Hasan Dağı 3.268 m, il vulcano
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Hasan Dagi è il secondo vulcano per altezza della Cappadocia. Con il suo fratello maggiore Erciyes ha eruttato l'ultima volta circa ottomila anni fa creando le spettacolari formazioni geologiche nella zona di Goreme, incluse dall'UNESCO nei siti patrominio dell'umanità. Quindi prima di andare a vedere 'ste meraviglie vogliamo vedere dove tutto ha avuto inizio. Ma raggiungere la cima del vulcano non è stata proprio una passeggiata!!!
Prima cosa arrivare all'attacco del sentiero (sentiero?).
Abbiamo dormito nei pressi del paese di Ihlara. Da qui passando per Yenipinar e Helvadere, due minuscoli paeselli alle pendici del vulcano e per una agevole strada sterrata si raggiunge una specie di rifugio, chiuso, dove si può parcheggiare e si inizia la sfacchinata.
Scendendo ho registrato il percorso da Ihlara al parcheggio perchè, nonostante la gente incontrata si sia prodigata all'inverosimile per darci indicazioni non è stato facile imboccare la strada giusta.
La salita è faticosa, su terreno sconnesso, semidesertico e senza traccia alcuna. Ma mai esposta, anche nei tratti più ripidi.
Dal parcheggio nei pressi del rifugio si punta diritti alla cima risalendo il cono vulcanico mentre la pendenza aumenta costantemente. Giunti sotto i canali che portano al cratere si devia a sinistra aggirandoli tutti per imboccarne uno meno ripido degli altri. Ora la pendenza è notevole e il terreno molto sconnesso. Con grande fatica si guadagna finalmente la cornice del cratere. Con un ampio arco si giunge alla cima più alta segnata da una bandiera turca che vediamo appena usciti dal canale.
Dalla cima ammiriamo il cratere per intero, spettacolare, e l'altopiano anatolico, disteso a trecentosessantagradi intorno al vulcano, a perdita d'occhio, piatto e desertico, spezzato nella sua affascinante monotonia da qualche striscia verde nei pressi di alcuni paeselli e poche alture all'orizzonte.
Ci lasciamo scivolare tre le pietre nelle parti più ripide e poi camminiamo e camminiamo e camminiamo per tornare all'auto.
Per tutta la giornata non abbiamo incontrato nessuno, solo un asinello al mattino, che ci ha lanciato qualche sguardo perplesso.
Prima cosa arrivare all'attacco del sentiero (sentiero?).
Abbiamo dormito nei pressi del paese di Ihlara. Da qui passando per Yenipinar e Helvadere, due minuscoli paeselli alle pendici del vulcano e per una agevole strada sterrata si raggiunge una specie di rifugio, chiuso, dove si può parcheggiare e si inizia la sfacchinata.
Scendendo ho registrato il percorso da Ihlara al parcheggio perchè, nonostante la gente incontrata si sia prodigata all'inverosimile per darci indicazioni non è stato facile imboccare la strada giusta.
La salita è faticosa, su terreno sconnesso, semidesertico e senza traccia alcuna. Ma mai esposta, anche nei tratti più ripidi.
Dal parcheggio nei pressi del rifugio si punta diritti alla cima risalendo il cono vulcanico mentre la pendenza aumenta costantemente. Giunti sotto i canali che portano al cratere si devia a sinistra aggirandoli tutti per imboccarne uno meno ripido degli altri. Ora la pendenza è notevole e il terreno molto sconnesso. Con grande fatica si guadagna finalmente la cornice del cratere. Con un ampio arco si giunge alla cima più alta segnata da una bandiera turca che vediamo appena usciti dal canale.
Dalla cima ammiriamo il cratere per intero, spettacolare, e l'altopiano anatolico, disteso a trecentosessantagradi intorno al vulcano, a perdita d'occhio, piatto e desertico, spezzato nella sua affascinante monotonia da qualche striscia verde nei pressi di alcuni paeselli e poche alture all'orizzonte.
Ci lasciamo scivolare tre le pietre nelle parti più ripide e poi camminiamo e camminiamo e camminiamo per tornare all'auto.
Per tutta la giornata non abbiamo incontrato nessuno, solo un asinello al mattino, che ci ha lanciato qualche sguardo perplesso.
Tourengänger:
dodiesis

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