Calabria cap. II: moving on Sila
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Una Figata Pazzesca. Mi si perdoni il linguaggio popolare ma non trovo altre parole per descrivere la gita odierna cavalcando la Sila Grande, tra le province di Cosenza e Crotone, in Calabria.
Nella pianificazione dell'itinerario svoltasi smanettando su internet avevo trovato ben poco, pertanto, accontentandomi delle scarse informazioni reperite mi reco nella località di Camigliatello Silano che è un bel villaggio a quota 1300 m circa, assolutamente simile a tanti posti sulle Alpi. Parcheggiata l'auto, proseguo su asfalto per circa 1 km a pervenire alla stazione della funivia del Monte Curcio (in questa zona si scia d'inverno) che intendo salire. Per non commettere errori di itinerario, decido di muovermi restando sotto il tracciato dell'impianto che, ora con decisi strappi, ora su pendii più dolci mi porta in poco tempo alla stazione di monte dove c'è un rifugio (chiuso) e, poco più in alto una baita che corrisponde alla cima del Monte Curcio (1788 msm). Il panorama è già molto bello: a nord c'è il lago Cecita, mentre a sud è ben visibile la cima del Botte Donato che intendo raggiungere. Scendo dunque per prati il versante opposto ed entro nella Macchia Sacra. Da queste parti, per macchia si intende radura, alpeggio e infatti la zona è riccamente caricata di bestiame di razza Podolica. L'ambiente, assai selvaggio (non c'è traccia di essere umani) è di straordinaria bellezza e già fermarsi qui varrebbe la gita. Ma io proseguo e mi immetto sulla strada delle vette, una carrabile che percorre tutto il territorio. Decido di restare su questa via nonostante vi siano sentieri talvolta segnalati per non commettere errori e con piacevolissima camminata di diversi chilometri giungo in vetta al monte Botte Donato, la più alta cima della Sila e una delle principali della Calabria (per trovare elevazioni superiori ai 2000 m occorre andare sul Pollino). A dire il vero, da questo punto non si gode di grande panorama perché la vegetazione sulla sommità è piuttosto alta e perché anche in Calabria pare che il meteo non voglia decidersi ad essere finalmente estivo. Dal rifugio sottostante, tuttavia, si hanno belle visuali sul lago di Arvo. Su consiglio del rifugista, rientro per la via di andata con l'idea di allungare sino al Monte Scuro. Dopo un paio di chilometri sull'asfalto percorso all'andata comincio però ad annoiarmi e, contravvenendo ad ogni regola di buon senso, all'altezza di un pannello segnavia devio per il bosco. Con mia grande sorpresa, il tracciato è fittamente bollato bianco/rosso sugli alberi e procede in un ambiente da favola. Boschi fittissimi , talvolta bui e percorsi da numerosi corsi d'acqua, si alternano a macchie dove pascolano cavalli e vacche podoliche. In una di queste macchie è anche presente un toro che, naturalmente, sta facendo il suo mestiere e che aggiro a distanza di sicurezza visto che mi lancia occhiatacce per nulla amichevoli. Sono in totale estasi di fronte a questo paesaggio misterioso ed affascinante, calato nel sottobosco dentro un silenzio irreale mi par vedere lupi e streghe che fanno capolino dagli alberi secolari. Forse per questo stato di grazia che mi pervade, all'uscita sull'ennesima macchia, perdo il sentiero e non riesco più a rintracciarlo. Intorno a me, il nulla assoluto. I bolli, sino a poco tempo prima copiosi, completamente spariti. Don't panic, mi dico, peraltro non è la prima volta, anzi, con l'amico
POLI89, perdersi sulla via di ritorno è quasi una tradizione. ma qui è diverso, sono lontano dagli ambienti che mi sono familiari e non so cosa mi attende di là, oltre quella macchia o quel bosco. Su esilissimi tracce provo a muovermi nella direzione che mi pare più conveniente e, difatti, mi ritrovo su una via piuttosto ampia ma senza segnalazioni. Da qualche parte andrò, non so dove, ma andrò. Più a valle, sento del vociare, non mi pare vero dopo aver cavalcato ore di silenzio. Ascolto meglio: le voci sono numerose e festose, tipicamente giovanile. Senza pensarci su, scendo il pendio a tutta velocità e raggiungo le voci, che, con mia grande sorpresa, appartengono a un gruppo di Scout. Il loro capo, un gentilissimo signore calabrese del posto, è un vero pozzo di conoscenza di queste terre e, regalandomi una cartina, mi spiega tutte le alternative per il ritorno a Camigliatello. E' un piacere conversare con questa persona e potrei fermarmi per ore ma purtroppo il tempo stringe e riparto dal campo Scout che si trova in una località detta "piazzale Fallistro". Mentre risalgo il costolone di ritorno, incrocio gruppi di giovani scout i discesa. Hanno tra gli 8 e i 14 anni, sono gentili, educati, competenti e autogestiscono la loro gita rispettando i ruoli loro assegnati. Mi viene in mente che questa è la migliore gioventù e, guarda a caso, l'ho trovata per monti.
Forse tentato da comodi tratturi, per il ritorno scelgo di non reimmettermi nei fitti boschi e allungo un po' pervenendo a una zona dove ha sede una riserva del parco. Questo posto si chiama "I giganti della Sila" perché risiedono alberi giganteschi e secolari. Un po' come in Canada, sull'isola di Vancouver, solo che quel posto è conosciuto in tutto il mondo. Chi conosce i giganti della Sila?
Un addetto della forestale mi aggiorna sulla via del ritorno e mi spiega del lupo della Sila, copiosamente presente in queste zone ma praticamente invisibile all'uomo, specie in questa stagione. Rimango un po' deluso quando accenno ad aver sentito un ululato in mattinata e il gentile signore mi liquida con un "impossibile", attribuendo l'ululato ad un cane.
Ora di nuovo su asfalto raggiungo la località Croce di Magara e, procedendo sulla strada vecchia, con 6 km di snervante asfalto, ritorno a Camigliatello e all'auto.
Classificazioni:
T2 la salita al monte Curcio.
T1 la strada delle vette sino al monte Botte Donato.
T3 il ritorno per boschi e macchie, non tanto per difficoltà tecniche ma per la scarsa rintracciabilità dei sentieri, soprattutto in alcuni punti.
T1 il tratto finale dai Giganti della Sila a Camigliatello.
Quoto T2, che mi pare il dato medio più adeguato.
Sviluppo: 27 km; SE: 35 km.
Tempi comprensivi di pause, dislivello comprensivo di alcuni sali scendi.
Nella pianificazione dell'itinerario svoltasi smanettando su internet avevo trovato ben poco, pertanto, accontentandomi delle scarse informazioni reperite mi reco nella località di Camigliatello Silano che è un bel villaggio a quota 1300 m circa, assolutamente simile a tanti posti sulle Alpi. Parcheggiata l'auto, proseguo su asfalto per circa 1 km a pervenire alla stazione della funivia del Monte Curcio (in questa zona si scia d'inverno) che intendo salire. Per non commettere errori di itinerario, decido di muovermi restando sotto il tracciato dell'impianto che, ora con decisi strappi, ora su pendii più dolci mi porta in poco tempo alla stazione di monte dove c'è un rifugio (chiuso) e, poco più in alto una baita che corrisponde alla cima del Monte Curcio (1788 msm). Il panorama è già molto bello: a nord c'è il lago Cecita, mentre a sud è ben visibile la cima del Botte Donato che intendo raggiungere. Scendo dunque per prati il versante opposto ed entro nella Macchia Sacra. Da queste parti, per macchia si intende radura, alpeggio e infatti la zona è riccamente caricata di bestiame di razza Podolica. L'ambiente, assai selvaggio (non c'è traccia di essere umani) è di straordinaria bellezza e già fermarsi qui varrebbe la gita. Ma io proseguo e mi immetto sulla strada delle vette, una carrabile che percorre tutto il territorio. Decido di restare su questa via nonostante vi siano sentieri talvolta segnalati per non commettere errori e con piacevolissima camminata di diversi chilometri giungo in vetta al monte Botte Donato, la più alta cima della Sila e una delle principali della Calabria (per trovare elevazioni superiori ai 2000 m occorre andare sul Pollino). A dire il vero, da questo punto non si gode di grande panorama perché la vegetazione sulla sommità è piuttosto alta e perché anche in Calabria pare che il meteo non voglia decidersi ad essere finalmente estivo. Dal rifugio sottostante, tuttavia, si hanno belle visuali sul lago di Arvo. Su consiglio del rifugista, rientro per la via di andata con l'idea di allungare sino al Monte Scuro. Dopo un paio di chilometri sull'asfalto percorso all'andata comincio però ad annoiarmi e, contravvenendo ad ogni regola di buon senso, all'altezza di un pannello segnavia devio per il bosco. Con mia grande sorpresa, il tracciato è fittamente bollato bianco/rosso sugli alberi e procede in un ambiente da favola. Boschi fittissimi , talvolta bui e percorsi da numerosi corsi d'acqua, si alternano a macchie dove pascolano cavalli e vacche podoliche. In una di queste macchie è anche presente un toro che, naturalmente, sta facendo il suo mestiere e che aggiro a distanza di sicurezza visto che mi lancia occhiatacce per nulla amichevoli. Sono in totale estasi di fronte a questo paesaggio misterioso ed affascinante, calato nel sottobosco dentro un silenzio irreale mi par vedere lupi e streghe che fanno capolino dagli alberi secolari. Forse per questo stato di grazia che mi pervade, all'uscita sull'ennesima macchia, perdo il sentiero e non riesco più a rintracciarlo. Intorno a me, il nulla assoluto. I bolli, sino a poco tempo prima copiosi, completamente spariti. Don't panic, mi dico, peraltro non è la prima volta, anzi, con l'amico

Forse tentato da comodi tratturi, per il ritorno scelgo di non reimmettermi nei fitti boschi e allungo un po' pervenendo a una zona dove ha sede una riserva del parco. Questo posto si chiama "I giganti della Sila" perché risiedono alberi giganteschi e secolari. Un po' come in Canada, sull'isola di Vancouver, solo che quel posto è conosciuto in tutto il mondo. Chi conosce i giganti della Sila?
Un addetto della forestale mi aggiorna sulla via del ritorno e mi spiega del lupo della Sila, copiosamente presente in queste zone ma praticamente invisibile all'uomo, specie in questa stagione. Rimango un po' deluso quando accenno ad aver sentito un ululato in mattinata e il gentile signore mi liquida con un "impossibile", attribuendo l'ululato ad un cane.
Ora di nuovo su asfalto raggiungo la località Croce di Magara e, procedendo sulla strada vecchia, con 6 km di snervante asfalto, ritorno a Camigliatello e all'auto.
Classificazioni:
T2 la salita al monte Curcio.
T1 la strada delle vette sino al monte Botte Donato.
T3 il ritorno per boschi e macchie, non tanto per difficoltà tecniche ma per la scarsa rintracciabilità dei sentieri, soprattutto in alcuni punti.
T1 il tratto finale dai Giganti della Sila a Camigliatello.
Quoto T2, che mi pare il dato medio più adeguato.
Sviluppo: 27 km; SE: 35 km.
Tempi comprensivi di pause, dislivello comprensivo di alcuni sali scendi.
Tourengänger:
rochi

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