Wonderful Australia
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Premessa: se cercate idee per una gita non leggete questo report. Qui non si parla di montagne ma del ricordo di un viaggio ormai lontano…
Alla mia età si guarda sempre meno avanti e sempre più indietro. Allo sparuto gruppetto di amici e congiunti che ancora marciano al mio fianco fa da contralto lo stuolo di coloro che si sono fermati per strada. Ci sono poi delle esperienze indimenticabili che si radicano nel tuo essere e faranno parte per sempre del tuo io e questa è una di quelle. Faccio così un balzo all’indietro di oltre 45 anni per ricordare questo viaggio arrivando a Settembre 1968. Era, in realtà, un viaggio di lavoro; giovane e speranzoso tecnico elettronico ero stato assunto da una azienda prestigiosa, la Selenia (attuale Alenia) che tra le molte attività aveva anche una Divisione Spazio dove si facevano progetti all’avanguardia in Italia. Erano anni d’oro per un giovane, confrontati a quelli odierni: oltre ad un ambiente di lavoro “american style”, oltre a lavorare come collaboratore di validi ingegneri progettisti, scoprivi che la Job Evaluation ogni anno ti assegnava un aumento di stipendio commisurato al tuo rendimento e capacità ancor prima che tu iniziassi a pensare alla tua paga. Catapultato in quei laboratori direttamente dalla scuola dove avevo lasciato le “valvole termoioniche” mi trovai di fronte ai primi circuiti integrati; questo è solo come uno degli esempi della enorme esperienza che ho avuto modo di fare lì. Intendiamoci il PC sarebbe arrivato solo dopo una decina d’anni, quei circuiti integrati stanno a quelli moderni come un asteroide sta al Sole ma con quei mezzi noi facevamo cose mirabili. Tornando in tema, avendo partecipato alla realizzazione di un’apparecchiatura di telemetria che sarebbe servita per seguire il lancio di un satellite artificiale del consorzio ELDO (European Launcher Development Organization) che sarebbe avvenuto da Woomera, nell’Australia del Sud, fui inviato assieme ad altri a Gove, nell’Australia del Nord dove avremmo installato questa ed altre apparecchiature che avrebbero seguito il satellite. Per me si trattò anche del mio battesimo del volo e che volo! Un volo durato tre giorni (allora c’erano i Boeing 707 di limitata autonomia) anche per una serie di traversie occorse: al decollo pensavo che un motore si fosse incendiato scambiando la luce rotante sotto l’ala per fuoco (per dire della mia “grossa” esperienza aerea!). Durante il volo rimanemmo colpiti da quegli strani movimenti di piazza di cui ci informarono e che avvenivano a Parigi: sì proprio il famoso ’68 di cui oggi si parla in modi completamente opposti, tra coloro che lo videro come una rivoluzione attesa e quelli che lo giudicarono in modo estremamente negativo. Scalo al Cairo, il successivo a Karachi e poi a Bangkok. Qui come zombie girammo alla ricerca di un locale dove sfamarci. Ricordo questo mondo rutilante di luci, di persone, di colori. Approdati in un locale per turisti, ci vennero serviti cibi fuori da ogni mia immaginazione con salsine ultrapiccanti e scoprimmo poi che tra i vari assaggi c’era anche del serpente, tutto sommato buono, e altre repellenze. Il grande fiume con barche-abitazioni di povera gente i cui bambini seminudi si lavavano nell’acqua giallastra, donne di età e colorito indefinibile agli angoli delle strade offrivano bevande e cibi non certo consueti per noi; in alto sul fiume palazzi ricchissimi davano la misura del divario che c’era tra le varie classi sociali. Il nostro hotel era sontuoso e nell’enorme e lussuoso ascensore ragazze orientali durante la salita cercavano clienti offrendosi con estrema disinvoltura; tutto ciò era stupefacente per chi, come me, non era mai andato fuori dalla nostra Italia. Ubriachi di sonno dormimmo profondamente e al mattino ci imbarcammo sul volo per Hong Kong; senonchè avvicinandoci alla città in un cielo nero come l’inchiostro ci venne detto che un tifone la stava investendo ed era impossibile atterrarvi. Venimmo dirottati su Formosa, scortati da aviogetti militari (la guerra del Vietnam era ancora in corso) e lì venimmo lasciati diverse ore in pista, senza aria condizionata e in un clima infuocato. Quando Dio volle si ripartì e toccammo Singapore dove godemmo di una insonne notte tropicale e al mattino successivo con Qantas abbandonammo la Malesia e sorvolando il Mare di Timor atterrammo a Darwin, piccola città di ca. 100.000 abitanti del Nord Australia. La ricordo come una città di frontiera, primo contatto con l’Australia per chi viene da Occidente o dall’Australasia e come tale popolata da molti Italiani; non era difficile vedere insegne di bar che offrissero “Cappuccino”. Il nostro viaggio non era ancora finito; scendemmo dall’intercontinentale per salire su un piccolo Dakota della MMA che a terra costringeva a raggiungere il proprio posto percorrendo il corridoio in salita. Questi aerottoli sono diffusissimi e servono gran parte del trasporto locale. Nel nostro caso dovevamo volare per 600 km sopra una foresta di eucalipti per raggiungere la meta finale: la Penisola di Gove che si allunga nel Mar di Arafura e fa parte della Terra di Arnhem. Lo stile di questi piloti è quello attuato dai rapaci: sta alto finchè non individua la radura dove atterrare e a quel punto in semi-picchiata scende rapidamente a terra; facemmo innumerevoli fermate, come un “aerobus” per depositare e imbarcare persone. Finalmente all’aeroporto di Gove, venimmo trasferiti in jeep alla base militare dove avrei trascorso circa 1 mese ½ e dove fummo accolti da una comunità multinazionale. C’erano Australiani, Francesi, Inglesi tutti facenti parte del programma; di loro ricordo che erano simpatici e sempre alla ricerca di attività interessanti da praticare nel tempo libero. La base era circondata dalla foresta degli onnipresenti eucalipti ed il mare del Golfo di Carpentaria era vicinissimo e bellissimo come tutti i mari tropicali. Nostri “vicini” erano una Missione anglicana che si occupava degli Aborigeni locali e un impianto minerario che estraeva bauxite dalla terra rossa che vedevamo ovunque (da questo minerale si estrae alluminio). A parte le ore di lavoro dedicate ad installare e collaudare armadi di apparecchiature all’interno di una sorta di box-bunker i passatempi erano vari tipi di giochi, letture, conversazioni e giri nei dintorni della base. Un grande rilievo avevano i pasti preparati dall’ottimo cuoco, un grasso e simpatico Inglese, sempre allegro, e le libagioni. Dopo cena grandi bevute di birra rendevano allegri tutti, anche quelli più taciturni; quando dico birra non intendo una birretta a testa: ho visto bere una cassa di birra da un paio di persone! Un modo di combattere il caldo e la lontananza da casa? Può darsi; d’altra parte la gente rimaneva lì fino all’arrivo dei monsoni dopodichè si spostavano nelle città del Sud e la base veniva praticamente abbandonata. Il clima era feroce, tropicale nel senso geografico della parola e i condizionatori d’aria lavoravano sempre. Ci spostavamo nella base con Vespe (proprio le nostre italianissime Vespe), con Mini-Moke o con le più capaci Land Rover e Toyota. Nei week-end esploravamo la foresta scoprendo, ad esempio, relitti di aerei da guerra giapponesi che erano stati abbattuti durante la 2° Guerra mondiale; cercavamo, con qualche titubanza, incontri con animali come wallaby (piccoli canguri), bufali, molto meno volentieri con i pericolosi serpenti, ecc. Andavamo in visita presso la Missione dove la comunità di Aborigeni inscenava per noi le loro rappresentazioni che con danze ricordavano i riti degli antenati, gli animali simbolo della loro non-religione (in realtà si tratta di credenze animiste non molto comprese dagli occidentali per le quali lo Spirituale pervade ed è contenuto in tutto ciò che ci circonda, sia pietra, albero o essere vivente). Altra attività che piaceva a tutti era il portarsi al vicino Mar di Arafura con le Land cariche di cibo e bevande, dormire sulla nuda spiaggia e raggiungere isolette di sabbia bianchissima poco distanti con le ottime barche Canadian in alluminio; il nuoto era poco praticabile per via di squaletti che a volte si spingevano verso riva. Invece dove le mangrovie si immergevano nel mare gironzolavano alligatori non troppo bendisposti verso il bagnante. Ma sulla barca si era al sicuro; il mare pescosissimo offriva anche ad uno digiuno di tecnica come me la possibilità di catturare pesci di diversi chilogrammi semplicemente con una lenza, un amo e un’esca! Il bottino veniva arrostito sapientemente dall’allegro cuoco e divorato dagli intervenuti direttamente sulla spiaggia dove trascorrevamo tutto il fine settimana. Tra le più belle immagini che credo resteranno sempre impresse nella mia memoria ci sono quelle dello svegliarsi sulla spiaggia accarezzati dai primi raggi di fuoco del sole e vedere alcuni pescatori entrare in acqua armati di reti; più tardi arrivavano dei bambinetti che cercavano di guadagnare qualcosa vendendoci delle bellissime conchiglie tirate a lucido. E curiosi si informavano della nostra provenienza; quando dicevamo loro che venivamo da molto lontano loro ci chiedevano candidamente: “Dalle Isole Figi?”. Per loro le vicine isole erano già una remota località.
Guadagnata un’abbronzatura come mai ho più avuto, al termine di questa vacanza che mi vergogno di chiamare “lavoro” giunse il momento di rientrare a casa. Visto che poco prima di partire per l’Australia avevo conosciuto la persona che ha poi spartito con me gioie e dolori di una vita organizzai il rientro in modo di passare a trovarla prima di arrivare alla destinazione finale. Così, dopo una notte lunghissima trascorsa in aereo, fortunatamente senza più i problemi dell’andata, feci scalo ad Atene per una mezza giornata e poi arrivai a Milano armato di valigia, lancia e boomerang acquistati come souvenir, con la pelle color del cuoio e ancora abituato alla estrema disinvoltura di una t-shirt e dei pantaloncini.
Cosa dire di più? Che gli amici australiani prima di partire mi offersero di tornare a lavorare laggiù, alle dipendenze dell’Ente cui apparteneva la base; dopo che la “morosina” si trasformò in moglie ci pensammo diverse volte quasi convinti a fare quel passo ma poi altri legami e responsabilità ci fecero optare per il no. Peccato: occasione sfumata ma….i ricordi no! Quelli non te li leva nessuno.
Una visione Google del posto:
Carta Hikr
Qualche altro riferimento:
http://it.wikipedia.org/wiki/Australia
http://www.sapere.it/enciclopedia/ELDO.html
http://it.wikipedia.org/wiki/European_Space_Research_Organization
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