Monte Palino, quello vero


Publiziert von cai56 , 2. Juli 2023 um 08:52. Text und Fotos von den Tourengängern

Region: Welt » Italien » Lombardei
Tour Datum:28 Juni 2023
Wandern Schwierigkeit: T3+ - anspruchsvolles Bergwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Zeitbedarf: 7:00
Aufstieg: 1520 m
Abstieg: 1520 m
Strecke:Andata e ritorno 15,11 km
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Da Milano a Sondrio lungo le statali 36 e 38; alla rotonda principale della città svoltare a sinistra in direzione Valmalenco. Proseguire seguendo le indicazioni per Caspoggio; in centro al paese, appena dopo un distributore di carburante, prendere a destra verso la frazione Santa Elisabetta. Ampio parcheggio in Piazzale Ilario Pegorari.

Il titolo sembra fuorviante ed anche un po' presuntuoso, ma c'è una spiegazione per tutto. Cominciamo col dire che nella tradizione locale (e quindi anche nella toponomastica popolare) un "Monte Palino" non esiste, ma non esiste semplicemente perchè da Caspoggio non è visibile la cima; altre accezioni, più o meno confuse, del tipo "Sufrina" e simili non sono ben collocabili: forse corrispondono al dosso con la croce per l'alluvione del 1987 o all'insignificante - ma visibile da Caspoggio - rilievo distante un centinaio di metri dalla vetta e di essa 3 o 4 metri più basso, pure con croce.
L'escursione è bella ed accattivante solo per la metà superiore, perchè da Santa Elisabetta a Piazzo Cavalli si seguono forzatamente strade forestali abbondantemente poste ad unire le numerose contrade o i tracciati di servizio alle varie piste da sci ormai dismesse da anni. [In realtà esistono - e ce ne siamo accorti già al ritorno perchè erano in corso intensi lavori di sfalcio - diverse scorciatoie, peraltro non segnalate o segnalate discostamente dal passaggio]. Comunque, oltrepassato il rudere dell'ultima stazione a monte di uno skilift, si inizia una bella salita in ambiente alpino che, più o meno inserita nel bosco di abeti e larici, ad un'attenta osservazione del terreno, si rivela svolgersi su di un'immensa ed antichissima frana di blocchi che ha probabilmente dimezzato il volume di tutto il crestone sommitale del Monte Palino. 
Per quanto riguarda la segnaletica, nella parte bassa "carrozzabile" è presente - e non sempre del tutto chiara - solo quella verticale; una volta iniziato il vero sentiero, la bollatura è sempre presente, anche se talmente sbiadita da essere utile solo occasionalmente: per fortuna sopperisce al meglio la capillare presenza di ometti costruiti dai passanti.
Nei pressi della cima si incontrano due tratti attrezzati: una scala con catena ed una lunga fune metallica (quest'ultima ancorata alla parete in modo deplorevole).


Il parcheggio coincide con l'ultimo tratto di strada pubblica, per proseguire - possibile comodamente in auto ancora a lungo - è necessario un permesso da richiedersi in comune. Comunque sia, si imbocca la stradina asfaltata che sale fra le villette in direzione di Sant'Antonio e potendo se ne sfruttano le scorciatoie [al contrario di quanto si legge in alcune relazioni, almeno in estate, non è possibile risalire direttamente la pista da sci per non rovinare o intralciare le attività agricole]. Si accosta il nucleo di Prabello, ancora piuttosto tradizionale, poi si sale alla chiesa di Sant'Antonio che precede le numerose costruzioni di Pianaccio; proseguendo sulla strada che diventa sterrata, dopo qualche curva, si nota sulla sinistra l'indicazione per una scorciatoia che, con un largo giro in un bel bosco di conifere, raggiunge i margini della ex-"Pista del Sole": risalendola direttamente o seguendo la pur ripida pista di servizio, si raggiunge il pianoro di Piazzo Cavalli, con la stazione a monte della seggiovia (unico impianto ancora funzionante), un ristorante, la sede dell'ex-scuola di sci ed alcuni ruderi. Qui occorre nuovamente prendere le distanze da quanto - poco - riportato in rete: è inutile andare a cercare qualche suggerimento di prosecuzione sulle visibili paline nei pressi di una captazione dell'acquedotto (si riconosce: sembra un nuraghe), perchè quanto indicato - a parte la direzione per il Rifugio Cristina-Alta Via della Valmalenco - non è reperibile sul terreno, fagocitato da vigorosi ontani. Semplicemente conviene proseguire al centro della ex-pista "Dosso dei Galli" (anch'essa in via di invasione da parte di rododendri, ginepri ed ontanelli) lungo il tratturo di servizio; oltrepassata una garitta di controllo, si raggiunge il termine ultimo della "civiltà" nei pressi della stazione a monte - crollata - dell'ultimo skilift in quota della compianta skiarea di Caspoggio. A questo punto si comincia veramente a camminare su di un vero sentiero di montagna, che si rivela subito piuttosto intenso, ma facilmente riconoscibile e percorribile con discreta comodità. Inizialmente si procede in un rado bosco dove gli alberi, comunque vetusti, hanno trovato collocazione fra i massi di una frana che risulta così antica da apparire ormai quasi completamente interrata; poi la percentuale di terreno sassoso aumenta e la vegetazione si riduce a pascolo incolto e qualche cespuglio: dal sommo di un dosso si scorge poco lontano in una valletta, la Zoca del Pegurèe, la piccola costruzione in legno di un riparo costruito da alpini e cacciatori (sempre aperto, è noto, pur senza alcuna indicazione in loco, come Bivacco Sufrina). La traccia tende quindi verso sinistra addentrandosi in una presenza di cespugli (notevole la quantità di salici arbustivi) e serpeggiando fra sassi sempre più invasivi si accosta al poggio che regge la Croce della Sufrina, traliccio in ferro dipinto di bianco, che commemora l'alluvione valtellinese del 1987. Un piccolo disegno sulla roccia indirizza invece verso destra in direzione del Monte Palino: da qui i segni di passaggio praticamente scompiaiono ed occorre procedere da un masso all'altro seguendo la fitta teoria di ometti impilati in posizioni evidenti (in effetti più evidenti in discesa). Si procede a margine di un larghissimo vallone altrettanto sassoso (da cui sarebbe possibile una salita a partire dalla sottostante Alpe Cavaglia, lungo il sentiero della AVdV,  ma senza alcuna indicazione), che porta i segni di recenti ma limitati movimenti franosi. In avvicinamento al culmine di rocce più solide, si scavalca un gradino roccioso tramite una abbondante scala di inox, aggiunta alla vecchia catenella di ferro, che porta ad avvicinarsi a due canalini paralleli ed inclinati che sarebbero il "clou" della salita: il sinistro, forse più comodo, risulta un poco terroso e friabile (passaggio non ufficiale), ma il destro è stato attrezzato con staffe metalliche ed un lungo cavo mal ancorato ai fix con moschettoni apribili e frazionamenti laschi e scorrevoli. Un angusto passaggio sotto un roccione segna l'arrivo sul crestone terminale, dove si ritrova molta erba; la traccia volge a sinistra e raggiunge la Croce del Palino, un curioso monolito di granito chiarissimo posto nel 2007 ed affiancato da un'asta portabandiera. E' evidente come un rilievo poco distante (circa un centinaio di metri) sia la vera cima: incontrata una targa commemorativa di un runner scivolato da qui nel baratro della Val di Togno, si prosegue in saliscendi lungo la cresta un poco più assottigliata, ma sempre ben percorribile fra lastre di roccia affilate, fino al piazzaletto culminante. Appena più in basso si nota su di un masso un bollo rosso a forma di bersaglio, molto vecchio, probabilmente riferibile al non indifferente percorso di cresta Monte Foppa, Monte Cavaglia, Monte Acquanegra e Pizzo Scalino, famoso qualche decennio fa per una tribolata traversata invernale.
Ritorno per la via di salita, possibilmente usufruendo di più scorciatoie di quelle che abbiamo individuato noi.

Tourengänger: cai56, chiaraa


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