La seconda esplorazione
Una settimana dopo risaliamo nuovamente il versante seguendo inizialmente il percorso delle palestra di roccia e superiamo il passaggio del cavetto (II+), raggiungendo un ripiano boscoso. In alto c'è solo roccia liscia e l'unica via di uscita e il canale sulla destra (Sud), che risaliamo fino ad un breve salto con rocce appoggiate ma prive di appigli, in quest'occasione bagnate e scivolose, dove decidiamo di interrompere l'esplorazione.
Durante la discesa, passeremo al setaccio ogni singolo terrazzo boscoso, in cerca di segni di attività umane, trovando alla fine, sul più basso di questi pianori, la cava di serizzo abbandonata citata nell'introduzione.
Per raggiungere la miniera, si percorre una cengia che sembra diventare esilissima fino a sparire nella parete, se la si osserva dalla strada che percorre il fondovalle tra Piedilago e Cadarese. In realtà la cengia si rivelerà più comoda del previsto ma la vera sorpresa sarà la miniera stessa: a dispetto dell'assenza di notizie a riguardo, si presenta estesa, con diverse ampie gallerie (visitabili a proprio rischio e pericolo...) e almeno cinque ingressi. Quello superiore, con la sua forma a caverna, suggerisce l'esistenza di un complesso ipogeo naturale preesistente, ipotesi da verificare ma che sembra confermata anche dalla presenza di un inghiottitoio visibile più in alto.
Una labile traccia risale il ripido pendio sopra la miniera fino alla parte più alta del sentiero segnalato che serve la palestra di roccia di Cadarese e permette di compiere un breve ma interessante anello, adatto a giornate in cui il meteo non promette nulla di buono per il pomeriggio.
Sopra il punto più alto del sentiero della palestra di roccia, un bel sentiero con tratti costruiti (non segnalato) risale il versante, alternando terrazzi boscosi e fasce di roccia. Sul primo di questi terrazzi c’è una cava di serizzo abbandonata, interessante esempio di cava coltivata con metodi preindustriali.
Le faggete di questo versante venivano sfruttate per raccogliere le foglie che costituivano l’imbottitura dei materassi. Ed è proprio sotto un mare di foglie che si trovano i gradini che salgono al più alto dei pianori, alla base di una parete rocciosa, dove il sentiero ha termine a circa 1150 m. All’estremità Sud della parete, sul bordo del canale che incide il versante, un ometto segnala l’unico punto in cui la roccia, altrimenti liscia, presenta qualche appiglio, in corrispondenza ad un vecchio cavetto molto malandato che porta a prendere in considerazione la possibilità di proseguire nella salita...
E così, a distanza di una settimana, con condizioni meteo più stabili, ritorneremo per superare il passaggio del cavetto senza però trovare altri segni di passaggio più in alto.
Alla fine di queste esplorazioni, rimane da scoprire il nome della miniera, a cosa servisse il quarzo, e perché sia stato costruito un sentiero che, apparentemente, non porta da nessuna parte...
Il giro della miniera
Sono con Ferruccio. Partiti da Cadarese, attraversiamo il Toce sul ponte carrabile ad uso agricolo posto a valle delle Terme di Premia e svoltiamo a destra (Sud) su strada asfaltata. In fondo al prato sulla sinistra (Est) si scorge un grosso masso, quasi al limitare del bosco. Giunti alle sue spalle, anziché proseguire lungo il percorso evidente che entra nel bosco a sinistra (Nord), da cui arriveremo al ritorno (è il sentiero della palestra di arrampicata), si piega a destra (Sud), inizialmente senza traccia, e si entra nel bosco, trovando dopo pochi metri i primi gradini del sentiero della miniera. Il percorso risale una cengia verso Sud. Nei tratti più esposti sono presenti dei cordini ma il calpestio è relativamente ampio e consente comunque di passare agevolmente. Giunti al primo ingresso, entriamo ad esplorare la miniera. All'interno si incontrano subito i binari arrugginiti di una decauville. Appare evidente che la parte scavata corrisponde ad una vena di quarzo posta tra due strati di serizzo.
A dispetto dell'ingresso, non proprio incoraggiante, la galleria si presenta spaziosa, con il soffitto alto e il fondo regolare.
Ad una sorta di bivio dove sono stati abbandonati dei carrelli, scendiamo a sinistra e, passati sotto una sorta di architrave di legno, arriviamo sulle sponde di un laghetto sotterraneo dove la galleria ha termine. Ritornati al bivio, proseguiamo nel ramo di destra fino al suo termine. Si nota un curioso effetto argentato sulla volta della galleria, dato da una miriade di piccole gocce d'acqua appese allo strato di limo che riveste la roccia.
Usciamo da dove siamo entrati e proseguiamo verso Sud su tracce fino ad affacciarci sulla selvaggia forra del Rio d'Autin, nei pressi di un grande rudere. Alle spalle del rudere, c'è il grande ingresso alto della miniera. Qui si giunge anche dalla zona antistante la prima galleria, seguendo un sentiero (gradini) che porta alla base di una parete per poi costeggiarla verso Sud.
La parete presenta anche tre ingressi laterali. A sinistra del primo di questi ingressi, un segno rosso su un tronco indirizza verso una vaga traccia che sale poggiando verso Nord e, con qualche passaggio delicato, permette di raggiungere una bella faggeta tra rocce arrotondate.
Superato un canalino dal fondo coperto di foglie, si incontrano dei segni rossi che portano sulla cengia dove ci sono le vie di arrampicata. Prima di iniziare la discesa, proviamo a risalire il canalino, incontrando subito dei bei tratti gradinati. Proseguiamo toccando una serie di pianori, fino a quello più alto, alla base di una parete. La costeggiamo integralmente da Nord a Sud, dove si incontra un grosso ometto, nel punto in cui ci si affaccia sul canale che incide il versante.
Sopra il segnavia, penzola un logoro cavetto, che porta l'attenzione sull'unico tratto della parete con qualche appiglio. Le previsioni meteo per il pomeriggio non sono buone e quindi decidiamo di rimandare l'esplorazione ad una giornata più adatta.
Ritornati ai segni rossi, percorriamo in discesa la cengia con le vie di arrampicata verso Nord fino al suo termine, incontrando dei bei tratti con gradini e tacche nella roccia. Il sentiero volge quindi a sinistra (Sud) e scende un ripido conoide fino a portarsi sul prato di fondovalle, alle spalle del grande masso incontrato all'inizio del giro.
La seconda esplorazione
Una settimana dopo risaliamo nuovamente il versante seguendo inizialmente il percorso delle palestra di roccia e superiamo il passaggio del cavetto (II+), raggiungendo un ripiano boscoso. In alto c'è solo roccia liscia e l'unica via di uscita e il canale sulla destra (Sud), che risaliamo fino ad un breve salto con rocce appoggiate ma prive di appigli, in quest'occasione bagnate e scivolose, dove decidiamo di interrompere l'esplorazione.
Durante la discesa, passeremo al setaccio ogni singolo terrazzo boscoso, in cerca di segni di attività umane, trovando alla fine, sul più basso di questi pianori, la cava di serizzo abbandonata citata nell'introduzione.
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