Pavia
Le previsioni meteo per questa domenica danno ben poche speranze: una perturbazione porterà anche della neve sulle Alpi. Vabbè non è che si debba e si possa sempre andare in montagna. Anna mi propone d recarci a Pavia per visitare la mostra sui Longobardi e rivedere la città che, a nostro avviso, è uno dei maggiori scrigni d'arte italiani.
Alle 9,30 troviamo un comodissimo, e gratuito, parcheggio in viale Matteotti: al cui termine si trova il Castello Visconteo ed è al limite della zona pedonale del centro storico. La mostra aprirà solo alle 10, abbiamo tempo per un caffè e per andare a rivedere San Pietro in Ciel d'Oro che è qui a due passi.
Questa chiesa è un notevole esempio di architettura romanica, risale al 1132 e l'esterno in mattoni riprende le forme di San Michele Maggiore. La chiesa ha tre navate su colonne. con tiburio e presbiterio sopraelevato sopra la cripta e tre absidi. Al suo interno è custodita l'Arca di Sant'Agostino, le cui spoglie furono qui trasferite nel secolo VIII da Cagliari dove si trovavano provenienti dalla natìa Ippona, gotica ed in marmo è ricchissima di statue, decorazioni e rilievi opera di scultori lombardi ma influenzati da maestri toscani. Nella cripta trova posto il sarcofago di San Severino, filosofo romano e consigliere del re Teodorico da cui venne fatto uccidere nel 524 dopo essere stato accusato di tradimento.
Terminata la visita della chiesa ci avviamo verso il Castello Visconteo, attraversiamo i giardini e cerchiamo l'ingresso, le indicazioni sono piuttosto carenti, finalmente dopo qualche andirvieni troviamo la biglietteria ed acquistiamo un biglietto cumulativo che ci permetterà di visitare, oltre alla mostra sui Longobardi, anche i Musei Civici. L'accesso alla mostra è veramente mal studiato ma se non avendo noi problemi di deambulazione non abbiamo soverchi problemi, un paio di persone meno fortunate di noi invece sembrano un po' in difficoltà.
La mostra presenta veramente una serie di ritrovamenti, oggetti e documenti eccezionali, purtroppo la collocazione e l'allestimento lasciano veramente a desiderare, sembra ormai divenuta una costante per queste mostre: allestimenti eclatanti e scenografici ma in ambienti inadatti e senza tenere in alcun conto le esigenze e le aspettative dei visitatori. Nella fattispecie la mostra è ospitata in uno stretto locale a cui si accede dal fossato, l'aver concentrato la maggior parte delle vetrine in uno spazio angusto fa si che l'osservazione di quanto esposto e la lettura delle didascalie (alcune palesemente errate) sia veramente difficoltosa. La fruizione della mostra da parte di persone con disabilità poi è veramente problematica.
Un peccato perchè quanto esposto è veramente di straordinaria qualità e rilevanza e meriterebbe senz'altro uno spazio ed un allestimento più consono. Le critiche entusiaste di molti giornali fanno pensare che i giornalisti abbiano avuto la possibilità di visitare la mostra al di fuori degli orari di apertura al pubblico.
Nel castello trovano posto anche le collezioni permanenti archeologiche, fra queste hanno largo spazio quelle di epoca Longobarda, possiamo ammirare oggetti e reperti che nulla hanno da invidiare a quanto esposto nell'esposizione temporanea, chiaramente qui, vista la quasi totale assenza di visitatori, la visione è molto più semplice: non ci sono da fare"turni" per leggere didascalie nè ci si deve spostare per far spazio a chi deve passare da una vetrina all'altra. Possiamo così ammirare con tutta calma monete, oreficeria, armi, vasellame e quant'altro. Visitiamo quindi le sale dedicate all'arte Romanica, Gotica e Rinascimentale dove trovano posto anche vari affreschi, mosaici, pavimenti musivi, capitelli, decorazioni e portali della chiesa di Santa Maria del Popolo demolita nel secolo scorso.
Saliamo ora al piano superiore dove si trovano la Pinacoteca Malaspina, la Pinacoteca del '600 e '700 e la Quadreria dell'800. Ci accolgono tre giovani guardiani, mostriamo il nostro biglietto e ci addentriamo in una sequenza di grandi saloni dove trovano posto centinaia di opere d'arte: si va dalle pale trecentesche per passare in ordine cronologico alle opere del '400 , del '500 e via a proseguire. Abbiamo modo di ammirare alcuni autentici capolavori frammisti a decine di altri quadri meno importanti ma senz'altro interessanti.
Da corniciaio non posso fare a meno di notare un meraviglioso Correggio incornciato in maniera veramente inadeguata con una cornice dozzinale e malfatta. Da varesini veniamo colpiti da un bel quadro di Pierfrancesco Mazzucchelli detto "il Morazzone": una Natività" o, meglio un "Adorazione dei Magi" veramente bella e con la particolarità di avere sullo sfondo le montagne di casa: Campo dei Fiori e Sacro Monte. Nelle immense sale ci siamo solo noi ed un altro visitatore, un peccato che tanta bellezza non trovi più fruitori.
Visto che vogliamo anche visitare Pavia decidiamo di tralasciare il terzo piano dove si trovano la sezione Risorgimentale, la Gipsoteca, la collezione di sculture ed i quadri ottocenteschi, avremo modo di vederli in un'altra occasione.
Usciti dal Castello ci dirigiamo verso la prospiciente Strada Nuova, l'arteria principale di Pavia, che unisce il castello al Ponte Coperto sul Ticino. La via è pedonalizzata per cui abbiamo agio per ammirare i notevoli edifici che vi si affacciano, in primis l'Università ed il teatro Fraschini.
Vista l'ora ci fermiamo ad un bar sotto i portici di piazza della Vittoria per mangiare un'insalata, poi ci dirigiamo verso il vicino Broletto e poi tornare su Strada Nuova e dirigerci al Ponte Coperto, uno dei simboli di Pavia. È giunta l'ora di rendere visita a quello che non è solo il maggior monumento di Pavia ma anche uno dei migliori esempi di architettura romanica del Nord Italia: la chiesa di San Michele Maggiore.
È una chiesa di fondazione longobarda ricostruita a verso la metà del secolo XII. Orientata, ha una semplice facciata a capanna in pietra arenaria e tripartita da lesene. La parte inferiore è ricca di decorazioni cosiccome i tre portali, purtroppo la pietra arenaria è stata notevolmente erosa dal tempo e dagli agenti atmosferi tanto che nelle decorazioni è spesso difficile leggervii le figure antropomorfe e zoomorfe tipiche dell'arte romanica. Il transdetto dispone di un proprio ingresso affacciato su un sagrato a Nord.
L'interno è a tre navate su pilastri, ad ognuna delle quali corrisponde un portone sulla facciata,le navatelle laterali sono sovrastate da matronei. Nella cappella del braccio sinistro del transetto si trova il magnifico crocefisso in lamina d'argento detto "di Teodote"della seconda metà del secolo X .L'altare maggiore è un notevole esempio dell'abilità scultoria dei maestri campionesi e risale al 1384 La cripta è sottostante al.presbiterio e vi si accede da due scale laterali sottostanti il notevolissimo pluteo. La cripta è divisa in due piccole navate su colonne. I capitelli sono perlopiù del XII secolo ma alcuni potrebbero risalire alla chiesa precedente ed essere quindi del IX secolo. Nelle cripte sono conservate numerose reliquie di santi.
Usciamo dalla porta settentrionale del transetto che da su un sagrato. Meno ricco di quelli della facciata anche questo portale ha numerose decorazioni, sempre in arenaria e, vista la fragilità di questa pietra, altrettanto erose dal tempo e dagli agenti atmosferici.
Ci dirigiamo ora verso la cripta di Sant'Eusebio, trovarla non è un'impresa semplice: le indicazioni latitano e anche Google Maps non è di soverchio aiuto. Comunque dopo un po' di girovagare riusciamo a scovarla. Dell'antica chiesa di Sant'Eusebio non rimane nulla all'infuori della cripta, risalente al VII secolo e rimasta interrata fino a pochi anni fa. La cripta è spoglia ma, pur con qualche rimaneggiamento di età romanica, conserva le colonne ed i capitelli originari, affatto diversi da quelli di epoca successiva e verosimilmente ispirati all'oreficeria longobarda, tanto che qualcuno ipotizza che potessero essere decorati con applicazioni di pasta vitrea. Se trovare la cripta di Sant'Eusebio non è stato semplice ricercare la cripta di San Giovanni Domnarum si rivela un'autentica caccia al tesoro: pur guidati da Google Maps giriamo intorno all'isolato in cui si trova l'edificio senza trovarne l'accesso, vediamo la torre campanaria spuntare dai tetti ma della facciata non c'è traccia, alla fine, quasi per caso, entriamo in un cortile, assolutamente privo di qualsivoglia indicazione, e scopriamo l'ingresso della chiesa. È uno degli edifici più antichi di Pavia, fondato intorno al 654 da Gundeperga, figlia della regina Teodolinda e di Agilulfo, costruita per essere la sede della sua sepoltura e per accogliere il fonte battesimale per le donne, da cui la dedicazione a San Giovanni Battista e l'aggettivo Domnarum, cioè "delle donne". La chiesa ricostruita nel XVII secolo non conserva ormai più nulla dell'edificio originario ma il vero scrigno si trova al di sotto: la cripta, risalente al X secolo, conserva infatti numerosi affreschi, perlopiù del secolo XII, ritraenti santi locali come Sant'Invenzio, secondo vescovo della città e San Siro, ma anche San Giovanni Battista e San Siro e San Gregorio Magno. Vi sono solo due capitelli: sulle colonne fiancheggianti l'altare che appaiono essere "di spoglio" cioè provenienti da precedenti edifici.
Passiamo dalla vicina chiesa di Santa Maria del Carmine, notevole edificio, uno dei migliori esempi di Gotico Lombardo. L'inizio della sua costruzione data al 1374 ma il suo completamento richiese quasi un secolo.
Vi facciamo una rapida visita e poi ci dirigiamo verso la non distante San Felice al Monastero. Le sale del vecchio monastero vengono ora utilizzate dall'Università di Pavia per svolgervi le lezioni. Al di sotto però si trova una cripta che ci appare però piuttosto deludente, almeno se messa a confronto con le altre fin qui viste: conserva infatti solo delle tombe ad arca dove venivano deposte le badesse del monastero. Come d'uso all'epoca i sarcofagi hanno degli sportellini da cui le monache potevano osservare il disfacimento dei corpi e meditare quindi sulla caducità della vita.
Più interessanti sono le tombe a pozzo poste nell'aula superiore, affrescate e ben visibili. Fa un certo effetto pensare agli studenti che seguono le lezioni fianco a fianco a dei sepolcri.
Comincia a farsi tardi ma non vogliamo partire senza visitare San Teodoro: è il terzo edificio romanico per importanza di Pavia, risalente al XII secolo ma ampiamente rimaneggiato a cavallo del '900, al suo interno conserva dei notevoli cicli di affreschi illustranti la vita di Sant'Agnese e di San Teodoro e due imprescindibili affreschi, attribuiti a Bernardino Lanzani, che ci fanno vedere Pavia nel XVI secolo.
È ora di tornare, ripercorriamo Strada Nova entrando anche nei cortili dell'Università, facciamo una breve disgressione per una rapida visita al Duomo e poi raggiungiamo Corso Matteotti nella zona Nord della città dove ci attende la nostra auto.
Pavia vale una visita, certo poche ore non sono sufficicienti per vedere tutti i gioielli che possiede e conserva, solo i Musei Civici richiederebbero una giornata intera.
Un appunto lo si potrebbe fare alla quasi completa mancanza di indicazioni per i visitatori: a volte trovare edifici e monumenti si rivela estremamente difficoltoso.
Alle 9,30 troviamo un comodissimo, e gratuito, parcheggio in viale Matteotti: al cui termine si trova il Castello Visconteo ed è al limite della zona pedonale del centro storico. La mostra aprirà solo alle 10, abbiamo tempo per un caffè e per andare a rivedere San Pietro in Ciel d'Oro che è qui a due passi.
Questa chiesa è un notevole esempio di architettura romanica, risale al 1132 e l'esterno in mattoni riprende le forme di San Michele Maggiore. La chiesa ha tre navate su colonne. con tiburio e presbiterio sopraelevato sopra la cripta e tre absidi. Al suo interno è custodita l'Arca di Sant'Agostino, le cui spoglie furono qui trasferite nel secolo VIII da Cagliari dove si trovavano provenienti dalla natìa Ippona, gotica ed in marmo è ricchissima di statue, decorazioni e rilievi opera di scultori lombardi ma influenzati da maestri toscani. Nella cripta trova posto il sarcofago di San Severino, filosofo romano e consigliere del re Teodorico da cui venne fatto uccidere nel 524 dopo essere stato accusato di tradimento.
Terminata la visita della chiesa ci avviamo verso il Castello Visconteo, attraversiamo i giardini e cerchiamo l'ingresso, le indicazioni sono piuttosto carenti, finalmente dopo qualche andirvieni troviamo la biglietteria ed acquistiamo un biglietto cumulativo che ci permetterà di visitare, oltre alla mostra sui Longobardi, anche i Musei Civici. L'accesso alla mostra è veramente mal studiato ma se non avendo noi problemi di deambulazione non abbiamo soverchi problemi, un paio di persone meno fortunate di noi invece sembrano un po' in difficoltà.
La mostra presenta veramente una serie di ritrovamenti, oggetti e documenti eccezionali, purtroppo la collocazione e l'allestimento lasciano veramente a desiderare, sembra ormai divenuta una costante per queste mostre: allestimenti eclatanti e scenografici ma in ambienti inadatti e senza tenere in alcun conto le esigenze e le aspettative dei visitatori. Nella fattispecie la mostra è ospitata in uno stretto locale a cui si accede dal fossato, l'aver concentrato la maggior parte delle vetrine in uno spazio angusto fa si che l'osservazione di quanto esposto e la lettura delle didascalie (alcune palesemente errate) sia veramente difficoltosa. La fruizione della mostra da parte di persone con disabilità poi è veramente problematica.
Un peccato perchè quanto esposto è veramente di straordinaria qualità e rilevanza e meriterebbe senz'altro uno spazio ed un allestimento più consono. Le critiche entusiaste di molti giornali fanno pensare che i giornalisti abbiano avuto la possibilità di visitare la mostra al di fuori degli orari di apertura al pubblico.
Nel castello trovano posto anche le collezioni permanenti archeologiche, fra queste hanno largo spazio quelle di epoca Longobarda, possiamo ammirare oggetti e reperti che nulla hanno da invidiare a quanto esposto nell'esposizione temporanea, chiaramente qui, vista la quasi totale assenza di visitatori, la visione è molto più semplice: non ci sono da fare"turni" per leggere didascalie nè ci si deve spostare per far spazio a chi deve passare da una vetrina all'altra. Possiamo così ammirare con tutta calma monete, oreficeria, armi, vasellame e quant'altro. Visitiamo quindi le sale dedicate all'arte Romanica, Gotica e Rinascimentale dove trovano posto anche vari affreschi, mosaici, pavimenti musivi, capitelli, decorazioni e portali della chiesa di Santa Maria del Popolo demolita nel secolo scorso.
Saliamo ora al piano superiore dove si trovano la Pinacoteca Malaspina, la Pinacoteca del '600 e '700 e la Quadreria dell'800. Ci accolgono tre giovani guardiani, mostriamo il nostro biglietto e ci addentriamo in una sequenza di grandi saloni dove trovano posto centinaia di opere d'arte: si va dalle pale trecentesche per passare in ordine cronologico alle opere del '400 , del '500 e via a proseguire. Abbiamo modo di ammirare alcuni autentici capolavori frammisti a decine di altri quadri meno importanti ma senz'altro interessanti.
Da corniciaio non posso fare a meno di notare un meraviglioso Correggio incornciato in maniera veramente inadeguata con una cornice dozzinale e malfatta. Da varesini veniamo colpiti da un bel quadro di Pierfrancesco Mazzucchelli detto "il Morazzone": una Natività" o, meglio un "Adorazione dei Magi" veramente bella e con la particolarità di avere sullo sfondo le montagne di casa: Campo dei Fiori e Sacro Monte. Nelle immense sale ci siamo solo noi ed un altro visitatore, un peccato che tanta bellezza non trovi più fruitori.
Visto che vogliamo anche visitare Pavia decidiamo di tralasciare il terzo piano dove si trovano la sezione Risorgimentale, la Gipsoteca, la collezione di sculture ed i quadri ottocenteschi, avremo modo di vederli in un'altra occasione.
Usciti dal Castello ci dirigiamo verso la prospiciente Strada Nuova, l'arteria principale di Pavia, che unisce il castello al Ponte Coperto sul Ticino. La via è pedonalizzata per cui abbiamo agio per ammirare i notevoli edifici che vi si affacciano, in primis l'Università ed il teatro Fraschini.
Vista l'ora ci fermiamo ad un bar sotto i portici di piazza della Vittoria per mangiare un'insalata, poi ci dirigiamo verso il vicino Broletto e poi tornare su Strada Nuova e dirigerci al Ponte Coperto, uno dei simboli di Pavia. È giunta l'ora di rendere visita a quello che non è solo il maggior monumento di Pavia ma anche uno dei migliori esempi di architettura romanica del Nord Italia: la chiesa di San Michele Maggiore.
È una chiesa di fondazione longobarda ricostruita a verso la metà del secolo XII. Orientata, ha una semplice facciata a capanna in pietra arenaria e tripartita da lesene. La parte inferiore è ricca di decorazioni cosiccome i tre portali, purtroppo la pietra arenaria è stata notevolmente erosa dal tempo e dagli agenti atmosferi tanto che nelle decorazioni è spesso difficile leggervii le figure antropomorfe e zoomorfe tipiche dell'arte romanica. Il transdetto dispone di un proprio ingresso affacciato su un sagrato a Nord.
L'interno è a tre navate su pilastri, ad ognuna delle quali corrisponde un portone sulla facciata,le navatelle laterali sono sovrastate da matronei. Nella cappella del braccio sinistro del transetto si trova il magnifico crocefisso in lamina d'argento detto "di Teodote"della seconda metà del secolo X .L'altare maggiore è un notevole esempio dell'abilità scultoria dei maestri campionesi e risale al 1384 La cripta è sottostante al.presbiterio e vi si accede da due scale laterali sottostanti il notevolissimo pluteo. La cripta è divisa in due piccole navate su colonne. I capitelli sono perlopiù del XII secolo ma alcuni potrebbero risalire alla chiesa precedente ed essere quindi del IX secolo. Nelle cripte sono conservate numerose reliquie di santi.
Usciamo dalla porta settentrionale del transetto che da su un sagrato. Meno ricco di quelli della facciata anche questo portale ha numerose decorazioni, sempre in arenaria e, vista la fragilità di questa pietra, altrettanto erose dal tempo e dagli agenti atmosferici.
Ci dirigiamo ora verso la cripta di Sant'Eusebio, trovarla non è un'impresa semplice: le indicazioni latitano e anche Google Maps non è di soverchio aiuto. Comunque dopo un po' di girovagare riusciamo a scovarla. Dell'antica chiesa di Sant'Eusebio non rimane nulla all'infuori della cripta, risalente al VII secolo e rimasta interrata fino a pochi anni fa. La cripta è spoglia ma, pur con qualche rimaneggiamento di età romanica, conserva le colonne ed i capitelli originari, affatto diversi da quelli di epoca successiva e verosimilmente ispirati all'oreficeria longobarda, tanto che qualcuno ipotizza che potessero essere decorati con applicazioni di pasta vitrea. Se trovare la cripta di Sant'Eusebio non è stato semplice ricercare la cripta di San Giovanni Domnarum si rivela un'autentica caccia al tesoro: pur guidati da Google Maps giriamo intorno all'isolato in cui si trova l'edificio senza trovarne l'accesso, vediamo la torre campanaria spuntare dai tetti ma della facciata non c'è traccia, alla fine, quasi per caso, entriamo in un cortile, assolutamente privo di qualsivoglia indicazione, e scopriamo l'ingresso della chiesa. È uno degli edifici più antichi di Pavia, fondato intorno al 654 da Gundeperga, figlia della regina Teodolinda e di Agilulfo, costruita per essere la sede della sua sepoltura e per accogliere il fonte battesimale per le donne, da cui la dedicazione a San Giovanni Battista e l'aggettivo Domnarum, cioè "delle donne". La chiesa ricostruita nel XVII secolo non conserva ormai più nulla dell'edificio originario ma il vero scrigno si trova al di sotto: la cripta, risalente al X secolo, conserva infatti numerosi affreschi, perlopiù del secolo XII, ritraenti santi locali come Sant'Invenzio, secondo vescovo della città e San Siro, ma anche San Giovanni Battista e San Siro e San Gregorio Magno. Vi sono solo due capitelli: sulle colonne fiancheggianti l'altare che appaiono essere "di spoglio" cioè provenienti da precedenti edifici.
Passiamo dalla vicina chiesa di Santa Maria del Carmine, notevole edificio, uno dei migliori esempi di Gotico Lombardo. L'inizio della sua costruzione data al 1374 ma il suo completamento richiese quasi un secolo.
Vi facciamo una rapida visita e poi ci dirigiamo verso la non distante San Felice al Monastero. Le sale del vecchio monastero vengono ora utilizzate dall'Università di Pavia per svolgervi le lezioni. Al di sotto però si trova una cripta che ci appare però piuttosto deludente, almeno se messa a confronto con le altre fin qui viste: conserva infatti solo delle tombe ad arca dove venivano deposte le badesse del monastero. Come d'uso all'epoca i sarcofagi hanno degli sportellini da cui le monache potevano osservare il disfacimento dei corpi e meditare quindi sulla caducità della vita.
Più interessanti sono le tombe a pozzo poste nell'aula superiore, affrescate e ben visibili. Fa un certo effetto pensare agli studenti che seguono le lezioni fianco a fianco a dei sepolcri.
Comincia a farsi tardi ma non vogliamo partire senza visitare San Teodoro: è il terzo edificio romanico per importanza di Pavia, risalente al XII secolo ma ampiamente rimaneggiato a cavallo del '900, al suo interno conserva dei notevoli cicli di affreschi illustranti la vita di Sant'Agnese e di San Teodoro e due imprescindibili affreschi, attribuiti a Bernardino Lanzani, che ci fanno vedere Pavia nel XVI secolo.
È ora di tornare, ripercorriamo Strada Nova entrando anche nei cortili dell'Università, facciamo una breve disgressione per una rapida visita al Duomo e poi raggiungiamo Corso Matteotti nella zona Nord della città dove ci attende la nostra auto.
Pavia vale una visita, certo poche ore non sono sufficicienti per vedere tutti i gioielli che possiede e conserva, solo i Musei Civici richiederebbero una giornata intera.
Un appunto lo si potrebbe fare alla quasi completa mancanza di indicazioni per i visitatori: a volte trovare edifici e monumenti si rivela estremamente difficoltoso.
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