Poncione di Val Piana, 2660

Meteo poco incoraggiante, (ma forse migliora nel corso della giornata); influenza e bronchite imperversano ormai da 15 giorni, ma lo Schiep vuole muovere la gamba e provare i nuovissimi Mustagh Ata, per cui si parte per l'ennesima Bedretto. "Dove si va'?" Boh. Poi vediamo... se migliora un po' Cima di Lago, se no c'è sempre il Poncione di Val Piana... non è che mi senta gran che in forma.
Val Bedretto sul grigio andante, ma il parcheggio è pieno come al solito. Sci, Ticino e su per il bosco di larici. C'è da tribulare un po'. Certo, la Bedretto, (anche se in linea generale è un po' giù di neve per le sue abitudini), è sempre lei: a Como, ieri, mezzo millimetro di neve, qui, già alla partenza ci sono 8/10 cm di fresca che salendo aumentano progressivamente, ma sotto la polvere, leggerissima, c'è una crosta scostante che un po' cede e un po' regge e, dove regge si fa beffe della tenuta delle pelli. Fuori dai larici l'incedere si fa più confortevole e regolare, ma si entra in una caligine bianca che quasi stordisce. Lo strato di neve nuova aumenta fino ad avvicinarsi ai trenta cm nella parte alta. Qualche cedimento superficiale, ma sopratutto la visibilità scarsa che impedisce di valutare pendenze e conformazione del terreno, invitano alla cautela, anche se di veri rischi non se ne percepisce. Del resto, la traccia è ben disegnata da un folto gruppo che raggiungiamo sull'ultima impennata del pendio. Superatala, si fermano e ci salutano; si presentano come "del Locarnese" e non vogliono solo salutarci... "Ora lasciamo un po' a questi signori il privilegio di fare la traccia..."  Come è buono Lei! Come è umano!
Vabbè: al diavolo la bronchite, tanto ormai siamo arrivati. Anche se non si vede un accidente, mi dirigo deciso, con la neve ormai alle ginocchia, verso l'intaglio fra il Poncione di Val Piana e il Cavagnolo, che sarebbe poi la Bocchetta di Val Piana, che raggiungo in pochi minuti con al seguito Schiep e il gruppo.
Non schiarisce. Sto bianco fa venire la nausea: il Poncione basta e avanza.
Sul ripido finale ancora un po' di lavorio: la fresca se ne scivola bellamente sul crostone sottostante, mischiando un po' il gruppo e dando qualche grattacapo a tutti; ma sono meno di 80 metri di dislivello  e van via anche loro in pochi minuti. Molliamo gli sci a pochi passi dal traguardo, (quando ormai potevamo benissimo tenerceli ai piedi) e sbuchiamo in vetta con un nugolo di locarnesi.
Dai che schiarisce, se si vede qualcosa ci facciamo una bella sciata! Il tempo di ridiscendere alla bocchetta e si mette a nevicare. Non è che non si scii (si dice così?), ma è che immersi nel bianco assoluto è impossibile valutare il terreno e sotto lo strato di neve fresca la crosta è sempre incostante e massacrata da centinaia di vecchie tracce rigelate. Insomma è un po' una sciata "per sopravvivere" con rari spunti di divertimento.
Ma si va giù. E in basso, ora che i larici danno contrasto e profondità all'ambiente si riesce anche a piazzare qualche bella curva su di un fondo che si rivela meno infame di quanto ci era sembrato alla partenza.
Ticino, auto e ci si fionda dalla sciura di Ossasco che ci rifocilla con birre e panini. Salame e lardo, mi raccomando: rigenerante e dietetico.