Monte Padrio
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Oggi devo portare Martina ad assaggiare lo scialp.
C’era stato un primo timido approccio qualche anno fa; poco più che una cunetta, poi le pelli erano state riposte e dimenticate.
Per il nuovo battesimo, scelgo una meta facile e comoda da raggiungere: dall’Aprica, dove stiamo trascorrendo qualche giorno di vacanza, in poco più di venti minuti si sale a Trivigno e da lì, con poco dislivello e piacevole ed elementare percorso, si sale in vetta al Monte Padrio.
Questo variegato e panoramico grugnolo, parte della Linea Insubrica che, nel suo tratto lombardo, si insinua fra la catena principale delle Alpi e le Orobie, facendo da spartiacque fra Valtellina e Valcamonica, è meta assai frequentata e, quando innevato è l’ideale per brevi gite, anche pomeridiane e sgambate propedeutiche ad un buon piatto di pizzoccheri.
Saliamo seguendo, a seconda dell’estro del momento, eterogenei spezzoni di traccia, (ciaspole, sci, scarponi, motoslitta), che decorano, un po’ ovunque, il fianco della montagna.
Dopo qualche affanno iniziale, Martina se la cava bene, raggiungendo in poco più di un’ora entrambe le vette del monte, (in realtà, credo che quella più occidentale abbia un suo proprio nome, ma non ne sono sicuro).
Lo spettacolo offerto dalla vetta ha come protagonista principale l’Adamello, ma lo sguardo spazia su un consistente numero di interessanti vette delle Orobie e delle Alpi.
Purtroppo la neve, assolutamente intrattabile, non concede una discesa di quelle che fanno innamorare dello scialpinismo, ma Martina se la cava discretamente e sembra comunque soddisfatta della sua prima cima.
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